giovedì 20 dicembre 2018

Corriere 20.12.12
L’ex premier
Il ritorno di D’Alema: un listone di sinistra?
Buona idea ma io studio
E insegnerò alla Link
di Tommaso Labate


ROMA «Ma chi li conosce questi? Poverini...». Martedì, quando sui social network rimbalzano gli ultimi attacchi che gli hanno riservato Maria Elena Boschi e Carlo Calenda, Massimo D’Alema è in giro insieme a una delegazione di governo del Kosovo. Il «poverini», accompagnato dall’immancabile «chi li conosce questi?», ovviamente non è per i kosovari. Ma per i renziani che l’hanno preso di mira per la storia del listone unico col Pd alle Europee «che tra l’altro — sussurra l’ex premier — io non ho mai pronunciato, anche perché non faccio né liste né listini. Io studio, punto. Quella è una cosa venuta fuori al seminario di Italianieuropei, e per fortuna che su Radio Radicale ci sono le registrazioni».
È la settimana del grande ritorno di D’Alema, quella in cui la parola stessa — D’Alema — torna prepotentemente nel dibattito politico. «Non c’è nessun ritorno di D’Alema anche perché il ritorno di D’Alema non è nelle intenzioni del sottoscritto, che è D’Alema», sostiene l’ex premier. Calenda gli manda a dire che deve godersi la pensione. «Forse bisognerebbe spiegare a Calenda che io sono in pensione, sì. Ma in democrazia anche i pensionati hanno diritto di dire la loro opinione», ribatte lui.
Lo smalto è quello dei tempi migliori. L’oratoria caustica, quella di sempre, è però accompagnata dal timore di passare «per quello che non sono, per uno che si disinteressa di questo momento doloroso per la sinistra, mentre io sono interessato eccome alla sua rinascita e pure a quella del Pd, che non è il mio partito. Spero ce la facciano». Come? L’idea della lista dei socialisti uniti in un’unica lista alle Europee, è l’argomentazione di D’Alema, «mi è parsa una buona idea. Ripeto, l’ho ascoltata nel seminario di Italianieuropei e l’ho trovata interessante come tante altre cose dette in quella giornata. Una giornata a parlare del futuro della sinistra in cui nessuno ha mai nominato la parola “Renzi”, si figuri lei».
Come i protagonisti di quelle vecchie serie americane che superavano decenni di programmazione senza mai logorarsi, D’Alema pensa già al prossimo capitolo della sua saga. «Mi hanno fatto professore, lo sa? Professore straordinario». E dove? «Alla Link university. Stiamo definendo il nome del corso, che avrà per oggetto la geopolitica e le relazioni internazionali. Comincio a febbraio, la prima lezione sarà sul disordine mondiale».
Guai a fargli notare che l’università di Enzo Scotti è una fucina del grillismo di governo. «Ma lo sa che quella è un’università piena di comunisti?», ribatte lui. Poi si dilegua, precisa che «io non ho fatto nessuna intervista», s’abbandona verso le festività natalizie con l’autocertificata (nel senso che lo dice lui stesso) verità che «non ho malanimo nei confronti di nessuno. Quelli che hanno malanimo nei miei confronti dovrebbero fermarsi e pensare ai danni che hanno prodotto alla sinistra».
L’altro giorno, un amico gli ha chiesto se avesse visto in tv il programma di Renzi o se ne avesse sentito parlare. «Avevo di meglio da fare e no, non ne ho sentito parlare». Un altro gli ha domandato: «Ma in questi giorni in cui Boschi, Calenda e compagnia tornano ad attaccarti, stai sintonizzato come un guerriero al fronte o te ne fo..i?». E D’Alema, prima di dileguarsi: «Ecco, mi trovo molto più d’accordo con la seconda che hai detto».