il manifesto 23.12.18
Bibbia, mappe del mondo e mirabilia: gi animali della Frugoni
Iconografia,
strenne. Dalla Genesi a San Francesco: in Uomini e animali nel
Medioevo, per il Mulino, Chiara Frugoni attraversa una fitta rete di
immagini e testi alla scoperta dell’ideale (perduta) armonia degli
esseri viventi
di Francesco Stella
Nel romanzo Baudolino
del 2000 Umberto Eco immagina che il protagonista, giunto ai confini del
leggendario Regno del Prete Gianni, uno stato «ideale» collocato in un
Oriente estremo e indefinito ma non immaginario, assista a guerre
combattute da specie umane mostruose (nel senso latino di «prodigiose»),
come gli sciapodi, uomini a gamba unica con piedone utile a proteggersi
dal sole facendo ombra (skia in greco), e per questo capaci di una
corsa velocissima, o i blemmi, esseri con la testa nel torace simili
agli Spongibob dei cartoni animati. Queste razze abitavano regioni della
terra poco conosciute e perciò suscettibili di ospitare uomini e
animali fuori dagli standard europei. Per la sua narrazione Eco
attingeva a quelle raccolte di esotismi che erano i cataloghi di monstra
e i bestiari, descrizioni di animali (ma anche piante, herbaria, o
pietre, lapidaria) familiari o conosciuti solo da racconti di
viaggiatori o da fonti autorevoli come la Bibbia o la Storia naturale di
Plinio e i suoi derivati. Ma sempre e comunque reali, in quanto parte
della creazione voluta da Dio: come scriveva Agostino, la loro apparente
stranezza dipende dall’insufficienza della nostra conoscenza
scientifica e non da un difetto di attendibilità.
Negli ultimi anni
su questo genere letterario, grazie anche alla maggiore facilità sia di
reperire sia di stampare illustrazioni a colori del magico mondo
medievale, sono stati pubblicati anche in Italia saggi e raccolte di cui
«Alias» ha spesso dato conto: da Bestiari del Medioevo di Michel
Pastoureau (Einaudi 2012) all’imponente antologia di testi edita per
Giunti da Francesco Zambon pochi mesi fa. Sembrava perciò un’impresa
impossibile riparlarne trovando una chiave nuova. Ma il Medioevo è un
arsenale inesauribile e Uomini e animali nel Medioevo Storie fantastiche
e feroci (il Mulino «Grandi illustrati», pp. 387, con 235 immagini a
colori, euro 40,00) di Chiara Frugoni, storica di instancabile
generosità (di un anno fa il suo accattivante Vivere nel Medioevo),
riesce nell’impresa, pur ricorrendo in parte a materiali familiari agli
appassionati di immaginario medievale e ancor più accessibili da quando
portali web di straordinaria ricchezza come http://bestiary.ca/ mettono a
disposizione centinaia di immagini anche rare con relative
interpretazioni, spesso inedite a stampa.
La Frugoni, maestra della
ricerca sul rapporto immagine/testo, sceglie sostanzialmente tre chiavi,
distribuite in cinque capitoli. La prima riguarda gli animali della
Bibbia, e in particolare quelli legati al loro primo apparire, nella
Genesi. Dei due racconti biblici sulla creazione, sensibilmente diversi
fra loro, il volume indaga con magistrale chiarezza le problematiche,
ponendosi domande che rendono questo moderno bestiario diverso dagli
altri: come comunicava Adamo con gli animali? E le bestie dell’Eden si
esprimevano in qualche modo? La risposta, che muove dalla lingua
pre-umana a quelle successive al peccato originale e alla torre di
Babele, si dipana navigando in scioltezza fra fonti teologiche e
capitelli romanici, documenti canonistici ed esplorazioni di opere
celebri e composite come il tappeto o arazzo di Girona (XII secolo),
sorta di sommario del mondo e delle sue figurazioni e scansioni
principali.
La capacità di guidarci in una rappresentazione complessa
si manifesta al massimo grado nel capitolo forse più nuovo del volume,
quello dedicato alle mappae mundi, raffigurazioni cartografiche che
ambivano a riassumere le conoscenze sulla Terra, da quelle
antropologiche a quelle zoologiche, geografiche, storiche, religiose,
offrendo allo spettatore quella vista dall’alto già immaginata da
Cicerone nel Somnium Scipionis così caro al Medioevo. In particolare è
illuminante il capitolo sulla Mappa custodita un tempo a Ebstorf in
Sassonia, distrutta durante la guerra ma ricostruita sulla base di
riproduzioni da una fotografia, poi perduta anch’essa, del 1888.
