giovedì 27 dicembre 2018

La Stampa 24.12.18
Banksy, il bimbo ha il potere di un presepe
di Giulia Zonca


La fila davanti al garage non fa che aumentare: persone in processione, senza doni, ma con un telefono in mano per portarsi a casa un pezzetto di miracolo. L’ultima opera di Banksy ha il potere di un presepe, il bambino sotto la neve attira pellegrini contemporanei che attribuiscono alla denuncia un presagio di riscatto. È un graffito, però funziona come una natività carica di promesse. Proprio come succede con le apparizioni, è stato messo sotto vetro, protetto dal plexiglass e dalle buone intenzioni.
Il bimbo è comparso qualche giorno fa sull’angolo bruciacchiato di una rimessa. Sta con le braccia aperte, gli occhi chiusi, la lingua fuori, solo che il chiaroscuro che lo circonda non è un disegno, è una macchia. È il fumo di Port Talbot, profondo Galles dove l’industria pesante è rimasta la base di ogni introito, le acciaierie muovono l’economia locale. Oltre al rilevatore di avvelenamento.
Da una parte del muro c’è il ragazzino che sembra godersi la nevicata natalizia e dall’altra il cassonetto in fiamme da cui esce la condensa scura, il pericolo e il sospetto che da anni tormenta una città preoccupata e confusa. Non sanno più a chi credere: la scorsa primavera la World Health Organization ha dichiarato Port Talbot «il posto più inquinato del Regno Unito», gli ha imputato un livello di tossicità oltre il doppio del lecito. Dopo un paio di mesi sono arrivate le scuse perché l’aria in realtà sta sempre in bilico tra il poco sano e il molto dannoso, ma è ancora lontana dai valori inquietanti. Cambiano i numeri, il grado di malessere, non proprio la sostanza: la fuliggine che si sparge per le strade, si deposita sulle case, condiziona gli animali e raggiunge i polmoni degli esseri umani c’è, solo che lì hanno già perso le miniere e non se la sentono di rinunciare alle acciaierie. La natività di Banksy attira gratitudine e furore: ieri l’hanno fortificata proprio perché nella notte un ubriaco ha tentato di sfregiarla. Ogni profeta ha vita difficile.
Opera su commissione
Stavolta non esistono dubbi sull’attribuzione, l’opera è stata fatta su commissione, richiesta da Gary Owen, gallese che ha scritto la sua lettera a Babbo Natale: «Caro Banksy qui non si respira, vieni a disegnare qualcosa che svegli l’attenzione. I gabbiani dovrebbero portare le maschere antigas». Voleva dare un’ispirazione, ha fornito delle coordinate e Banksy si è preso la paternità del lavoro con un video. Parte la musichetta innocente di «Little Snowflake» e la camera gira dal primo piano della faccia apparentemente in estasi, al totale misto fumo, fino a inquadrare il fuoco acido. Chiude con una panoramica che include la vera ciminiera. Se il disegno contiene un messaggio salvifico, il filmato ha un retrogusto macabro.
Il proprietario del garage ha scoperto il graffito sul cemento e ha subito riconosciuto l’autore, ci ha messo di più a realizzare le conseguenze. Il primo giorno c’era solo il vicinato, poi i fotografi e le tv e adesso è comparsa la coda. Ogni ora una quarantina di persone si muovono intorno all’opera, scattano, telefonano, chiedono, si confrontano. Qualcuno si lamenta perché «la curiosità porta guai», i più sono ipnotizzati. Sanno che cosa si troveranno davanti però non hanno idea di come gestire il messaggio: è arte che racconta un paese, è una rivelazione, una chiamata all’azione? Il bimbo sotto la neve obbliga chi lo guarda a farsi delle domande, coinvolge, stranisce, tocca corde che altri hanno già smosso e che ora vibrano all’unisono. Tutta la contea è già stata lì davanti.
La battaglia
Nell’area di Port Talbot sono nati Richard Burton, Anthony Hopkins e Michael Sheen, gli attori sono di casa e la provocatoria frase: «Qui c’è qualcosa nell’aria» circola con insistente ironia. Sheen, protagonista di film come «Twilight», «La Regina», «Frost/Nixon» e «Il maledetto United», non solo sta pagando per la sicurezza piazzata intorno al Banksy, ma ha già tentato una campagna contro l’inquinamento. Nel 2011 ha allestito una maratona teatrale, «The Passion», per raccontare la controversa situazione del luogo. Ci tiene e sa, come ogni figlio di quella terra, che protestare è solo il lato A di un equilibrio complesso. A Port Talbot si dice: «If you can smell sulphur, it means someone is getting paid», se senti l’odore di zolfo qualcuno sarà pagato. Un mantra del compromesso fino al bambino sul muro con una folla davanti.
La gente sta in fila e sa che non c’è nesso tra il graffito e il futuro eppure non esclude che quella visione possa cambiare il mondo.