mercoledì 19 dicembre 2018

Repubblica 19.12.18
Piano "Quel progetto il mio regalo a Genova ora lavorerò gratis"
Intervista di Massimo Minella,


GENOVA Ha atteso fino a oggi, soffrendo in silenzio «come tutti i genovesi» per la tragedia del crollo del ponte Morandi, e ora che il commissario ha reso pubblico il suo verdetto risponde: «Ne prendo atto e ubbidisco». La lunga giornata di Renzo Piano sta volgendo al termine. Alle 17 Marco Bucci, sindaco di Genova e commissario, ha annunciato che a ricostruire il Morandi sarà la cordata formata da Fincantieri, Salini Impregilo e Italferr che si ispira al disegno di Piano. E lui, nel suo ufficio sulla collina di Vesima che guarda al mare, lembo estremo del ponente genovese, attende che Bucci termini la conferenza e poi riflette sugli ultimi quattro mesi passati fra il dolore del crollo e la voglia di rimettere in piedi quel ponte. Per Piano il commissario ha ritagliato un ruolo nuovo, quello di "supervisore", perché c’è da tanto da ricostruire e cambiare, per cui non percepirà alcun compenso.
«Lo faccio a titolo gratuito, sia chiaro» spiega.
Architetto, il verdetto premia la cordata che lavora sul suo disegno, un ponte che si allunga ricordando il profilo di una nave d’acciaio illuminato da 43 lanterne, a ricordare le vittime della tragedia. Come si sente?
«È stata una giornata faticosa, ma va bene così. Devo dire che è stata bella l’idea del confronto fra offerte. Alla fine è stata compiuta una scelta e adesso viene la parte difficile per tutti noi. Il nostro è un mestiere pericoloso, se sbagli non sbagli per te stesso, ma per la comunità. Bisogna essere ben sicuri di quello che si fa».
Partiamo dall’inizio, dal crollo.
«Una tragedia inimmaginabile a cui ho risposto cercando di fare la mia parte, mettendomi subito a disposizione. La mia è stata una reazione istintiva. Le istituzioni mi hanno chiamato e io ho detto di sì, a titolo gratuito. E continuo a fare così. Il sindaco mi ha chiesto di fare il supervisore e ho accettato».
Sono emerse subito con forza due proposte su cui alla fine il commissario ha scelto. Percorso corretto?
«Il confronto è la scelta giusta e premia una squadra eccellente, che sa costruire e che mostrerà la sua capacità».
C’è chi ha definito troppo anticipata la sua presenza in Regione con il plastico del nuovo ponte. Il commissario doveva ancora essere nominato. Che risponde?
«Ma cosa potevo fare? Ho portato il mio contributo in Regione al sindaco e al governatore. Poi, lo so, quell’episodio del modello che cade, con l’amministratore delegato di Autostrade Castellucci... Perché ancora parlare di quello? Purtroppo fa parte di quello che io chiamo mitologia. E non è l’unico caso, sa?».
No, e quali sono le altre mitologie?
«Gliene dico una, che io non ho mai fatto ponti. Ne ho fatto uno ben più lungo del Morandi, 25 anni fa in Giappone. E poi a Sarajevo, Chicago, Los Angeles, per il progetto che sto portando avanti adesso per l’Academy. Io metto i ponti dappertutto, autostradali, urbani, pedonali. Io nei miei progetti parto dalle piazze e dai ponti. Il ponte è l’elemento che unisce. Guardi il nuovo Morandi, lega le due sponde di Genova».
Ma ora rispetto alla prima stesura cambierà il disegno del ponte?
«Ci stanno lavorando, certo, si tratta di un lavoro continuo che coinvolge squadre di ingegneri.
Ormai si lavora sui millimetri valutando ogni minimo dettaglio».
Ma che ponte sarà?
«Bello come la bellezza di Genova, semplice ma non banale. E d’acciaio, per durare tanto».
Il gruppo sconfitto aveva dato la sua disponibilità a collaborare con la cordata vincente...
«Cimolai è un grande costruttore e Calatrava un grande architetto.
Il sindaco mi ha parlato della loro volontà di dare un contributo. È un’ottima cosa, devono succedere tante cose. Non c’è solo il ponte da ricostruire. Bisogna intervenire sul quartiere e poi c’è il parco urbano».
Lei si occuperà anche di questo?
«No, lì ci saranno dei concorsi. Io ho avuto questo ruolo di supervisore e lo eserciterò peraltro in linea con il mio ruolo di senatore a vita che vuole concentrarsi sul rammendo urbano».
Il ponente genovese sembra averne un grande bisogno, vero?
«È necessario un lavoro di valorizzazione di tutta la vallata, che è straordinaria. Io la conosco bene, mio padre era di Certosa e mi ci portava spesso. E poi dietro c’è Coronata, dove si fa un ottimo vino. Quella vallata non è un luogo abbandonato, ma è vivo, ventoso d’inverno e fresco d’estate. Ecco, la mia idea è quella di favorire un progetto di rigenerazione, per favorire anche le attività industriali. Ci sono 1.500 aziende e altre ne possono arrivare. Non c’è solo il porto, a Genova».
La ricostruzione può avvenire in dodici mesi, una volta che le aree saranno state liberate. I tempi saranno rispettati?
«C’è una cordata di aziende di grande livello e un sindaco-commissario che è un vulcano. Lavoreranno senza soste con rapidità. Penso di sì. E sarà un grande momento di solidarietà quello del lavoro nei cantieri».
Di solidarietà?
«Certo, i cantieri sono sempre un momento di solidarietà e far parte di un progetto come questo la farà aumentare. Il lavoro crescerà con l’orgoglio di far parte di questo progetto e non ci sarà nulla di più bello. Chi ha saputo rendere benissimo questo è Maurizio Maggiani, nel suo "Il romanzo della Nazione", quando si sofferma sulla costruzione della corazzata "Dandolo" all’arsenale della Spezia. Ecco, lo stesso può valere per questo ponte che tornerà a unire due città».
Architetto Piano, sono stati quattro mesi difficili e complessi, quelli passati. Come li ha vissuti lei?
«Come ogni genovese di fronte a questa terribile storia, soffrendo ma poi elaborando il lutto. Solo la nostra lingua italiana riesce a rendere così bene il concetto. Si parte da una sofferenza che poi lentamente diventa sostanza. E senza retorica si ricostruisce. Una cosa molto genovese».
Ma come avrebbe reagito se non fosse stato scelto il suo progetto?
«Sarei stato contento lo stesso, perché grazie al confronto che si è creato l’asticella si è alzata ancora di più. Ora il commissario ha deciso e io ne prendo atto e ubbidisco».