La Stampa 24.12.18
Banksy, il bimbo ha il potere di un presepe
di Giulia Zonca
La
fila davanti al garage non fa che aumentare: persone in processione,
senza doni, ma con un telefono in mano per portarsi a casa un pezzetto
di miracolo. L’ultima opera di Banksy ha il potere di un presepe, il
bambino sotto la neve attira pellegrini contemporanei che attribuiscono
alla denuncia un presagio di riscatto. È un graffito, però funziona come
una natività carica di promesse. Proprio come succede con le
apparizioni, è stato messo sotto vetro, protetto dal plexiglass e dalle
buone intenzioni.
Il bimbo è comparso qualche giorno fa
sull’angolo bruciacchiato di una rimessa. Sta con le braccia aperte, gli
occhi chiusi, la lingua fuori, solo che il chiaroscuro che lo circonda
non è un disegno, è una macchia. È il fumo di Port Talbot, profondo
Galles dove l’industria pesante è rimasta la base di ogni introito, le
acciaierie muovono l’economia locale. Oltre al rilevatore di
avvelenamento.
Da una parte del muro c’è il ragazzino che sembra
godersi la nevicata natalizia e dall’altra il cassonetto in fiamme da
cui esce la condensa scura, il pericolo e il sospetto che da anni
tormenta una città preoccupata e confusa. Non sanno più a chi credere:
la scorsa primavera la World Health Organization ha dichiarato Port
Talbot «il posto più inquinato del Regno Unito», gli ha imputato un
livello di tossicità oltre il doppio del lecito. Dopo un paio di mesi
sono arrivate le scuse perché l’aria in realtà sta sempre in bilico tra
il poco sano e il molto dannoso, ma è ancora lontana dai valori
inquietanti. Cambiano i numeri, il grado di malessere, non proprio la
sostanza: la fuliggine che si sparge per le strade, si deposita sulle
case, condiziona gli animali e raggiunge i polmoni degli esseri umani
c’è, solo che lì hanno già perso le miniere e non se la sentono di
rinunciare alle acciaierie. La natività di Banksy attira gratitudine e
furore: ieri l’hanno fortificata proprio perché nella notte un ubriaco
ha tentato di sfregiarla. Ogni profeta ha vita difficile.
Opera su commissione
Stavolta
non esistono dubbi sull’attribuzione, l’opera è stata fatta su
commissione, richiesta da Gary Owen, gallese che ha scritto la sua
lettera a Babbo Natale: «Caro Banksy qui non si respira, vieni a
disegnare qualcosa che svegli l’attenzione. I gabbiani dovrebbero
portare le maschere antigas». Voleva dare un’ispirazione, ha fornito
delle coordinate e Banksy si è preso la paternità del lavoro con un
video. Parte la musichetta innocente di «Little Snowflake» e la camera
gira dal primo piano della faccia apparentemente in estasi, al totale
misto fumo, fino a inquadrare il fuoco acido. Chiude con una panoramica
che include la vera ciminiera. Se il disegno contiene un messaggio
salvifico, il filmato ha un retrogusto macabro.
Il proprietario
del garage ha scoperto il graffito sul cemento e ha subito riconosciuto
l’autore, ci ha messo di più a realizzare le conseguenze. Il primo
giorno c’era solo il vicinato, poi i fotografi e le tv e adesso è
comparsa la coda. Ogni ora una quarantina di persone si muovono intorno
all’opera, scattano, telefonano, chiedono, si confrontano. Qualcuno si
lamenta perché «la curiosità porta guai», i più sono ipnotizzati. Sanno
che cosa si troveranno davanti però non hanno idea di come gestire il
messaggio: è arte che racconta un paese, è una rivelazione, una chiamata
all’azione? Il bimbo sotto la neve obbliga chi lo guarda a farsi delle
domande, coinvolge, stranisce, tocca corde che altri hanno già smosso e
che ora vibrano all’unisono. Tutta la contea è già stata lì davanti.
La battaglia
Nell’area
di Port Talbot sono nati Richard Burton, Anthony Hopkins e Michael
Sheen, gli attori sono di casa e la provocatoria frase: «Qui c’è
qualcosa nell’aria» circola con insistente ironia. Sheen, protagonista
di film come «Twilight», «La Regina», «Frost/Nixon» e «Il maledetto
United», non solo sta pagando per la sicurezza piazzata intorno al
Banksy, ma ha già tentato una campagna contro l’inquinamento. Nel 2011
ha allestito una maratona teatrale, «The Passion», per raccontare la
controversa situazione del luogo. Ci tiene e sa, come ogni figlio di
quella terra, che protestare è solo il lato A di un equilibrio
complesso. A Port Talbot si dice: «If you can smell sulphur, it means
someone is getting paid», se senti l’odore di zolfo qualcuno sarà
pagato. Un mantra del compromesso fino al bambino sul muro con una folla
davanti.
La gente sta in fila e sa che non c’è nesso tra il
graffito e il futuro eppure non esclude che quella visione possa
cambiare il mondo.