il manifesto 18.12.18
L’Avvenire di Marx e di Radio Radicale
di Alberto Leiss
A
quanto pare prima di Lenin e di Gramsci (la definizione, com’è noto, è
sua) la «rivoluzione contro il Capitale» l’aveva fatta – o quantomeno
prevista – lo stesso Marx, che negli ultimi anni della sua febbrile
ricerca si poneva molti interrogativi sulla realtà secondo cui il modo
di produzione capitalistico si sarebbe esteso alle aree del mondo
distanti dall’epicentro occidentale – l’Inghilterra – della rivoluzione
industriale. L’ ho ascoltato da Marcello Musto – autore di una nuova
biografia dell’autore del Capitale, edita da Einaudi – al convegno «200
Marx.
Il futuro di Karl», tenuto al Macro di Roma, per iniziativa
di associazioni e fondazioni italiane e europee, e della rivista Critica
Marxista.
In alcune lettere destinate alla rivoluzionaria russa
Vera Zasulic, Marx respingeva l’idea che l’avvicendarsi dei modelli di
società, dallo schiavismo, al feudalesimo, al capitalismo e quindi al
socialismo, dovesse intendersi come una linea evolutiva meccanicamente
stabilita, e non escludeva che formazioni sociali comunitarie proprie di
civiltà precapitalistiche potessero rivivere e anzi arricchire la
realizzazione del socialismo e del comunismo.
Insomma, coerente al
suo non considerarsi «marxista», Karl era attento al concreto divenire
storico e ai risultati delle ricerche scientifiche del suo tempo.
A
leggerlo bene, si trovano già nelle sue domande gli anticorpi necessari
a evitare letture deterministiche e dogmatiche che hanno falsato
tragicamente il suo pensiero.
La rinascita di interesse per Marx,
indotta dalla crisi capitalistica esplosa nel 2008, si accompagna a
questo tipo di letture liberatorie. Per Marina Montanelli, giovane
filosofa e curatrice di una riedizione del Manifesto del partito
comunista, oltre che impegnata nel movimento femminista Non una di meno,
Marx resta vivo proprio perché ci autorizza a «profanarlo», nel senso
letterale (profano, dal latino pro: presso, vicino e fanum: tempio,
recinto sacro) cioè a riportarlo tra noi fuori dal tempio, alla larga da
ogni irrigidimento ideologico o di tipo «religioso». Ma vedo che sto
scrivendo troppo sul vecchio di Treviri.
Volevo solo farne uno
spunto per parlare di un’altra cosa, tuttavia non estranea alla ricerca
di libertà che anche una corretta rilettura di Marx sostiene. Chi vuole
approfondire il convegno (tre giornate di dibattito) che ho citato, può
trovarne la registrazione integrale sul sito di Radio Radicale. Dove
esiste forse il più ricco archivio facilmente consultabile della storia
politica, culturale e istituzionale di questo paese.
Ora i
gerarchetti del governo «del cambiamento» intendono tagliare i
contributi pubblici per il pluralismo dell’editoria, cosa che creerebbe
difficoltà insormontabili non solo a Radio Radicale, ma a tantissime
altre esperienze importanti, tra cui quella di quotidiani come il
manifesto e il cattolico Avvenire. A parte l’altalena quotidiana tra
neostatalismo e neoliberismo degli attuali governanti, c’è da registrare
l’ultima perla (nera) dell’ineffabile Salvini, indirizzata a Avvenire:
le testate che vogliono scrivere «cose strane» (sic!) – ha dichiarato –
si trovino lettori «nel mercato».
Cose tipo questa (in un commento
di Maurizio Ambrosini dopo la sentenza sui bambini stranieri
discriminati a Lodi): «…brandire slogan come “prima gli italiani” è un
inganno a danno dei cittadini-elettori. La politica che sfrutta il
rancore e alimenta contrapposizioni sociali, anche prescindendo da
valutazioni di natura etica, di fatto promette misure semplicemente
impossibili da attuare secondo l’ordinamento vigente». Strano, ma
vero.La protesta contro i tagli all’editoria: «Una ritorsione del
governo»
Legge di bilancio. Oggi alle 10 la protesta del sindacato
dei giornalisti (Fnsi) a piazza Montecitorio. L’emendamento Patuanelli
(M5S) mette a rischio mille posti di lavoro diretti, 10 mila negli
indotti. Una rappresaglia contro la stampa che conduce battaglie
politiche a cominciare dall’antirazzismo
Johnny Depp per Il Manifesto