La Stampa 7.12.18
Scure del governo su accoglienza e luoghi di culto
Pronto un ddl per limitare i finanziamenti dei centri islamici e obbligare gli imam a fare la predica in italiano
di Maria Rosa Tomasello
Dalla
stretta alle Ong impegnate nel soccorso ai migranti nel Mediterraneo al
giro di vite sui luoghi di culto. Un tassello dopo l’altro, il governo
compone il mosaico della sua politica sull’immigrazione, e il prossimo è
ritagliato sul modello della controversa legge «anti-moschee» varata in
Lombardia nel 2015 che, dopo aver subito una «revisione» da parte della
Consulta a seguito di un ricorso del governo Renzi, dovrà affrontare un
nuovo giudizio di legittimità costituzionale. «Il disegno di legge è
depositato, ce ne occuperemo partire da gennaio - spiega il capogruppo
della Lega al Senato Massimiliano Romeo -. L’obiettivo è fissare una
serie di paletti ai centri islamici sul piano urbanistico e dei
finanziamenti, istituire un registro degli imam, che devono parlare
italiano. È uno dei nostri cavalli di battaglia, ne discuteremo con gli
alleati di governo». Un paragrafo sulla regolamentazione dei luoghi di
culto, del resto, è contenuto nel contratto Lega-M5S.
L’esecutivo a
trazione leghista porta avanti così il disegno della sua idea di Paese.
Le iniziative più recenti sono state affidate a due aggiustamenti alla
manovra, con la cancellazione degli stranieri dall’elenco dei
beneficiari della carta sconti destinata alle famiglie (limitando la
platea ai cittadini italiani o appartenenti a Paesi Ue), e con
l’abolizione del fondo destinato all’assistenza degli stranieri non
iscritti al Servizio sanitario. I 30,99 milioni vincolati a questo scopo
confluiranno, si legge nell’emendamento dei relatori alla legge di
bilancio, «nella quota indistinta del fabbisogno standard nazionale».
Mario
Morcone, direttore del Consiglio italiano rifugiati (Cir), fa l’elenco
di tutti i provvedimenti restrittivi varati dal governo: «La rottura
della concertazione con Comuni e Regioni sull’accoglienza diffusa,
l’abolizione della protezione umanitaria, la stretta sulla cittadinanza,
porta finale dell’inclusione, che ora sarà data con il contagocce. A
questo si aggiungono la tassa (1,5%) sulle rimesse degli immigrati, che
danneggia chi lavora e manda i soldi a casa, e il taglio dei servizi
alle persone in accoglienza. È un grande passo indietro non solo nei
diritti, ma nella qualità dell’accoglienza - afferma - con il rischio
che persone più fragili e frustrate diventino disponibili a piccoli e
grandi reati e si avvicinino a percorsi di radicalizzazione che finora
siamo riusciti a evitare». Ma per Simona Bordonali, ex assessore
regionale in Lombardia con delega all’Immigrazione e parlamentare
leghista, la strada è tracciata. «Adesso lavoriamo per applicare il
decreto sicurezza, con la creazione di quasi 1600 nuovi posti nei Cpr (i
Centri di permanenza e rimpatrio) entro il primo semestre 2019 per chi
non ha diritto alla protezione internazionale e velocizzando gli accordi
bilaterali coni Paesi di provenienza per accelerare i rimpatri. Nessun
accanimento: la differenza oggi è tra chi fa parte della comunità e ha
un permesso di soggiorno o la cittadinanza e chi è clandestino».