giovedì 27 dicembre 2018

La Stampa 27.12.18
L’obbligo di tutelare il risparmio
di Vladimiro Zagrebelsky


Anche la valanga comincia con piccoli smottamenti. Poi si allarga e accelera la caduta. Infine diventa disastrosa e, giunta a valle, distruttiva. Così la vicenda dell’approvazione della Finanziaria (ora detta legge di stabilità), ha certo diversi piccoli precedenti, divenuti man mano più frequenti e inquietanti, fin da quando il governo di allora mise la fiducia addirittura sul testo di una legge elettorale, poi dichiarata incostituzionale. Precedenti che ora naturalmente vengono richiamati da chi adesso è al potere e dispone di una grossa e disciplinata maggioranza in Parlamento. Il quale Parlamento, alla Camera è stato prima chiamato a votare la fiducia al governo su un testo che lo stesso governo dichiarava fittizio, già in via di profonda rielaborazione. Poi, l’altro giorno, il Senato, sempre con il metodo della fiducia al governo che taglia la discussione e ogni possibilità di emendamento di ciò che il governo propone, ha votato un testo di pochi articoli, ma di 1142 eterogenei commi, comunicato poche ore prima: impossibile da leggere e ancor meno da capire. E si tratta della legge annuale più importante. Insomma, molti colpetti all’impianto costituzionale di una Repubblica parlamentare, via via più frequenti. Ora la valanga è arrivata in fondo, ostentatamente distruttiva. Distruttiva del sistema parlamentare ed anche della credibilità e dignità del Parlamento. Naturalmente, come oramai d’abitudine, il presidente del Consiglio professor Conte ha avuto l’ardire di dar la colpa all’Unione europea, che avrebbe tirato per le lunghe nelle trattative dirette a far sì che l’Italia non si allontanasse troppo dagli impegni che aveva preso con la comunità degli Stati di cui è parte.
La legge verrà dunque approvata a scatola chiusa dalla Camera e diverrà definitiva (salvo gli aggiornamenti già promessi in corso d’anno). In realtà la legge diverrà definitiva se e quando il presidente della Repubblica la promulgherà. Il testo è all’esame del presidente per consentirgli un giudizio consapevole; un giudizio che il presidente maturerà come dovuto e che riguarderà il contenuto e la procedura seguita in rapporto alla Costituzione e agli obblighi che l’Italia ha assunto per far parte dell’Unione.
Quali sono in astratto le possibilità che si aprono? Secondo Costituzione il presidente Mattarella potrebbe rifiutare di promulgare la legge rinviandola al Parlamento, spiegandone le ragioni con un messaggio. Il Parlamento dovrebbe quindi procedere a una nuova deliberazione. Intanto però lo Stato andrebbe in «esercizio provvisorio», cioè in una semi-paralisi. Dati contenuto e stile dell’agire politico della coppia di partiti di maggioranza, è certo che il presidente sarebbe aggredito da una valanga di accuse e forse di insulti. Con lui l’aggressione investirebbe la Presidenza della Repubblica e la possibilità stessa di svolgere la cauta, ma utile ed anzi ormai indispensabile opera di consiglio e tutela delle istituzioni repubblicane. Insomma, l’impressione è che il presidente sia stato posto in una condizione difficile. Tanto più che per le gravi forzature procedurali dovrebbe reagire lo stesso Parlamento, ma i rispettivi presidenti non sembrano indignarsi e - a parte quella della senatrice Bonino - non si levano voci alte di protesta.
In alternativa il presidente può promulgare la legge, lasciando al Parlamento, al governo e ai partiti che lo compongono la responsabilità non solo del contenuto della legge, ma anche dell’offesa fatta al sistema parlamentare disegnato dalla Costituzione. Magari, come ha fatto altre volte, ad esempio richiamando l’obbligo costituzionale di tutelare il risparmio, il presidente potrebbe accompagnare la sua firma con una lettera al governo per manifestare preoccupazione e indicare esigenze costituzionali. Poco forse, rispetto a quanto abbiamo visto svolgersi nel Parlamento. Il quadro politico è tuttavia carico di minacce per l’equilibrio dei poteri costituzionali. I poteri con funzioni di garanzia, Corte Costituzionale, magistratura e -prima fra tutti - la Presidenza della Repubblica si muovono ora su un terreno divenuto estremamente conflittuale, financo aggressivo. Anche per questo motivo l’armonico svolgersi del sistema costituzionale vive con difficoltà.