giovedì 20 dicembre 2018

Repubblica 20.12.18
Il commento
La sinistra che abita nei 5 stelle
Oggi il movimento viene associato a temi sociali come il reddito di cittadinanza, non più al "vaffa" Ed è per questa misura che gli ex elettori Pd, non sentendosi più rappresentati, si sono orientati in massa verso i grillini
di Piero Ignazi


Il M5S rifiuta, da sempre , di definirsi di destra o di sinistra. Ma per quanto cerchino di svincolarsi da queste categorie, i loro elettori, in buona parte, accettano di utilizzare queste categorie. Un recente sondaggio rivela che su 100 elettori che si identificano con il movimento guidato da Di Maio, 50 lo definiscono di sinistra e solo il 16 di destra, mentre il rimanente non lo inserisce né a destra né a sinistra. ( dati Swg, novembre 2018). Lo stesso orientamento maggioritariamente a sinistra vale, seppure in misura minore, anche per gli elettori pentastellati quando deve indicare dove essi si collocano.
Come si può spiegare questa scelta, così in contrasto con una interpretazione diffusa che vede il movimento e i suoi sostenitori allineati a destra? Per cercare di chiarire questa contraddizione è necessario, da un lato, fare un passo indietro e andare alle radici ideologiche del M5S e, dall’altro, distinguere tra elettori e classe dirigente.
Sul primo aspetto, le analisi condotte in questi anni dai più accreditati esperti del M5S (in particolare Piergiorgio Corbetta, Filippo Tronconi e Rinaldo Vignati ) sottolineano che i temi affrontati con continuità e per molti anni nel blog di Beppe Grillo, unica fonte autorevole del messaggio grillino, erano definibili come «post-materialisti», cioè insistevano sull’economia verde, sulla difesa dei beni pubblici ( tema oggetto, nel 2011, di referendum su cui il M5S si impegnò a fondo), sulla critica al consumerismo, sulla legalità, su un rapporto diretto e non-mediato tra cittadini e decisori per favorire la partecipazione e inverare, utopisticamente, la democrazia diretta. A questo si aggiunga un anti-berlusconismo di lunga data a cui si è aggiunto, solo in un secondo tempo, una critica sferzante della classe dirigente del Partito democratico.
Alla fine, è arrivato il vaffa a fare da collante ( improprio) di queste suggestioni da partito verde-alternativo. E questa polemica ha travolto l’impianto originario del M5S finendo per diventare l’elemento identificativo del movimento e il propulsore del suo successo ben al di là delle componenti che potevano essere attratte dalle tematiche iniziali. I successi del 2012/13 si fondano proprio sull’antipolitica, spinta fino ai livelli di aggressività e iconoclastia che ben conosciamo. In questa fase il M5S assorbe voti da destra ( approfittando della crisi della Lega, soprattutto), dall’astensione e, in certa misura, dal Pd.
In tempi più recenti, dopo le amministrative del 2016 e il referendum costituzionale, l’antipolitica in senso lato è passata in secondo piano, mentre è stata portata al calor bianco la competizione con il Pd, identificato come il vero nemico in quanto " partito del potere", introducendo temi sociali come la precarizzazione del lavoro e il reddito di cittadinanza, vera icona del movimento. Oggi, è su questa misura, non più sul vaffa, che viene identificato il M5S. Ed è per questa misura sociale e di sinistra (non per nulla il governo Gentiloni aveva avviato una iniziativa simile, il "reddito di inclusione") che gli elettori del Pd si sono orientati in gran numero verso i grillini. Come indicano gli studi dell’Istituto Cattaneo, il Pd ha ceduto al M5S oltre un quinto del proprio elettorato, fino a punte del 40% in alcuni quartieri di Napoli.
Questo spostamento in massa spiega perché i sostenitori del Movimento si sentano di sinistra. Sono ex- democratici che non hanno trovato risposte alle loro domande nel vecchio partito e ne hanno trovate invece in quello di Grillo. Esiste quindi un serbatoio di elettori di sinistra nel M5S. Come riconquistarli è un (bel) problema per la classe dirigente di sinistra. Rimane, infine, l’altro aspetto, che rende molto arduo il compito dei democratici: quello dello slittamento della classe dirigente grillina verso posizioni sempre più lontane dall’ispirazione originaria, sempre più inclini a posture aggressive e intolleranti, e sempre più proclive ad atteggiamenti anti– sistemici, di cui le balconate e la ignominia dell’impeachment sono la punta dell’iceberg. La leadership pentastellata sta subendo l’influenza, nefasta, della Lega. Viene trascinata in una sorta di competizione per il peggio. Le cattive compagnie, come insegnano i detti popolari, rischiano di portare su una brutta strada. Ma se la classe dirigente del M5S è, salvo casi sporadici, presa in una spirale imitativa del populismo autoritario leghista, la sua base ha origini, ispirazioni e prospettive diverse, che, per ora, mette da parte in attesa di vedere realizzati gli obiettivi sociali promessi. La contraddizione tuttavia esiste. La sinistra deve ignorarla o può mettersi a lavorare per portare a sé il suo vecchio elettorato? O questi ex elettori di sinistra sono ormai irrecuperabili, dimentichi delle loro idealità di un tempo?