La Stampa 22.12.18
Se il popolo perde la sovranita’
di Mattia Feltri
Mi
è quasi spiaciuto che Emma Bonino abbia negato di aver pianto, l’altra
sera in Senato. Sarebbero state lacrime ben versate, al termine di una
straziante e sublime orazione funebre in memoria della democrazia
rappresentativa, ripetutamente interrotta con sguaiataggine e
incoscienza a dimostrare lì per lì, una volta ancora, che la democrazia
rappresentativa non c’è più. Sono seriamente tentata di non partecipare
alla votazione di questa legge di bilancio, ha detto Bonino, e se ancora
ci rifletto su è per amore del poco che rimane di queste nostre
istituzioni; e quei ragazzi in gita parlamentare si sono abbandonati a
sghignazzi e schiamazzi, sciaguratamente inconsapevoli di che
significasse - specie in bocca a una radicale che, come ogni radicale,
ha fatto del rispetto dell’architettura costituzionale un imperativo -
una rinuncia del genere. Significa arrendersi alla fine della democrazia
rappresentativa e dello Stato liberale.
Forse non è chiara la
bancarotta di mille parlamentari costretti a votare sulla fiducia o non
votare sulla sfiducia una manovra finanziaria di cui non hanno visto una
riga, e nemmeno le vedranno, e sono mille parlamentari eletti proprio
per leggerla, e soppesarla, e votarla o non votarla in coscienza e
nell’interesse del popolo italiano. È un loro diritto e soprattutto è un
loro preciso dovere, tra l’altro al cospetto della legge più
importante, quella per cui si decide come si usano i nostri denari: «No
taxation without representation», nessuna tassazione senza
rappresentanza, come dissero i gloriosi padri della democrazia americana
non l’altro ieri, bensì oltre due secoli e mezzo fa.
Ma se quelle
aule sono ridotte a piazze di supporter in t-shirt, a sostegno di un
leader o di quell’altro, e di scelte prese altrove e che nemmeno si
conoscono, in palese tradimento dei loro elettori, la colpa non è di
leghisti o cinque stelle, che sono semmai la conseguenza inevitabile di
tre decenni di infamia. Per tre decenni i parlamentari sono stati
chiamati scaldapanche, mangiatori a ufo, ladri, corrotti e mafiosi da sé
stessi, da noi giornalisti, dal popolo medesimo in una spettacolare
furia suicida. Il Parlamento è stato dichiarato inutile e dannoso, sono
state drammaticamente confuse le sacre istituzioni con chi, spesso
profano, le ha incarnate, e adesso il Parlamento svanisce, e con esso
svanisce il luogo dove si esprime la sovranità del popolo. È così ed è
ora che il popolo ha perso la sua sovranità.