Repubblica 14.12.18
Il Pd verso le primarie
L’ossessione di Renzi
di Piero Ignazi
Dopo
nove mesi di incomprensibili esitazioni il Pd approda finalmente alla
scelta del segretario. E lo fa attraverso la solita, frusta, procedura
delle primarie aperte. In tutto questo frangente il Pd non ha trovato il
tempo di discutere il merito di questo meccanismo. Non ha compreso
quanto questa modalità di selezione del leader scardini dalle fondamenta
l’idea stessa di partito e, in aggiunta, della democrazia delegata-
rappresentativa nel suo complesso. Ma ormai è tardi, e la corsa è
cominciata. Con un disturbatore in pista, Matteo Renzi. Dall’alto – o
dal basso – dei suoi clamorosi insuccessi l’ex-segretario continua a
pontificare su quello che deve essere fatto per « salvare l’Italia » .
Ovviamente il Pd, questo Pd senza la sua guida, non può nulla. In fondo
cosa ne è senza il suo leader “ naturale”? Un misero accrocco di
dirigenti che cercano una poltrona, una palude di iscritti afasici, un
ricettacolo di nostalgici dispersi nel nuovo mondo. Al di là della sua
gente non c’era nessuno che valesse la pena di essere salvato. Come
gridò in una Leopolda qualche anno fa «non lasceremo che questi (i
non-renziani) si riprendano il partito perché sono persone che non sanno
dove mettere il gettone nell’iPhone ». Renzi ha sempre lavorato con un
obiettivo ben chiaro: conquistare il partito per fare terra bruciata
degli avversari. E c’è riuscito spingendo ad uscire, con insulti e
dileggi, gran parte dei suoi oppositori ( che peraltro non hanno avuto
la forza di resistere in attesa della rivincita). Il dominio
incontrastato sul Pd negli anni della sua segreteria si trasforma ora,
nella sua narrazione in un puro stile da “piagnone” fiorentino, in un
calvario di trabocchetti e stilettate alle sue spalle da parte delle
minoranze. Una ricostruzione allucinante per chi abbia un minimo di
senso della realtà. Basterebbe ricordare lo svolgimento simil-castrista
delle direzioni del partito dove, dopo l’intervento fiume del leader
maximo, agli altri toccavano 5 minuti , in modo che tutto finisse
presto. Che fatica deve essere stato ascoltarli per così tanto tempo.
Adesso che l’opera di distruzione del Pd è completata, Renzi ha le mani
libere. Non c’è niente di male, né di inedito, che un ex-segretario
prenda un’altra strada: del resto, addirittura Bersani se n’è andato
dalla Ditta. Ma Renzi non sbatte la porta, rimane con un piede dentro e
uno fuori. In effetti, non ha ancora trovato il casus belli per
giustificare politicamente la sua dipartita. L’idea di dar vita a un
movimento anti-populista ed europeista non è certo in contrasto con le
prospettive politico- ideali di tutti i concorrenti alla segreteria. E
quindi traccheggia: vado o non vado? Ma la spinta verso nuovi lidi è
molto forte perché al fondo c’è un problema del potere. Renzi non
sopporta di essere secondo a Roma.
Necessita di poter disporre a
piacimento di un proprio gruppo di fedeli, che lo seguano e non facciano
tante storie. Che senso ha stare in minoranza nel Pd? Del resto, lo
statuto delle sue fondazioni, Big Bang prima e Open poi, casseforti
economiche e relazionali dell’ascesa del leader fiorentino, recitava ,
testualmente, che lo scopo dell’associazione era quello di «supporta(re)
le attività e le iniziative di Matteo Renzi, fornendo un contributo
finanziario, organizzativo e di idee alle attività di rinnovamento della
politica italiana, in particolare quelle articolate intorno alla figura
di Renzi » . Chi ha condotto la propria (fortunata) ascesa politica con
tali veicoli di promozione personale male si adatta a perseguire
progetti collettivi, a confronto con altri, discutendo e mediando. Molto
meglio una propria “squadra” (come diceva Berlusconi). Il modello della
République en Marche di Macron si attagliava perfettamente a Renzi,
soprattutto per l’impostazione personalistica e verticistica di quel
partito più che per le sue politiche. Ora, forse, affiora qualche
perplessità. Ad ogni modo, l’ex segretario è in via di uscita dal Pd per
la semplice ragione che non può più controllarlo come un tempo. Per
questo, se ne rimangono ceneri non piangerà di certo. Anzi.