La Stampa 4.12.18
“Basta immigrazione e femminismo”
Così i populisti Vox scalano la Spagna
di Francesco Olivo
Nella
piazza della Merced di Huelva ci sono mille persone, bandiere spagnole,
cori nazionalisti e appelli alle radici profonde: «Noi siamo quelli di
Isabella la Cattolica, della Reconquista contro gli arabi». La platea
esulta. «In città non vedevamo folle così da tempo», commentano
preoccupati alcuni impiegati pubblici in un bar a pochi metri dal palco.
L’estrema
destra è arrivata anche qui, in questo angolo di Andalusia, affacciato
sull’oceano Atlantico, davanti alle coste marocchine, oltre (fuor di
metafora) le colonne d’Ercole. Si chiama Vox l’ultima sfida del
populismo in salsa nazionalista e ha contagiato anche la Spagna, terra
fino a ieri immune dal contagio sovranista. Nello storico granaio di
voti dei socialisti, al potere senza interruzioni da 36 anni, per la
prima volta la sinistra andrà all’opposizione. Non si tratta solo di una
rivoluzione regionale, proprio perché, ecco l’altro dato inedito, nel
parlamento locale debutteranno i deputati che si collocheranno alla
destra del Partito Popolare. Scenario mai visto dal ritorno della
democrazia, proprio nei giorni in cui si celebrano i 40 anni della
costituzione. E la sconfitta in Andalusia, dove potrebbe governare il Pp
appoggiato da Ciudadanos e Vox, rischia di costringere Pedro Sánchez a
convocare elezioni anticipate, anche a brevissima scadenza.
Alle
regionali di domenica scorsa Vox ha preso l’11%, percentuale decisiva
per entrare non solo nelle aule parlamentari, ma forse anche al potere
in Andalusia, la regione più grande di Spagna. La sinistra grida
all’antifascismo, ma lo choc è enorme. Per rendere l’idea bastano questi
dati: Vox è passata dai 18 mila voti del 2015 ai 395.000 del 2018. «Se
superano il 10% in Andalusia, a Madrid possono fare molto di più» è il
commento più diffuso nelle sedi dei partiti tradizionali, passata la
nottata più difficile. E i prossimi appuntamenti , a maggio si vota per
regionali, comunali ed europee, consentono di immaginare che quella di
Siviglia sia la prima scossa di un terremoto già visto altrove.
Il
fenomeno si notava da alcuni mesi, per lo meno da quando, nell’ottobre
scorso, il movimento guidato dal basco Santiago Abascal, ex consigliere
comunale del Partito Popolare, era riuscito a portare 10 mila tifosi nel
palazzo dello Sport di Vistalegre a Madrid. Nella sede sulla calle de
Diego de León due settimane fa c’era la fila di giovani: «Possiamo dare
una mano?».
La campagna andalusa, il primo banco di prova per il
governo Sánchez, però dava altri segnali chiari: l’entusiasmo per il
nuovo movimento saliva e contagiava i tanti delusi della destra
tradizionale. Le piazze si riempivano e le urne anche. Solo due
settimane fa un sondaggio del Cis, l’Istat spagnolo, prevedeva: «Vox
prenderà un seggio». Lo spoglio racconta ben altra realtà: i seggi sono
12. All’estero c’è chi li guarda con simpatia: Marine Le Pen ha esultato
via Twitter, soddisfazione condivisa dall’ex stratega di Trump, Steve
Bannon.
Il successo dell’estrema destra spagnola si basa su tre
grandi temi, il primo è comune al resto d’Europa, il rifiuto
dell’immigrazione, che sta toccando la Spagna come mai. Le altri due
chiavi sono la reazione alle spinte indipendentiste in Catalogna (e nei
Paesi Baschi) e il fastidio sempre più evidente contro le politiche di
genere. Per appurarlo basta ascoltare i comizi, leggere il programma
(«via le autonomie regionali» è uno dei punti cardine) e analizzare le
biografie dei candidati, uno fra tutti quelle del capolista andaluso, un
giudice fermamente ostile alle leggi contro la violenza machista:
«Hanno criminalizzato metà della popolazione (i maschi ndr), va bene
proteggere mia moglie e le mie figlie, ma i miei figli maschi non devono
essere travolti da accuse false», urla Abascal alla piazza di Huelva.
Quello della «dittatura del femminismo», come la chiamano di Vox è un
tema centrale del discorso dell’estrema destra, una sfida a un governo
che ha più donne che uomini e che proprio al femminismo fa riferimento
con orgoglio.
Ieri è stato il momento della festa, ma a Huelva lo sapevano già: «Con questi avremmo a che fare per molto tempo».