La Stampa 5.12.18
Ucciso dal pugno di un amico
“Era sfida a chicolpiva più forte”
di Flavia Amabile
Dicono
tutti che è stato un «gioco» a chi colpiva più forte, non una lite, a
far morire Emanuele Tiberi (detto Fanalino) la notte del 29 luglio
scorso all’esterno della Vineria di Norcia. A colpirlo era stato
Cristian Salvatori (detto Lu Picchiu), 33 anni. Un solo pugno al volto
lo aveva fatto crollare a terra, uccidendolo. Secondo quanto riporta
l’edizione online del quotidiano «La Nazione», la tesi del gioco e
quindi dell’omicidio avvenuto per caso è confermata dalle testimonianze
dei clienti del locale che incitavano i due a colpirsi dicendo «Daje,
daje», e anche da una consulenza tecnica fatta eseguire dal pm Vincenzo
Ferrigno della Procura di Spoleto. Sono state estrapolate dai telefonini
dei presenti alcune sequenze di quello che sembra essere stato un
omicidio preterintenzionale avvenuto in diretta, e poi circolate nelle
chat di amici e conoscenti con la dettagliata ricostruzione dei fatti.
Dai racconti circolati emerge che Emanuele ha colpito Cristian con uno
schiaffo, poi, quando è toccato all’altro, è partito un pugno che ha
fatto cadere a terra, in coma, il rivale. «Lu Picchiu gli ha detto:
“Dammi un pugno”, lui gliel’ha dato ma piano. Dopo gli ha detto “mo’
tocca a me” e gli ha dato una pesca». E ancora: «Stavano facendo un
gioco. Fanalino stava scherzando, gli ha dato un cazzottello sulla
guancia». L’altro invece ha colpito con forza.
La vicenda giudiziaria
Salvatori
è stato arrestato con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Mesi
dopo, ha chiesto gli arresti domiciliari per sottoporsi a un programma
di reinserimento sociale in una struttura specializzata. Il pm si è
detto favorevole, il gip no: «Non può ritenersi meritevole di
accoglimento» anche « in considerazione della personalità aggressiva e
violenta dimostrata dall’indagato, il quale potrebbe, in un ambiente
comunitario, reiterare condotte violente analoghe a quelle già
perpetrate... ». La difesa, quindi, ha fatto appello al Riesame di
Perugia: secondo gli avvocati il fatto che si sia trattato di un «gioco»
cancella la valutazione di un ragazzo con impulsi aggressivi e
incontrollabili. Inoltre Salvatori ha offerto la disponibilità al
risarcimento dei danni e a seguire un percorso rieducativo in una
comunità dedita al reinserimento sociale. «Questo - dicono i difensori -
in conformità al principio sancito dall’articolo 27 della Costituzione:
l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». Adesso saranno
i giudici del Tribunale a valutare la vicenda.