Corriere 20.12.12
L’ex premier
Il ritorno di D’Alema: un listone di sinistra?
Buona idea ma io studio
E insegnerò alla Link
di Tommaso Labate
ROMA
«Ma chi li conosce questi? Poverini...». Martedì, quando sui social
network rimbalzano gli ultimi attacchi che gli hanno riservato Maria
Elena Boschi e Carlo Calenda, Massimo D’Alema è in giro insieme a una
delegazione di governo del Kosovo. Il «poverini», accompagnato
dall’immancabile «chi li conosce questi?», ovviamente non è per i
kosovari. Ma per i renziani che l’hanno preso di mira per la storia del
listone unico col Pd alle Europee «che tra l’altro — sussurra l’ex
premier — io non ho mai pronunciato, anche perché non faccio né liste né
listini. Io studio, punto. Quella è una cosa venuta fuori al seminario
di Italianieuropei, e per fortuna che su Radio Radicale ci sono le
registrazioni».
È la settimana del grande ritorno di D’Alema,
quella in cui la parola stessa — D’Alema — torna prepotentemente nel
dibattito politico. «Non c’è nessun ritorno di D’Alema anche perché il
ritorno di D’Alema non è nelle intenzioni del sottoscritto, che è
D’Alema», sostiene l’ex premier. Calenda gli manda a dire che deve
godersi la pensione. «Forse bisognerebbe spiegare a Calenda che io sono
in pensione, sì. Ma in democrazia anche i pensionati hanno diritto di
dire la loro opinione», ribatte lui.
Lo smalto è quello dei tempi
migliori. L’oratoria caustica, quella di sempre, è però accompagnata dal
timore di passare «per quello che non sono, per uno che si disinteressa
di questo momento doloroso per la sinistra, mentre io sono interessato
eccome alla sua rinascita e pure a quella del Pd, che non è il mio
partito. Spero ce la facciano». Come? L’idea della lista dei socialisti
uniti in un’unica lista alle Europee, è l’argomentazione di D’Alema, «mi
è parsa una buona idea. Ripeto, l’ho ascoltata nel seminario di
Italianieuropei e l’ho trovata interessante come tante altre cose dette
in quella giornata. Una giornata a parlare del futuro della sinistra in
cui nessuno ha mai nominato la parola “Renzi”, si figuri lei».
Come
i protagonisti di quelle vecchie serie americane che superavano decenni
di programmazione senza mai logorarsi, D’Alema pensa già al prossimo
capitolo della sua saga. «Mi hanno fatto professore, lo sa? Professore
straordinario». E dove? «Alla Link university. Stiamo definendo il nome
del corso, che avrà per oggetto la geopolitica e le relazioni
internazionali. Comincio a febbraio, la prima lezione sarà sul disordine
mondiale».
Guai a fargli notare che l’università di Enzo Scotti è
una fucina del grillismo di governo. «Ma lo sa che quella è
un’università piena di comunisti?», ribatte lui. Poi si dilegua, precisa
che «io non ho fatto nessuna intervista», s’abbandona verso le
festività natalizie con l’autocertificata (nel senso che lo dice lui
stesso) verità che «non ho malanimo nei confronti di nessuno. Quelli che
hanno malanimo nei miei confronti dovrebbero fermarsi e pensare ai
danni che hanno prodotto alla sinistra».
L’altro giorno, un amico
gli ha chiesto se avesse visto in tv il programma di Renzi o se ne
avesse sentito parlare. «Avevo di meglio da fare e no, non ne ho sentito
parlare». Un altro gli ha domandato: «Ma in questi giorni in cui
Boschi, Calenda e compagnia tornano ad attaccarti, stai sintonizzato
come un guerriero al fronte o te ne fo..i?». E D’Alema, prima di
dileguarsi: «Ecco, mi trovo molto più d’accordo con la seconda che hai
detto».