giovedì 27 dicembre 2018

La Stampa 27.12.18
Dalla Russia alla Cina lo “sharp power” all’attacco
di Paolo Mastrolilli


La democrazia italiana e il sistema di alleanze che l’ha sorretta per oltre mezzo secolo, consentendo a un Paese devastato dalla guerra nazionalista di diventare una delle prime potenze industriali del mondo, sono sotto attacco. Sarebbe ora di riconoscerlo, e cominciare a porvi rimedio. O quanto meno aprire un onesto dibattito politico, per chiederci se davvero la maggioranza dei nostri cittadini vuole cambiare schieramento, e quindi anche valori e stili di vita. È una riflessione che nasce leggendo il libro di Paolo Messa L’era dello sharp power, pubblicato da Università Bocconi Editore (pp. 180, € 16,50).
Il direttore del Centro Studi Americani ha posizioni atlantiste, che non nasconde. Il suo saggio parte dal fatto che il «soft power», teorizzato dal professore di Harvard Joseph Nye, sta lasciando il posto allo «sharp power». Il potere soffice della cultura, e l’attrazione esercitata dalla democrazia liberale che cerca di persuadere invece di forzare, esiste ancora e resta importante. Negli ultimi anni però sta subendo la concorrenza sempre più aggressiva del potere affilato, cioè l’offensiva lanciata da potenze non liberali come Russia e Cina, per affermare il loro modello in tutto il mondo.
Da questa considerazione accademica, Messa passa all’analisi della realtà italiana, e qui il saggio diventa stringente. L’autore elenca una serie di fatti innegabili, che dimostrano come Mosca e Pechino siano già mobilitate per influenzare o minare il nostro dibattito politico, tanto dal punto di vista della propaganda mediatica, quanto da quello economico. Domandarsi quanto siano stati efficaci i troll di San Pietroburgo nel determinare il risultato delle elezioni del 4 marzo 2018 è un ovvio errore di prospettiva, non sappiamo quanto onesto. Così come innegabile è l’offensiva economica della Repubblica Popolare, col bagaglio più discreto di influenza politica e sociale che porta con sé. Il punto chiave da riconoscere è che queste manifestazioni dello «sharp power» sono realtà, e dobbiamo decidere come reagire. In un quadro di confusione alimentata anche dagli Usa, dove l’establishment ha individuato la sfida in corso denunciando le «potenze revisioniste» nella nuova strategia nazionale, ma il presidente Trump è tanto deciso contro la Cina, quanto ambiguo verso la Russia.
Chi vuole cambiare la collocazione geopolitica, strategica e culturale dell’Italia dovrebbe avere l’onestà di ammetterlo, chiarire i propri obiettivi, e sottoporli alla scelta democratica dei cittadini. Chiedendoci anche perché tanti di questi cittadini siano disposti ad abbracciare la propaganda dello sharp power.