martedì 18 dicembre 2018

La Stampa 18.12.18
Le proteste scuotono l’europa
di Francesca Sforza


Si scende in piazza in tutta Europa, e per motivi diversi: contro il carovita, contro il razzismo, contro i referendum già votati. Ed è singolare che nell’epoca del digitale, in cui si lamenta che l’eccesso di relazioni virtuali abbia preso il posto della vita associativa tradizionale, la gente senta il bisogno di scendere in strada per esprimere il proprio messaggio, sia esso di protesta o di solidarietà. Due fattori sembrano essere alla radice di questo nuovo movimentismo, e il primo è proprio connesso alla presenza del digitale nelle nostre vite. Sì perché in una quotidianità scandita dal tempo di permanenza sullo smartphone, ognuno di noi ha una visione della realtà inevitabilmente filtrata dalla sua esperienza digitale. Vale per gli appassionati di animali, che dopo aver visitato qualche sito sull’argomento si vedranno recapitare notifiche o avvisi relative a cuccioli, veterinari, vicende di amici a quattro zampe. Il mondo, probabilmente, sembrerà loro popolato da amanti di animali o di loro torturatori, di pubblicità per cibi, di libri a tema, di gadget da regalare durante le festività. E lo stesso accade per chi si appassiona di temi sociali o di questioni economiche. La quantità di messaggi, di input e di stimoli che arrivano a ciascuno, si riveleranno in grado, sommati, di produrre una mobilitazione di massa. Non sfugge, agli analisti di cyber flussi, la pericolosità di simili smottamenti che attraversano le opinioni pubbliche – Brexit non è forse il risultato di una decisione tanto massiccia quanto imponderata? – che si caratterizzano per produrre risultati di grande impatto, ma non sempre sufficientemente strutturati per far presa sino alle fondamenta della società civile.
C’è un altro fattore però, ed è quello che ha caratterizzato la mobilitazione dei jilet jaunes francesi: per la prima volta una rivolta di massa che non ha esitato a fare uso della violenza – minacciando ancora ieri il blocco di alcuni negozi e impianti commerciali - ha riscosso l’attenzione non solo degli spettatori, ma dei governanti, già da oggi impegnati a Parigi in una serie di incontri finalizzati alla concertazione con le ragioni della rivolta. Il presidente Macron si è ovviamente richiamato all’importanza del funzionamento democratico e alla necessità di isolare i violenti, ma il messaggio che è passato, nella forma semplificata che la moderna comunicazione impone ed esige, è che i gilet gialli hanno ottenuto ascolto, e che le loro richieste saranno messe a tema. In un’opinione pubblica europea così influenzabile ed emotiva, il successo dei gilet gialli è una conferma di quello che ciascuno già sperimenta nella propria quotidiana vita digitale: vince chi usa parole semplici, chi è in grado di aggregare su pochi e insistiti contenuti, e chi alza la voce. In molti casi questi ingredienti possono essere volti a fin di bene, per rafforzare ad esempio la solidarietà contro razzismi e nuovi nazionalismi. In altri però no, e stando alla storia recente, i messaggi negativi viaggiano con più velocità e con maggiore intensità di quelli positivi.