giovedì 27 dicembre 2018

il manifesto 27.12.18
L’attacco in Siria avvia la campagna elettorale di Netanyahu
Israele/Siria/Iran. Con il paese che andrà alle urne 9 aprile, il premier israeliano riprende gli attacchi contro Bashar Assad. Anche per confermare che il ritiro dei soldati Usa dalla Siria e le critiche della Russia non cambiano i piani di Israele contro Tehran e Damasco. Approvate altre 2.200 case per i coloni.
di Michele Giorgio


L’attacco aereo israeliano del 25 dicembre in Siria, contro presunti obiettivi iraniani, è stato il più violento da molte settimane a questa parte. E oltre a prendere di mira bersagli militari, commentava ieri il quotidiano Haaretz, ha mandato un messaggio molto chiaro: l’uscita dei soldati Usa dalla Siria annunciato da Donald Trump e la tensione tra Mosca e Tel Aviv per l’abbattimento qualche mese fa di un aereo russo da trasporto diretto in Siria, non hanno modificato in alcun modo i piani di Israele contro Tehran e Damasco. Tensione con la Russia che in queste ore è di nuovo salita a causa dei bombardamenti di due giorni fa a ovest e a sud di Damasco. Il ministero della difesa russa ha accusato gli aerei israeliani di aver posto in serio pericolo due voli commerciali che stavano atterrando negli aeroporti della capitale siriana e in quello di Beirut, tanto da spingere le autorità locali a deviare il traffico aereo sopra Damasco. A fine estate un aereo da trasporto russo in fase di atterraggio fu abbattuto dalla contraerea siriana e tutti e 15 agli avieri a bordo rimasero uccisi. Mosca accusò Israele poiché i cacciabombardieri con la stella di Davide usarono il velivolo russo come schermo in modo da sottrarsi ai razzi lanciati dai siriani.
Sui social i siriani hanno sottolineato che il raid israeliano è scattato mentre migliaia di persone nelle strade di Damasco e del resto del paese celebravano il Natale per la prima volta dal 2011 in un clima di relativa tranquillità. Avere dati precisi sugli obiettivi colpiti e gli effetti della risposta siriana come sempre in questi casi è quasi impossibile. Israele non ha confermato l’attacco. Un ministro, quello dell’energia Yuval Steinitz, si è limitato ad affermare che è stata un’operazione di intelligence ben riuscita. L’esperto di questioni militari Amos Yadlin invece ha smentito quanto riferito da Newsweek sulla morte nel bombardamento di alcuni comandanti del movimento sciita libanese Hezbollah, alleato della Siria. Secondo fonti siriane non ufficiali i missili israeliani avrebbero colpito depositi di missili Fajar iraniani e di armi. I russi affermano che i siriani sarebbero riusciti ad intercettare gran parte dei attacchi israeliani. Tel Aviv invece ha abbattuto un missile antiaereo siriano diretto verso il territorio israeliano. Foto pubblicate sui social hanno mostrano l’esplosione del missile colpito da un Patriot sparato da una postazione nei pressi di Hadera.
Di certo c’è solo che il premier israeliano Netanyahu con l’attacco della sera del giorno di Natale di fatto ha avviato la sua campagna per il voto anticipato del 9 aprile deciso dai partiti della sua coalizione di estrema destra e ufficializzato con l’approvazione della legge per lo scioglimento della Knesset. «Non possiamo accettare che l’Iran getti in Siria le basi di attacchi diretti contro di noi. Operiamo contro l’Iran con determinazione ed in continuità, anche in questi giorni», ha proclamato ieri Netanyahu, che è anche ministro della difesa, in un discorso pronunciato in una base dell’aviazione. Quindi ha ribadito che «La decisione del presidente Trump di far uscire dalla Siria i soldati americani non cambia la nostra politica. Siamo determinati a difendere le ‘linee rosse’ che abbiamo stabilito in Siria e altrove». Netanyahu infine ha riaffermato la determinazione nel voler distruggere i tunnel scavati da Hezbollah sotto il confine tra Israele e Libano. Una quinta galleria è stata scoperta proprio ieri. La campagna elettorale di Netanyahu non può non prevedere un ulteriore sviluppo della colonizzazione dei territori occupati palestinesi. Israele ha approvato i progetti per la costruzione di altri 2.200 alloggi per coloni in Cisgiordania.