il manifesto 14.12.18
«Saremo maggioranza? Ma restiamo un sindacato conflittuale»
Le voci del congresso di Riccione. I metalmeccanici: Maurizio Landini da sempre uno di noi, la sua corsa è una corsa collettiva
di Massimo Franchi
RICCIONE
Per chi da più di un decennio è stato in minoranza, sentirsi potenziale
maggioranza è una sensazione strana, che riporta alle origini. Girando
per il congresso della Fiom di Riccione e pensando a quanto successe
nella vicina Rimini nel 2014, si ha la sensazione che siano passati
secoli. Nelle pause, nei corridoi, a pranzo, è tutto un parlare di
quello che sta succedendo in Cgil: «Hai sentito l’ultima? Colla si
candida», «Vanno alla conta», «Maurizio deve stare attento, non deve
fidarsi».
L’OTTIMISMO PERÒ PREVALE: «Vedrai che ce la facciamo»,
«Basta anche un voto in più ed è fatta». E c’è perfino chi chiede
informazioni alla stessa Susanna Camusso, arrivata ieri. Parlerà oggi.
Quattro anni fa il suo discorso fu fischiato. Oggi sembra a casa.
LA
CORSA di Maurizio Landini verso la guida della Cgil è una corsa
collettiva. Ognuno dei 790 delegati la vive come propria, come una forma
di riscatto «per quello che abbiamo passato», commenta Francesco
Percuoco, ex di Pomigliano dopo essersi rivisto nei filmati proiettati
sul mega schermo che ricordano i giorni del referendum di Marchionne,
della vittoria alla Corte Costituzione e il ritorno in fabbrica. «La
discriminazione non è finita: siamo tornati a 400 iscritti, un risultato
eccezionale. Ma fare uno sciopero è ancora difficile- ricorda dal palco
Stefano Birotti – . Il casino è nato a Pomigliano e a Pomigliano deve
finire, dobbiamo ringraziare Maurizio che c’è stato vicino fin
dall’inizio. Incrociamo le dita e da buoni napoletani facciamo gli
scongiuri», conclude tra gli applausi.
L’IDEA DI UNA FIOM come
«sindacato indipendente» di Claudio Sabatini rivive nelle lotte dei e
per i migranti, nell’ascolto di chi lotta nei Cas e negli Sprar, chi
accoglie, chi denuncia la situazione di Riace e nella vicina «tendopoli
piena di 4mila schiavi» di San Ferdinando a Reggio Calabria.
E
ANDANDO ANCORA A RITROSO, Bruno Trentin, segretario della Fiom prima che
della Cgil, l’ultimo finora a farlo nell’ormai lontano 1988 quando
diceva: «C’è bisogno che il sindacato dia credibilità e certezze ai
lavoratori e che lanci ai giovani che vogliono cimentarsi con questa
prova il messaggio che il nostro non è un mestiere come un altro, ma può
essere una ragione di vita».
LA FIOM CHE NACQUE molto prima della
Cgil – il 16 gennaio 1901 – e che fu la sua principale categoria fino
al superamento del terziario sull’industria – ora quasi doppiata per
numero di iscritti dalla Filcams del commercio e turismo – è vicina a
tornare in maggioranza – anche se c’è chi sostiene che «è sempre stata
maggioritaria» – e ad avere un proprio leader a testa della
confederazione.
SE COSÌ SARÀ, IL MERITO è da attribuire alla lotta
cominciata a Pomigliano che, “grazie” soprattutto a Renzi, ha portato
la Cgil a decidere di cambiare, di riunificarsi, di dar vita alla Carta
dei diritti per rendere tutti i lavoratori uguali a prescindere dal
contratto. E a lanciare la battaglia contro il Jobs act e i primi
referendum abrogativi della sua storia.
Ma come ha sottolineato
Francesca Re David – che di Landini è stata una sorta di ministro degli
esteri – la lotta dei metalmeccanici non è finita, a prescindere da
quello che succederà a Bari a fine gennaio, al congresso. La nuova sfida
è arrivare ad un contratto unitario in Fca e ad un nuovo contratto
nazionale – fra sei mesi partiranno le piattaforme – che sia ancora più
innovativo e garantisca un aumento salariale più forte.
L’ALTRA
SFIDA riguarda il rapporto col governo gialloverde. I tanti delegati
italiani neri denunciano il «razzismo strisciante» e, al netto dei voti a
Lega e M5s di parecchi operai, c’è chi, come Dario Salvetti da Firenze,
sottolinea che «se fra noi c’è qualcuno che vota Lega è un problema».
QUANTO
AL M5S il rapporto sta diventando ugualmente critico. La richiesta a Di
Maio di ripristinare l’art. 18 dello statuto dei lavoratori viene ora
superata dall’attualità degli effetti del Decreto Dignità. La riduzione
della durata massima dei contratti a tempo e del numero dei rinnovi sta
portando «molte aziende a chiedere di derogare al bacino dei precari
(non prendi altri lavoratori, devi stabilizzare quelli che hai) o ai
contratti di prossimità». Il tutto porta a guardare ai vicini
d’Oltralpe. «Senza tornare al conflitto anche qui arriveranno i gillet
gialli e non dovremo sorprenderci», chiude Salvetti. Un «conflitto»
evocato anche da Vittorio De Martino, segretario del Piemonte, ex
delegato Fiat. Insomma, la Fiom sarà anche in maggioranza, ma rimane un
sindacato conflittuale.