Repubblica 10.12.18
La polemica
L’educazione civica all’odio
di Chiara Saraceno
Giusto
preoccuparsi che si imparino fin da bambini le regole della convivenza
civile, quindi innanzitutto del rispetto per gli altri, dell’impegno per
il bene comune, e che si arrivi all’età adulta avendo una conoscenza
degli istituti che regolano la nostra democrazia e dei princìpi
fondamentali della Costituzione. È un tema che viene periodicamente
sollevato, specie da quando è stata accantonata per manifesta inutilità
l’ora di educazione civica a scuola. È anche stato ed è oggetto di molte
iniziative, norme, proposte di legge. Sarebbe, anzi, opportuno
effettuare una ricognizione sistematica per verificare sia i contenuti
di queste iniziative sia la loro efficacia. Come spesso succede, invece,
è più facile, dà più visibilità, formulare un nuovo progetto, una nuova
proposta di legge. Tocca ora, dopo l’Anci, alla Lega di governo, con la
proposta di legge intesa a introdurre un’ora obbligatoria di educazione
civica dal primo anno di scuola dell’infanzia fino al termine della
scuola media superiore. Sarebbe normale routine parlamentare, se non
fosse che tra i firmatari, accanto al ministro dell’Istruzione, ci sono
il ministro dell’Interno e quello della Famiglia. Il ministro che più
abusa del linguaggio dell’odio e sottopone i propri oppositori alla
gogna pubblica, che dileggia i migranti sui barconi, incoraggia la
discriminazione nei confronti degli stranieri non comunitari, anche se
legalmente residenti, in nome della famiglia naturale nega ai figli di
coppie dello stesso sesso il diritto ad avere due genitori. E il
ministro che ha fatto della difesa della cosiddetta famiglia naturale e
dell’attacco a ogni iniziativa scolastica che insegni il rispetto per le
differenze di sesso e genere una delle proprie bandiere. Vista l’idea
di "rapporti civili" e di "rispetto" dimostrata da almeno due dei
proponenti, viene da chiedersi che idea di "convivenza civile" abbiano
in mente, e dove pongano il confine sul rispetto dei valori
costituzionali e della stessa legalità. Il rispetto, il dialogo, la
legalità varranno solo tra autoctoni, eterosessuali, cattolici
praticanti (ma non ecumenici)? Bisognerà insegnare che chi appartiene a
una famiglia "non naturale", o è omosessuale, o, a prescindere
dall’orientamento sessuale, non si comporta da " vero uomo" o " vera
donna", o ha abitudini diverse dalla maggioranza va condannato, o
comunque può essere discriminato o insultato impunemente? Che il mondo
si divide in " noi" e " loro"? Anche concedendo il beneficio del dubbio,
non credo che per raggiungere l’obiettivo di formare cittadini civili e
informati l’ora obbligatoria di educazione civica sia il mezzo più
efficace. Tanto più se in essa vengono inseriti i contenuti più vari,
dall’educazione stradale alla conoscenza della Costituzione, con il
rischio di farla diventare un contenitore insieme residuale e generico,
da cui pescare casualmente a seconda dell’interesse del docente
responsabile. Meglio focalizzarsi allora — per i ragazzi più grandi —
sulla conoscenza non mnemonica della Costituzione, dei valori che
l’hanno ispirata, di come trova o non trova attuazione in una società in
cambiamento. L’educazione al rispetto, non solo delle regole, ma di sé e
degli altri, dovrebbe invece essere trasversale ai processi formativi,
non affidata a una particolare materia. Certamente è insensata una
materia ad hoc per i più piccoli, già esposti, ahimè, a lezioni di
religione o " materia alternativa" di cui è difficile capiscano il
senso, salvo quello di una prima distinzione tra "noi" e "loro".