Composta da trenta pelli di capra e larga tre metri e mezzo, raffigurava
un globo equivalente al corpo di Cristo (di cui si vedono spuntare la
testa a nord, i piedi a sud, le braccia a est e ovest) e abitato da
centinaia di edifici e figure botaniche, zoologiche e umane distribuite
in coloratissimi territori separati da fiumi e montagne e circondati
dall’Oceano circolare: al margine di questa cintura vivono appunto
sciapodi, blemmi e le altre varietà umane a cui, dopo le enciclopedie di
Plinio e Isidoro, il Medioevo dedicò cataloghi specifici come il Liber
Monstrorum (VIII-IX secolo), qui non utilizzato. Frugoni ci accompagna
riquadro per riquadro lasciandoci scoprire le dyomede delle Isole
Tremiti, il serpente moas e lo iaculo, lo stellio e la cerasta, ma anche
i popoli «grifi» del nord Europa e i biondi albanesi, la Amazzoni e i
cannibali Massageti, i mille papaveri rossi cui re Dario paragonava la
moltitudine dei suoi guerrieri poi sterminati da Alessandro e i luoghi
d’Africa e d’Asia dove erano stati martirizzati gli apostoli. Questa
mappa, che molti studiosi hanno attribuito a Gervasio di Tilbury,
estensore a inizio Duecento di un atlante testuale di mirabilia tradotto
in italiano da Elisabetta Bartoli nel 2009 (Il libro delle meraviglie,
Pacini Editore), è diventata più comprensibile grazie alla prima
trascrizione dei testi che la circondano, dovuta nel 2007 a Hartmut
Kluger e collaboratori, e la Frugoni ci aiuta a farne tesoro
riportandone e traducendone i passi più interessanti.
Lo stesso
percorso avviene con la più ridotta Mappa di Hereford, conservata ancora
in originale, e col mirabile mosaico della cattedrale di Otranto, che
era stato oggetto fin dal ’68 di un celebre studio di Frugoni e Settis.
Anche qui solo grazie al ricorso ai bestiari si riesce a capire, ad
esempio, perché il grande albero di fico che regge il mondo e la storia
sia sostenuto da due elefanti, uno dei quali è aiutato da un elefantino
sottostante. Secondo il Physiologus, matrice di tutti i bestiari, gli
elefanti (qui Adamo ed Eva) dormivano appoggiandosi a un albero perché
non avevano articolazioni al ginocchio e, se l’albero veniva abbattuto
dai cacciatori, morivano prigionieri del proprio peso, a meno che un
cucciolo della stessa specie (simbolo di Cristo che salva l’umanità) non
li facesse risollevare con la proboscide.
Il segreto
dell’inesauribile fascino del Medioevo è appunto questa vertiginosa
pansemiosi del creato, celebrata da Eco nel suo Arte e bellezza
nell’estetica medievale, per la quale ogni essere, oggetto, personaggio,
episodio o fenomeno è sempre segno di altro e di altro ancora, una
macchina generativa che solo la cultura simbolista di fine Ottocento ha
saputo riprendere e sviluppare, sia pure su basi completamente diverse.
Il
volume si chiude sul tema degli animali pericolosi, che recupera un
oggetto privilegiato della ricerca di Frugoni: l’iconografia di san
Francesco. In questo caso fulcro dell’indagine è il celebre Fioretto sul
lupo di Gubbio, ammansito dal santo a patto che i paesani gli diano da
mangiare, «imperocché io so bene che per la fame tu hai fatto ogni
male», come efficacemente rappresentato nelle tavole del Sassetta ora
alla National Gallery: un giustificazionismo biologico (e, per
estensione, sociologico) del male che ancora oggi fa il suo effetto. Ci
illumina così, anche oltre l’eccezionalità individuale del poverello di
Assisi, sull’alterità di un modello culturale in cui, sia pure su un
piano più ideale che pratico, l’armonia degli esseri viventi, nella
riconquista di un adamitico linguaggio comune, è un segno di santità –
ancora poco esplorato – che attraversa il Millennio, da Antonio abate a
Mammes di Cesarea agli eremiti irlandesi o a sant’Eustachio fino appunto
all’Umbria francescana.