Repubblica 21.12.18
Il congresso dem. I cambi di casacca
Ex ministri e dirigenti nel Pd è fuga dal fronte renziano
di Emanuele Lauria
In quella non remota era politica in cui tutti erano renziani, loro lo erano di più.
Per vicinanza storica o per ruolo istituzionale: l’ex Rottamatore li aveva voluti nel governo o nella segreteria del Pd.
Ora
stanno tutti con Zingaretti nella corsa delle primarie, proprio mentre
l’ex premier si riappacifica a pranzo con Carlo Calenda («è andato molto
bene»).
Ex ministri di chiara fama come Marianna Madia o Roberta
Pinotti, sottosegretari di peso come Gian Claudio Bressa che si occupava
di rapporti con le Regioni e a seguire uno stuolo di dirigenti del
partito guidato da Matteo Renzi che oggi gli voltano le spalle.
Sono,
se volete, i “cambiacasacca” dei dem. Ma guai a chiamarli così: «Io
continuo a seguire un percorso riformista, non seguo più Matteo che
credo uscirà dal Pd», dice l’ex vicepresidente del Senato Rosa Maria Di
Giorgi, che di Renzi fu assessora comunale a Firenze. «Ho creduto in
questo giovane: non so se oggi è cambiato, certo è cambiato lo scenario
attorno a lui prosegue la Di Giorgi - e non se ne è accorto. Non si è
mai chiesto, semplicemente: da dove ricominciamo?».
La deputata
milanese Lia Quartapelle, che con Di Giorgi ha firmato l’appello delle
donne per Zingaretti, è migrata solo negli ultimi giorni, al seguito di
Paolo Gentiloni, sul fronte del governatore del Lazio: «La categoria dei
renziani mi sembra un po’ superata», scherza. E ricorda, adesso, di
come lei sia espressione di un Pd vincente, quello milanese di Sala, ed è
naturale appoggiarne un altro, quello di Zingaretti: «Sono per un
partito riformista: purtroppo negli ultimi anni si sono inseguite
riforme liberali o istituzionali, non quelle sociali. E la gente ci ha
punito».
Un “fedelissimo” dell’ex premier, nell’anonimato, li
chiama senza mezzi termini “traditori”. Di certo, i renziani approdati
sulla sponda zingarettiana formano un fronte consistente. Che potrebbe
fare la differenza. Le conversioni, a volte, sono clamorose: Lorenza
Bonaccorsi, ex deputata, nel 2012 coordinava i comitati per Renzi nel
Lazio. Oggi è in giunta regionale e ovviamente sostiene il suo
presidente: «Mi scusi, sono in consiglio, sentiamoci più tardi». E più
tardi il suo cellulare squillerà a vuoto. Pare che anche l’ex ministro
per la Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, stia con Zingaretti:
ma neanche lui ha voglia di parlare. «Sono in macchina, proprio non
posso».
Parla, eccome, Francesca Puglisi, esponente di areadem che
Renzi volle come componente della segreteria del Pd, con la delicata
delega alla scuola: «Il più grande errore di Matteo? Non aver saputo
fare squadra. Io ho condiviso con lui la fase della riforma della buona
scuola. Una legge discussa, che difendo tuttora». Ma adesso vengono
fuori le critiche al governo Renzi: «La gestione di quella riforma -
afferma l’ex senatrice - non è stata adeguata, soprattutto per quel che
riguarda le assunzioni: non dovevamo costringere tanti insegnanti a
distacchi familiari dolorosi».
Anche nella sua Toscana Renzi non è più amato come un tempo.
Federico
Gelli, che dell’ex segretario è stato compagno negli scout e che da lui
ha avuto l’incarico di responsabile del settore Sanità, oggi ha
cambiato traiettoria politica. Hanno pesato i dissidi locali, visto che
Renzi gli ha preferito come segretaria regionale Simona Bonafè. Gelli la
prende alla larga ma poi affonda il coltello: «Non rinnego nulla di
quello che abbiamo fatto ma di certo è stato dilapidato un patrimonio
politico. Zingaretti?
Lui più di altri possiede il dna riformista
di questo partito. E poi io ho un grande rapporto con Gentiloni». La
fuga dall’ex fortezza renziana è in corso anche sui territori: con
Zingaretti è passata la vicepresidente della Regione Emilia Romagna
Elisabetta Gualmini come l’ex assessore alla Sanità siciliano Baldo
Gucciardi. Enzo Bianco, già ministro dell’Interno e sindaco di Catania,
sabato scorso ha portato plasticamente la sfida delle primarie sin
dentro la sua cerimonia nuziale. A fare da testimoni, infatti, Paolo
Gentiloni (che sta con Zingaretti) e Graziano Delrio, che sostiene
Martina.
«Sono per l’unità ma la mia scelta personale è per Zingaretti. Tanto un dispiacere, a qualcuno, dovrò darlo...».