il manifesto 1.12.18
Messico, il primo banco di prova per Amlo
sarà la carovana dei migranti Il primo atto da presidente potrebbe
essere la redazione di una “nuova costituzione morale” concordata con la
popolazione, una sorta di binario politicamente (anche se non
legalmente) vincolante per il governo che sta per nascere
di Roberto Zanini
Il
giorno è arrivato, Andres Manuel Lopez Obrador assume oggi l’incarico
di presidente del Messico. Dopo due elezioni letteralmente scippate, al
terzo tentativo il leader di Morena (Movimento di rigenerazione
nazionale) ha vinto e pronuncerà oggi la “protesta” – curioso
messicanismo che vale promettere, giurare, ma senza il minimo
significato religioso, eredità anticlericale dei rivoluzionari
vittoriosi di inizio Novecento. Per arrivare alla residenza
presidenziale di Los Pinos – che non userà come ufficio – Obrador ha
dovuto battere molti primati: il più votato, nelle elezioni più
partecipate, il solo esplicitamente di sinistra…
La promessa di
Amlo è quella di cambiare radicalmente il Messico, lotta alla povertà e
guerra alla corruzione sono le frecce principali nell’arco del
neopresidente. Populista, è l’accusa consueta. Certamente la rabbia
diffusa verso un potere sfacciato e profondamente inquinato ha giocato a
suo favore. Quanto il vento possa cambiare, si potrà forse valutare da
subito, con quella carovana dei migranti da giorni arenata a Tijuana,
dove alcune donne hanno iniziato uno sciopero della fame.
Da
presidente in pectore, Obrador aveva lasciato la patata bollente al
condiscenente Peña Nieto, da oggi non potrà più permetterselo. L’ultimo
atto del suo predecessore è stata la firma del trattato commerciale tra
Messico, Stati uniti e Canada che sostituisce il Nafta, entrato in
vigore in quel drammatico 1994 che vide il crollo del peso messicano, il
dilagare di una crisi economica mondiale e l’arrivo contemporaneo
dell’Esercito zapatista sulle montagne del Chiapas – solo il petrolio
nazionalizzato negli anni Trenta salvò il paese dalla bancarotta, quello
stesso petrolio che oggi una legge del governo uscente ha reso di nuovo
privatizzabile, e sulla quale Obrador deve spendere le prime parole
ufficiali. Anche se il primo atto da presidente potrebbe essere la
redazione di una “nuova costituzione morale” concordata con la
popolazione, una sorta di binario politicamente (anche se non
legalmente) vincolante per il governo che sta per nascere.
E che
nasce con le prime difficoltà: lo scrittore Paco Taibo II rischia il
posto governativo di capo del Fondo de cultura economica (in pratica il
ramo del governo che finanzia la cultura) per aver criticato gli
avversari con un rotondo e goliardico “li abbiamo inchiappettati
doppiamente”. Il riferimento è al tentativo di tenerlo fuori dal governo
perché non messicano di nascita (è spagnolo, la famiglia fuggì per
scampare a Franco): dopo la vittoria, Obrador ha promesso una legge ad
hoc per imbarcarlo nell’esecutivo. Critiche di machismo e
anti-femminismo anche da sinistra, scuse dello scrittore, situazione
ancora sotto esame. Insomma, si comincia.