il manifesto 21.12.18
Avvenire contro Salvini: restituisca lui i soldi
Botta e risposta tra il vicepremier e il direttore del quotidiano della Cei
di Massimo Franchi
Trasformare
in «giornale comunista» Famiglia Cristiana e in «potente giornalone»
Avvenire sono espedienti che solo un Salvini in difficoltà per aver
totalmente cambiato idea sui fondi per l’editoria poteva escogitare. Il
primo lo aveva lanciato qualche giorno fa, il secondo lo ha tentato ieri
mattina, ma è stato prontamente stoppato dal direttore del giornale
della Comunità episcopale italiana Marco Tarquinio.
Il vicepremier
leghista ha tirato in ballo il quotidiano della Cei a Radio Anch’io su
Radio Uno dicendo: «Avvenire, il giornale dei vescovi, prende 6 milioni
di contributi pubblici dai cittadini italiani: penso che una parte di
quei soldi possano essere spesi per chi è davvero in difficoltà». La
replica ai microfoni del Gr1 del direttore Tarquinio è stata
ineccepibile: «C’è qualche politico che ieri come oggi non sopporta che
ci sia una libera stampa in questo paese. Un ministro dell’Interno così
sollecito nei confronti delle persone in disagio economico potrebbe
magari dare il buon esempio cominciando con la restituzione immediata
dei 49 milioni di euro» che invece la Lega restituirà in comode rate in
76 anni, quando gran parte dei quotidiani a cui sarà azzerato il fondo
del pluralismo in soli 3 anni saranno morti da tempo.
Salvini è
riuscito anche a raddoppiare l’entità del contributo attuale del fondo
per il pluralismo. «Nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti,
penso che 130 milioni di euro (in realtà sono meno di 60, ndr) che i
cittadini italiani, che faticano a tirare a fine mese, danno ogni anno a
giornali che a volte vendono qualche migliaio di copie» siano troppi.
La
verità ormai risaputa è che la Lega – fino a giorni fa strenuo
difensore dei giornali locali in primis con il responsabile di partito
Alessandro Morelli, ora silente – ha chiuso un accordo politico con il
M5s. Lo scambio è chiaro: il Terzo Valico non sarà bloccato ma il fondo
per il pluralismo dell’editoria sarà azzerato.
A rivendicarlo come
un successo del Movimento – e a favorire la
Casaleggio&Associati che ha imposto il suo diktat anche contro
ogni piccola modifica come la richiesta di posticipare il taglio al 2020
– è stato l’altro vicepremier Luigi Di Maio. «Taglio fondi
all’editoria, fatto», ha detto in un video su Facebook, ricordando «il
Vaffa day del 25 aprile 2008: in piazza per chiedere l’indipendenza
della stampa, della funzione sociale importante della stampa e
dell’editoria, togliendogli i soldi pubblici in modo che una testata non
debba dipendere dall’emendamento di governo», è la bizzarra
motivazione, visto che il fondo rimarrà e la riforma Lotti rendeva il
finanziamento strutturale e trasparente, seppur a sua volta tagliato.
Fra
chi perderà tutto il finanziamento già dal primo gennaio – proprio a
causa della riforma Lotti che cancella i fondi ai giornali di partito e
dei sindacati – è Conquiste del lavoro, quotidiano del sindacato Cisl.
Diventata formalmente cooperativa indipendente qualche anno fa,
Conquiste del lavoro è fatta di 10 giornalisti più amministrativi e
grafici. Per loro è già partito il contratto di solidarietà.