Repubblica 10.12.18
L’appello promosso da Thomas Piketty
Una Ue sovrana e più giusta
Thomas Piketty, economista francese, è tra i firmatari dell’appello.
L’elenco completo è su www.tdem.eu
Noi,
cittadini europei, provenienti da contesti e Paesi diversi, lanciamo
oggi questo appello per una profonda trasformazione delle istituzioni e
delle politiche europee. Questo Manifesto contiene proposte concrete, in
particolare un progetto per un " trattato di democratizzazione" e un
"progetto di budget" che può essere adottato e applicato nella sua forma
attuale dai Paesi che lo desiderino, senza che nessun altro Paese possa
bloccare quanti aspirino al progresso. Può essere firmato online ( www.
tdem. eu) da tutti i cittadini europei che in esso si riconoscono. Può
essere modificato e migliorato da qualunque movimento politico. Dopo la
Brexit e l’elezione di governi antieuropeisti a capo di diversi Paesi
membri, non è più pensabile continuare come prima. Non possiamo
limitarci ad aspettare le prossime uscite o un ulteriore smantellamento
senza apportare cambiamenti radicali all’Europa di oggi.
Oggi, da
un lato il nostro continente è intrappolato tra movimenti politici il
cui programma si limita alla caccia a stranieri e rifugiati, programma
che ora hanno iniziato ad attuare; dall’altro, vi sono partiti che si
dichiarano europei, ma che in realtà sono ancora convinti che il
liberalismo di base e la diffusione della concorrenza a tutti (Stati,
imprese, territori e individui) siano sufficienti a definire un progetto
politico. Non riconoscono in alcun modo che è esattamente questa
mancanza di ambizione sociale che conduce al sentimento di abbandono. Le
nostre proposte si basano sulla creazione di un budget per la
democratizzazione che verrebbe discusso e votato da un’Assemblea europea
sovrana. Questo consentirà finalmente all’Europa di dotarsi di
un’istituzione pubblica in grado di far fronte immediatamente alle crisi
in Europa e di produrre un insieme di beni e servizi pubblici e sociali
fondamentali nel quadro di un’economia duratura e solidale. In questo
modo, la promessa fatta fin dal Trattato di Roma di « armonizzazione
delle condizioni di vita e di lavoro » diventerà finalmente
significativa. Questo budget, se l’Assemblea europea lo desidera, sarà
finanziato attraverso quattro grandi imposte europee, segni tangibili di
questa solidarietà europea. Esse si applicheranno agli utili delle
grandi imprese, ai redditi più alti ( oltre 200.000 euro all’anno), ai
maggiori possessori di patrimoni ( oltre 1 milione di euro) e alle
emissioni di anidride carbonica ( con un prezzo minimo di 30 euro per
tonnellata). Se fissato al 4% del Pil, come proponiamo, questo
stanziamento potrebbe finanziare la ricerca, la formazione e le
università europee, un ambizioso programma di investimenti per
trasformare il nostro modello di crescita economica, il finanziamento
dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e il sostegno a coloro
che si occupano di attuare la transizione. Potrebbe inoltre lasciare
agli Stati membri un certo margine di bilancio per ridurre l’imposizione
fiscale regressiva che grava sui salari o sui consumi. La questione qui
non è quella di creare una " Europa dei bonifici" che tenti di
prelevare denaro dai paesi " virtuosi" per destinarlo a quelli che lo
sono meno. Il progetto per un "trattato di democratizzazione" lo afferma
esplicitamente, limitando il divario tra le spese dedotte e le entrate
versate da un Paese a una soglia dello 0,1% del proprio Pil. Il vero
problema è altrove: si tratta innanzitutto di ridurre le disuguaglianze
all’interno dei diversi Paesi e di investire nel futuro di tutti gli
europei, a cominciare naturalmente dai più giovani, con nessun singolo
Paese che goda di preferenze. Poiché dobbiamo agire rapidamente, ma
dobbiamo anche far uscire l’Europa dall’attuale impasse tecnocratica,
proponiamo la creazione di un’Assemblea europea. Questo permetterà di
discutere e votare queste nuove imposte europee come anche il budget per
la democratizzazione. Questa Assemblea europea può essere creata senza
modificare i trattati europei esistenti. L’Assemblea europea dovrebbe
ovviamente comunicare con le attuali istituzioni decisionali (in
particolare con l’Eurogruppo in seno al quale i ministri delle finanze
della zona euro si riuniscono informalmente ogni mese). Ma, in caso di
disaccordo, l’Assemblea avrebbe l’ultima parola. Se così non fosse, la
sua capacità di essere sede di un nuovo spazio politico transnazionale
in cui partiti, movimenti sociali e Ong potrebbero finalmente esprimersi
sarebbe compromessa. Allo stesso modo, sarebbe a rischio la sua
effettiva efficacia, dal momento che la questione è quella di liberare
finalmente l’Europa dall’eterna inerzia dei negoziati intergovernativi.
Dobbiamo ricordare che la regola dell’unanimità fiscale in vigore
nell’Unione europea blocca da anni l’adozione di qualsiasi imposta
europea e sostiene l’eterna evasione nel dumping fiscale dei ricchi e
dei più mobili, una pratica che continua ancora oggi nonostante tutti
gli interventi. Questa situazione si protrarrà nel caso in cui non
vengano stabilite altre regole decisionali. Riunendo i parlamentari
nazionali ed europei in un’unica Assemblea, si creeranno abitudini di
co- governance che al momento esistono solo tra i capi di Stato e i
ministri delle Finanze. Per questo motivo proponiamo nel "trattato di
democratizzazione" che l’80% dei membri dell’Assemblea europea provenga
da membri dei parlamenti nazionali dei paesi firmatari del trattato ( in
proporzione alla popolazione dei Paesi e dei gruppi politici), e il 20%
dall’attuale Parlamento europeo ( in proporzione ai gruppi politici).
Questa scelta merita di essere ulteriormente discussa. In particolare,
il nostro progetto potrebbe funzionare anche con una percentuale
inferiore di parlamentari nazionali (ad esempio il 50 per cento). Ora
dobbiamo agire rapidamente. Se da un lato sarebbe auspicabile che tutti i
paesi dell’Unione europea aderissero senza indugio a questo progetto e
benché sia preferibile che i quattro maggiori Paesi della zona euro (che
insieme rappresentano oltre il 70% del Pnl e della popolazione della
zona euro) lo adottino fin dall’inizio, il progetto nel suo complesso è
stato concepito per essere adottato e applicato da qualsiasi
sottoinsieme di Paesi che lo desiderino. Questo punto è importante
perché consente ai Paesi e ai movimenti politici che lo desiderino di
dimostrare la propria volontà di compiere progressi ben precisi
adottando questo progetto, o una sua versione migliorata, fin da subito.
Invitiamo ogni uomo e ogni donna ad assumersi le proprie responsabilità
e a partecipare a una discussione articolata e costruttiva per il
futuro dell’Europa.