sabato 8 dicembre 2018

il manifesto 8.12.18
Il «mostro» s’aggira per la Francia. Parigi oggi è città chiusa
Il paese brucia, Macron fa la sfinge. Oggi l'atto IV della protesta. La capitale si barrica, c’è anche la Marcia per il clima. Il governo attacca: «Movimento fuori controllo». I liceali indignati dal video sui 153 fermi a Mantes-la-Jolie
di Anna Maria Merlo


PARIGI Dodici blindati nella capitale, terribile presenza senza precedenti, in appoggio a ottomila agenti (89mila in tutta la Francia, perché la violenza è diffusa anche in provincia) sul piede di guerra, che cambiano tattica e andranno “al contatto” dei manifestanti. Parigi sarà città chiusa nella giornata dell’atto IV della rivolta dei gilet gialli: chiusi i musei, Louvre, Grand e Petit Palais, Quai Branly, Palais Royal, i due musei delle Tuileries, Fondation Vuitton, tutte i luoghi della Réunion des Musées Nationaux, chiusa l’Opéra, chiusi tre teatri sui Champs Elysées, chiusa la Comédie française, le biblioteche, la Tour Eiffel, sospesi tutti gli spettacoli a Radio France, tutte le partite di calcio, chiusi i grandi magazzini sul boulevard Haussmann, tutte le boutique di lusso, varie fermate del metro e dell’Rer. Non si barrica solo il triangolo d’oro attorno ai Champs Elysées preso di mira sabato 1° dicembre, con tavole di compensato per proteggere le vetrine, ma anche altri quartieri si preparano, dalla Bastiglia al Panthéon. E in piazza oggi non ci sono solo i gilet gialli, ma anche la Marcia per il clima (175 marce in tutta la Francia), che deve essere protetta e per questo nella capitale ha dovuto cambiare percorso (sarà da Nation a République).
Ieri, alcune centinaia di licei erano in agitazione, c’è stata una manifestazione improvvisata a Parigi al grido di “Macron dimissioni”, al di là delle rivendicazioni specifiche (riforma del Bac, contestazione di ParcourSup, il sistema di accesso all’università). Il video di 153 ragazzi in ginocchio con le manette dietro la schiena, girato a Mantes-la-Jolie nella banlieue parigina la vigilia in un cortile di un’associazione di fronte a un liceo in agitazione, con un sonoro che registra frasi di disprezzo da parte dei poliziotti, ha fatto esplodere ancora di più la protesta. Anche il ministro dell’Educazione nazionale, Jean-Michel Blanquer, si è detto “choccato”, ma il governo precisa le circostanze estremamente violente che hanno portato a questi fermi: dopo tre giorni di grossa agitazione e di scontri, sarebbero state rubate delle bombole di gas che i ragazzi, in parte non studenti, stavano per gettare sull’incendio che avevano appiccato al liceo, con il rischio di un’esplosione e di fare molte vittime (l’arresto è inquietante, ma non ci sono feriti tra i ragazzi). La sinistra attacca sulla repressione a Mantes-la-Jolie, Benoît Hamon parla di scena “inammissibile” e prevede “la collera come reazione”, Eric Coquerel della France Insoumise di “violenza inaccettabile e umiliante”. La presidente della regione Ile-de-France, Valérie Pécresse (Républicains), si schiera invece con la polizia.
Il governo drammatizza. “Il movimento dei gilet gialli è un mostro che è sfuggito ai suoi iniziatori”, afferma il ministro degli Interni, Christophe Castaner. Prevede una presenza di gilet gialli inferiore al 1° dicembre, ma un forte nucleo di estremisti, “un movimento fomentato da complottisti di ogni tipo – dice Castaner – e sfruttato da gruppuscoli estremisti che vogliono far vacillare la Repubblica” (circola l’accusa a Macron di aver “venduto la Francia all’Onu” con l’accordo di Marrakesh, che significherebbe “la grande sostituzione” della popolazione francese con degli immigrati). Oltre a una serie di fermi di violenti trovati in possesso di armi, due denunce alla giustizia: una della Procura di Parigi per il gilet giallo Eric Drouot, che ha postato un appello a “prendere l’Eliseo” e un’altra da parte del ministero degli Interni per il parlamentare Nicolas Dupont-Aignan di Debout la France, alleato di Marine Le Pen, che ha accusato i “casseurs di Castaner” (cioè dei provocatori) di aver vandalizzato l’Arco di Trionfo il 1° dicembre, un assalto a un simbolo che ha fatto il giro del mondo. Dall’Eliseo, è uscito solo un appello alla calma. “Il presidente è lucido sul contesto e sulla situazione”, afferma il presidente dell’Assemblea nazionale, Ferrand, “aspetta a parlare per non mettere olio sul fuoco” perché la collera è rivolta prima di tutto contro di lui, la sua persona, quello che rappresenta, il suo modo di rivolgersi ai cittadini, considerato arrogante. Emmanuel Macron dovrebbe parlare ai francesi “all’inizio della prossima settimana”. Ma la giornata di oggi potrebbe segnare una svolta decisiva per la presidenza. Un deputato della République an Marche del Pas-de-Calais ha ricevuto una pallottola per posta, con un biglietto: “la prossima volta la riceverai in mezzo agli occhi”. Molti sono stati minacciati. Hanno paura. La parte “moderata” dei gilet ha chiesto di non venire a Parigi. Alcuni sono stati ricevuti ieri dal primo ministro, Edouard Philippe. La sindaca di Parigi, Anne Hodalgo, chiede ai gilet di “prendere cura di Parigi”.
Il governo ha lanciato un appello alla calma. I sindacati, che si sono riuniti giovedi’, hanno ottemperato. Ieri sono stati ricevuti dalla ministra del Lavoro, Nicole Penicault (non c’era la Cgt), perché bisognerà aprire una lunga discussione sui salari, sul carovita, sul potere d’acquisto, sui diritti. Ma anche i sindacati hanno problemi di credibilità. Le persone, “a forza di incassare, esplodono” afferma Philippe Martinez della Cgt, che accusa il governo di “giocare con il fuoco”, mentre ritiene che la convergenza delle lotte con i gilet gialli non sia possibile “a livello nazionale”, anche perché “tra loro c’è gente infrequentabile”. La France Insoumise rifiuta l’appello alla calma, “la Francia è entrata in una rivolta generale contro l’ordine ingiusto”, afferma il leader Jean-Luc Mélenchon. Marine Le Pen trova patetico l’appello del governo. Un suo consigliere, Jean Messiha, afferma che chiedere di “fermare la violenza da parte del potere è legittimo solo quando metterà fine alle violenze economiche,  sociali e fiscali e smetterà di detestare la Francia e il suo popolo”. La destra di governo, invece, cambia rotta. Dopo l’assalto e l’incendio alla Prefettura di Puy-en-Velay, dove è stato a lungo sindaco, Laurent Wauquiez, leader dei Républicains e presidente della regione Rhône-Alpes-Auvergne (la cui sede ieri è stata occupata a Lione da gilet gialli), ha voltato le spalle al movimento, che sosteneva fino a quando era anti-tasse, ma che adesso lo preoccupa con le richieste di tipo sociale. Macron crolla nei sondaggi, ma nessuno nell’opposizione sale.