La Stampa 8.12.18
“Spaventati e incattiviti”
Il Censis fotografa gli italiani
Il Rapporto 2018: “Solo due su dieci guardano al futuro con ottimismo”
di fra. gri.
È
dura da dirlo, ma gli italiani si sono «spaventati e incattiviti».
Eppure non è detto che sia un male. «Nel sottofondo delle dinamiche
collettive, si vede una efficacia dei processi in atto. E si conferma
l’antica verità che solo le risoluzioni delle crisi inducono uno
sviluppo».
È l’ultimo Rapporto del Censis a certificare che siamo
entrati in una fase nuova, sociale prima ancora che politica. «C’è stato
nel 2018 un rabbuiarsi dell’orizzonte di ottimismo». Al contrario, gli
italiani vedono sempre più nero. Di qui la scoperta di un «sovranismo
psichico» che precede il sovranismo economico. La fase della cattiveria.
C’entra l’immigrazione, che per una larga fascia del corpo sociale
«ruba» lavoro: il 69,7% degli italiani non vorrebbe i rom come vicini di
casa e il 52% è convinto che si fa di più per gli immigrati che per gli
italiani (ma si sale al 57% tra le persone più povere).
C’entra
un senso di profonda insicurezza: su 100 italiani, secondo il Censis, 30
si dicono «arrabbiati perché troppe cose non vanno bene e nessuno fa
niente per cambiarle»; 28 sono «disorientati» in quanto ammettono di
«non capire cosa stia accadendo»; 21 sono negativi, «le cose andranno
sempre peggio». Appena il 21% guarda alla realtà con uno stato d’animo
«positivo» in quanto «viviamo un’epoca di grandi cambiamenti».
Dopo la grande crisi
Il
Rapporto Censis racconta di una società in crisi di spessore e di
profondità. «Gli italiani sono incapsulati in un Paese pieno di rancore e
incerto nel programmare il futuro». Dilaga il risentimento «di chi non
vede riconosciuto l’impegno, il lavoro, la fatica dell’aver compiuto il
proprio compito di resistenza». Si citano le imprese che hanno saputo
ristrutturarsi, anche attraverso vie dolorose di sacrifici e tagli
all’occupazione, ma non vedono risposte. Non è pervenuta la
modernizzazione degli assetti pubblici, del fisco, della giustizia,
delle reti infrastrutturali, della ricerca. «L’operaio, il dirigente, il
libero professionista o il commerciante che hanno affrontato la crisi
economica hanno atteso, troppo spesso invano, il miglioramento del
contesto che a quegli sforzi dava senso e direzione».
È dura da
dire, ma la risposta è appunto il «sovranismo psichico», ovvero un
popolo che «si ricostituisce nell’idea di una nazione sovrana
supponendo, con un’interpretazione arbitraria ed emozionale, che le
cause dell’ingiustizia e della diseguaglianza sono tutte contenute nella
non-sovranità nazionale». Non sono mancati i commenti del governo.
Luigi Di Maio: «Il rapporto parla di italiani sempre più arrabbiati:
hanno ragione, noi siamo i primi arrabbiati per quello che non si è
fatto in questi anni». E Matteo Salvini: «Stiamo cercando di gettare
acqua sul fuoco che qualcun altro ha acceso».