sabato 22 dicembre 2018

La Stampa 22.12.18
“La democrazia viene umiliata”
Napolitano in campo con Bonino
di Ugo Magri


Le immagini ingannano: Emma Bonino nega di essere scoppiata in lacrime, «è una fake news» taglia corto. Ma certo questa donna-simbolo, che da una vita si batte per i diritti civili e la nonviolenza, era sopraffatta dalla tensione dopo l’intervento in aula, giovedì sera, e travolta dalla fatica di arrivare in fondo tra strepiti, interruzioni, volgarità. Dai banchi della maggioranza le hanno urlato di tutto, con rabbia, quando la senatrice radicale si è rivolta ai colleghi giallo-verdi denunciando la miseria politica in cui l’Italia è precipitata: «Voi state passando addosso alle istituzioni come dei rulli compressori», ha alzato la voce, «il vostro è il più grave attacco nella storia della Repubblica alla democrazia rappresentativa e alla Costituzione». Anziché esaminare la Manovra del Popolo, nella bomboniera di Palazzo Madama si è rappresentata per due giorni la farsa di un confronto sul nulla, in attesa del maxi-emendamento governativo che arriverà soltanto oggi, e ci saranno solo sei ore e mezzo di tempo per leggerlo, discuterlo, votarlo alle 22,30. Dopo mesi di negoziazioni con Bruxelles, adesso il governo ha una dannata fretta. Bonino considera questa ghigliottina imposta al dibattito come una ferita intollerabile, uno scempio che travolge gli equilibri tra i poteri, che «umilia il Parlamento, lo esautora, lo riduce all’irrilevanza». E non è la sola a considerare scandaloso ciò che sta accadendo. Altre figure che hanno avuto grandi responsabilità, nella politica e nelle istituzioni, avvertono in queste ore il dovere di farsi sentire.
Ieri mattina si è espresso Mario Monti, ex-premier, senatore a vita. Anche il Prof è intervenuto nell’aula del Senato, e pure la sua voce è stata sovrastata da un brusio tale da costringere la presidenza a chiedere un briciolo di educazione. Ma soprattutto, in totale sintonia con la denuncia di Emma, è sceso in campo Giorgio Napolitano. Fonti a lui vicine fanno filtrare che il presidente emerito «condivide profondamente l’allarme espresso dalla senatrice Bonino per la umiliante condizione», parole testuali, «riservata al Parlamento in occasione dell’esame della legge di Bilancio». Sbaglierebbe chi considerasse di poco conto lo sdegno dell’ex-presidente. Napolitano è stato per nove anni il massimo garante delle regole costituzionali, le ha interpretate e in qualche misura plasmate nelle fasi più drammatiche dell’emergenza. Per quanto ultranovantenne, resta un punto di riferimento per tutte le istituzioni. Non è solo per deferenza che mercoledì, alla tradizionale cerimonia di auguri sul Colle, Sergio Mattarella è andato di persona a salutarlo.
Confini invalicabili
C’è un comune sentimento, ai piani alti della Repubblica, che si riassume nella difesa di alcuni confini considerati invalicabili. Il primo tra questi è proprio il ruolo del Parlamento. Non più tardi di tre giorni fa Mattarella aveva sollecitato «rispetto per la democrazia rappresentativa», in quanto «espressione e interprete della sovranità popolare»: chi volesse svilire le Camere, aveva fatto intendere, si collocherebbe fuori dal perimetro costituzionale. Il richiamo preventivo del Quirinale non è bastato a impedire lo «stop and go» di misure che si fanno attendere fino alla frustrazione. Ieri finalmente Elisabetta Casellati, presidente di Palazzo Madama, ha chiesto al governo il minimo sindacale: cioè un atteggiamento «più rispettoso dell’assemblea del Senato». Con il premier Giuseppe Conte che non si allarma più di tanto: «Mi sarebbe piaciuto lasciare al Parlamento un più ampio margine di discussione. Ma non mi devo giustificare se la trattativa ha impegnato tutto questo tempo». È andata così, e amen.