mercoledì 19 dicembre 2018

il manifesto 19.12.18
Ungheria, contro la «victatura» la protesta non si ferma
Il governo non cede. La riforma del lavoro porta in piazza, ormai da giorni, studenti, sindacati, opposizione (e perfino qualcuno di Jobbik): «Abbiamo conosciuto il regime, ora ci stiamo riavvicinando a quella realtà»
di Massimo Congiu


BUDAPEST Per gli orbaniani, i manifestanti che da giorni protestano contro il governo e la sua riforma del lavoro non sono altro che provocatori ispirati da George Soros. Provocatori e vandali che hanno come unico scopo quello di far danni e turbare la quiete pubblica. Gli interessati rispondono che c’è poco da stare quieti con quello che succede nel paese da quando Viktor Orbán è al potere. I sostenitori di questa lunga protesta non sembrano voler lasciare la presa ed esprimono apertamente un malcontento covato a lungo e oggi sfociato in iniziative di piazza che vogliono farla finita con questo governo.
STUDENTI, LAVORATORI ed esponenti del mondo sindacale sono stati gli iniziatori di queste dimostrazioni caratterizzate anche dalla presenza di alcune sigle dell’opposizione e di alcuni deputati che lunedì mattina sono stati sbattuti fuori a forza dalla sede della tv pubblica. Volevano trasmettere le cinque rivendicazioni dei manifestanti; esse riguardano la cancellazione degli straordinari, la libertà di stampa, e la richiesta di una netta marcia indietro del governo rispetto alla legge che prevede l’istituzione di tribunali speciali presieduti da giudici fedeli all’esecutivo. Si tratta di corti destinate a giudicare i reati contro lo Stato. Un altro punto contiene la richiesta di adesione del paese alla Procura europea.
Il governo non vuole cedere, così pure quei dimostranti che parlano di victatura. «Quando la dittatura è un dato di fatto è necessaria la rivoluzione», si leggeva su un cartello comparso alla manifestazione di sindacati e lavoratori. C’è insomma una parte di paese che esprime un chiaro dissenso e va precisato che da un po’ di tempo non si assisteva da queste parti a una mobilitazione quotidiana.
C’è chi, pur condividendo la protesta fa notare che i suoi sostenitori non hanno un programma preciso, in compenso li accomuna la voglia di voltar pagina e vivere in un paese diverso. «In un paese democratico legato ai valori europei», dicono gli universitari. Molti qui hanno la sensazione che, con la legge sugli straordinari, si sia arrivati alla classica goccia che fa traboccare il vaso. Così hanno fatto impressione le immagini dei deputati dell’opposizione cacciati dalla tv con maniere forti, quelle dei buttafuori. Loro, i deputati, hanno promesso battaglia legale in quanto sottolineano il fatto che, per il loro status, nessuno può mandarli via dalle sedi di istituzioni pubbliche.
ATTORI NOTI in Ungheria come Róbert Koltai e un’attrice conosciuta anche all’estero, come Mária Törocsik hanno criticato in modo netto il governo. Un messaggio chiaro il loro: «Abbiamo conosciuto il regime, ora ci stiamo riavvicinando a quella realtà». Le nuove disposizioni governative e le manifestazioni con tanto di feriti e fermati, hanno riportato l’Ungheria sotto i riflettori, complice il fatto che la Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa, ha bocciato la legge che sanziona l’aiuto ai migranti e istituisce un’imposta del 25% sul finanziamento delle Ong dall’estero. La Commissione sostiene che questa legge limita la libertà di associazione e quelle sancite in ambito europeo per la tutela dei diritti umani. «Protesteremo contro questa decisione che è politica e non giuridica», la risposta giunta dall’ufficio del primo ministro. C’è, insomma, un certo fermento in questo paese diviso dall’azione di governo di Orbán; perfino rappresentanze di Jobbik (partito della destra populista) hanno partecipato alle proteste.
Intanto, nel momento in cui scriviamo, un gruppo di persone manifesta davanti alla tv e altre contestazioni si verificano fuori Budapest. Si attendono aggiornamenti sulle prossime iniziative.