La Stampa 17.12.18
“Bloccata la mobilità fra le generazioni
Così non c’è eguaglianza”
Uno
studio della Banca d’Italia: “Istruzione e reddito si ereditano Nel
Paese viene meno un principio su cui si fonda la democrazia”
di Nicola Lillo
In
Italia l’istruzione, il reddito da lavoro e la ricchezza continuano a
ereditarsi da genitori a figli. L’ascensore sociale nel nostro Paese è
fuori uso da tempo e le condizioni di partenza dei più giovani sono
decisive per il loro futuro e il successo professionale. È quanto emerge
da uno studio dei ricercatori della Banca d’Italia, secondo cui il
nostro è tra i Paesi con «una persistenza intergenerazionale delle
condizioni economiche relativamente alta».
Un fenomeno che negli
ultimi anni è addirittura in aumento e che è la causa principale delle
disuguaglianze. L’economista americano Alan Krueger, tra i consiglieri
economici di Barack Obama, nel 2012 ha parlato in un importante discorso
di «curva del Grande Gatsby». In pratica la sua teoria è che più
diminuisce la mobilità sociale tra una generazione e quelle successive,
più aumentano le disuguaglianze.
L’Italia ne è la dimostrazione,
come spiegano i ricercatori Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio del
dipartimento di Economia e Statistica di Bankitalia. «La possibilità di
conseguire un miglioramento delle condizioni di vita costituisce un
potente incentivo allo sviluppo delle proprie capacità, all’innovazione,
all’impegno nel lavoro - scrivono -; ne trae beneficio non solo il
singolo individuo, ma anche l’intera collettività, che può
avvantaggiarsi di una più robusta crescita dell’economia».
Nel
nostro Paese però tutto ciò non si verifica. Secondo le stime di
Bankitalia infatti l’impatto di diversi fattori - come la famiglia
d’origine, la ricchezza, il luogo di nascita, le scuole e i quartieri
frequentati del Nord o del Sud - sfiorano il 90 per cento della
variabilità del reddito. Dati da prendere «con cautela», sottolineano
nel report, ma che sono indicativi di quanto sia difficile migliorare la
propria situazione sociale ed economica.
I giovani penalizzati
I
giovani ne sono ben consapevoli. Secondo un recente sondaggio
dell’istituto Demopolis per Oxfam infatti l’80 per cento di chi ha tra i
18 e i 34 anni pensa che in Italia sia accentuata la disuguaglianza
intergenerazionale. Gli under 35 si sentono infatti penalizzati dalla
precarietà del lavoro, dall’incertezza sul futuro, dalla bassa
retribuzione, dalla difficoltà di accesso al mercato del lavoro. Una
situazione di sfiducia confermata dai numeri, basti pensare che il tasso
di disoccupazione under 25 è al 32,5 per cento, l’Italia è il
terz’ultimo Paese in Europa.
Il rapporto di Bankitalia non dà
facili soluzioni, che spettano alla politica, ma fotografa dati alla
mano la situazione del nostro Paese (sono stati utilizzati dati relativi
alle famiglie tra il 1993 e il 2016).
«La mobilità
intergenerazionale - si legge - costituisce un elemento cruciale in
termini di uguaglianza». In Italia invece le possibilità di successo
sono superiori in base alle fortune dei propri genitori e questo «genera
scontento ed è fonte di possibili tensioni nella parte di popolazione
svantaggiata».
Istruzione e lavoro
Il canale principale con cui vengono trasmesse le condizioni di benessere è l’istruzione.
La
scuola pubblica non è infatti in grado di colmare le disuguaglianze di
partenza: «Gli studenti si auto selezionano nelle diverse tipologie di
istruzione secondaria (o nell’abbandono scolastico) sulla base dei
risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di
studio dei propri genitori», spiegano i ricercatori.
Questo crea
una segmentazione «della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e
scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di
provenienza».
Stesso discorso si applica per i redditi da lavoro,
dove il nostro Paese si conferma tra quelli «a bassa mobilità
intergenerazionale».
Secondo i dati più recenti - relativi al
2010-2016 - la nostra società tende addirittura a diventare ancor meno
mobile. L’Italia continua a non essere un Paese per giovani.