La Stampa 5.12.18
“La democrazia rappresentativa non basta più
Parola al popolo”
Riccardo Fraccaro, il ministro per la Democrazia Diretta
di Carlo Bertini
Il
dimezzamento degli stipendi dei parlamentari lo voterebbe subito ma
rispetta l’autonomia del Parlamento. Tuttavia la riduzione di un terzo
degli onorevoli di fatto «sarà una sforbiciata dei costi dei
parlamentari», fa notare Riccardo Fraccaro. Piuttosto, il ministro per
la Democrazia Diretta rivendica la svolta che rappresenta il referendum
propositivo. Una vera rivoluzione istituzionale, già foriera però di
polemiche, come dimostrano le obiezioni dei costituzionalisti delle
opposizioni sollevate in commissione.
Ministro, il 17 dicembre volete partire in aula. Perché tanta fretta con l’ingorgo legislativo che c’è ora?
«La
proposta è stata depositata più di due mesi fa, è oggetto di dibattito
in Commissione, ci sarà un ampio confronto parlamentare. Restituire
centralità ai cittadini è una priorità del Governo del cambiamento. Le
Camere lavorano a pieno ritmo per mantenere gli impegni programmatici,
l’avvio dell’iter di approvazione del referendum propositivo soddisfa un
altro punto del contratto».
Poco gradito all’opposizione che si
prepara a dare battaglia. Sbagliano a lanciare l’allarme sul rischio di
indebolire il Parlamento?
«Dalle audizioni in Commissione è emerso
chiaramente un concetto: la democrazia diretta migliora quella
rappresentativa. Le Camere avranno comunque un ruolo centrale: il
referendum si attiva solo in caso di loro inerzia e possono presentare
una controproposta. Con il referendum propositivo il Parlamento sarà
rafforzato e i cittadini potranno esercitare pienamente la sovranità.
L’Italia entrerà di diritto nella Terza Repubblica».
Ma i critici
dicono che la democrazia si basa sulla delega che i cittadini assegnano
ai loro rappresentanti eletti e non nel suo contrario.
«Il sistema
della rappresentanza per delega resta, ma è evidente come non sia più
sufficiente: va integrato dando la possibilità ai cittadini di incidere
sulle decisioni pubbliche. La crisi della democrazia riguarda proprio la
rappresentanza, perché da parte del popolo c’è sempre più voglia di
partecipare».
Certo, ma un referendum senza quorum darebbe a pochi
un’arma per approvare leggi per tutti. Non le pare il caso di inserire
almeno una soglia di partecipazione?
«L’abolizione del quorum è
raccomandata dalla Commissione di Venezia, un organismo del Consiglio
d’Europa che ha spiegato come la presenza di una soglia scoraggi la
partecipazione. Deve poter decidere chi va a votare, non chi resta a
casa».
Un’altra obiezione: se nel derby tra legge dei proponenti e
testo votato in Parlamento vincesse la norma popolare, si dovrebbero
poi sciogliere le Camere a quel punto delegittimate. O no?
«L’esperienza
internazionale insegna che nella maggior parte dei casi i cittadini
scelgono la proposta parlamentare. E in ogni caso non è previsto lo
scioglimento delle Camere perché è sbagliato subordinare la permanenza
in carica del Parlamento all’approvazione della proposta, sarebbe una
deriva plebiscitaria. In generale il referendum non va interpretato come
una contrapposizione, ma come un confronto tra cittadini e istituzioni
per trovare la legislazione migliore».
L’altra rivoluzione, quella
finora incompiuta, sarà il taglio dei parlamentari. Mette in conto dei
mal di pancia diffusi anche nella maggioranza e qualche defezione?
«Il
taglio dei parlamentari è previsto nel contratto di Governo. Mi auguro
piuttosto che anche l’opposizione condivida questa proposta, ci vorrebbe
coraggio a votare contro la riduzione di deputati e senatori visto che
siamo il Paese con il più alto numero di rappresentanti d’Europa».
La
domanda che le farebbero tutti se fosse un dibattito aperto, magari in
rete: perché non votate una legge per dimezzarvi gli stipendi, diarie e
forfait compresi? Ritiene che il vostro sia un ruolo istituzionale di
enorme responsabilità e quindi vada ben retribuito?
«Al contrario:
taglieremo 345 stipendi dei parlamentari con la riduzione a 400
deputati e 200 senatori. Noi portavoce del M5S poi ci tagliamo già gli
stipendi, abbiamo donato oltre due milioni di euro al Fondo per i
terremotati. Le altre forze politiche facciano lo stesso».