La Stampa 3.12.18
Caso Regeni, l’Egitto respinge l’indagine italiana sugli 007
di Grazia Longo
Un
paradosso che ha il sapore amaro della beffa. Il caso di Giulio Regeni
non solo continua ad essere senza soluzione, ma vede gli egiziani sempre
più distanti dalla ricerca della verità. Innanzitutto perché non
processeranno gli alti ufficiali della polizia e dei servizi segreti
civili agli ordini di Al Sisi che verranno indagati domani dalla Procura
di Roma per il sequestro, le torture e l’omicidio del ricercatore
friulano per conto dell’Università di Cambridge. La legge egiziana non
prevede la condizione dell’indagato ma solo l’eventuale suo rinvio a
giudizio. Ma anche perché al Cairo manderanno a processo soltanto due
uomini accusati di omicidio per la vicenda del 24 marzo 2016: cinque
criminali comuni vennero uccisi in una sparatoria con ufficiali della
National Security egiziana, alla periferia del Cairo. I documenti di
Giulio furono trovati quello stesso giorno in casa della sorella del
capo della presunta banda e si disse che i cinque erano legati alla
morte del giovane. Fu subito chiaro che in realtà si trattava
dell’ennesimo depistaggio. Eppure è l’unica strada giudiziaria che sarà
perseguita dalle autorità del Cairo. Che intanto chiedono invece al
procuratore di Roma Giuseppe Pignatone al pm Sergio Colaiocco di
indagare sul «perché Giulio Regeni sia entrato in Egitto con un visto
turistico e non con un visto dedicato per le ricerche accademiche». I
nostri inquirenti hanno fornito ampia disponibilità a lavorare anche su
questa pista e fornire le risposte richieste.
Disponibilità che non è invece mai stata fornita dagli inquirenti egiziani.
I tabulati telefonici e lo strappo
Dalle
indagini sui tabulati telefonici è infatti emerso che gli agenti
segreti monitorarono i contatti, le frequentazioni e i movimenti di
Giulio Regeni fino al 25 gennaio 2016, giorno della sua scomparsa.
Risultati ottenuti grazie al lavoro dei Ros e dello Sco, che gli
inquirenti romani hanno condiviso con i colleghi del Cairo, i quali però
non vogliono procedere.
Di qui lo strappo della Procura della
capitale che ha deciso di indagare 6-7 dei 9 alti ufficiali della
polizia e degli 007 civili sospettati della tragica fine del
ventottenne. I genitori di Giulio, Paola e Claudio, assistiti
dall’avvocato Alessandra Ballerini, esprimono gratitudine per il lavoro
degli investigatori e dei magistrati romani: «Confidiamo che
l’iscrizione nel registro degli indagati possa segnare una definitiva
accelerazione nell’accertamento processuale di quella verità che
inseguiamo incessantemente da 34 mesi, insieme a migliaia di cittadini».