Il Fatto 18.12.18
Calano i preti in tv, ma solo per tacere gli scandali vaticani
Monitoraggio
2016-2017 - Cala la presenza del papa, si riducono gli ospiti religiosi
nei talk show per non parlare di pedofilia e clero
di Enzo Marzo
Siamo
di fronte a una grande, apparente, contraddizione. Da una parte, già
nel periodo settembre 2016-agosto 2107 monitorato da queste nostre
ricerche sulle confessioni religiose e la Tv pubblica e privata, è molto
visibile l’inizio del declino di papa Francesco e soprattutto un
bilancio non positivo del suo papato; dall’altra, si constata che le
notizie di cronaca che hanno screditato non poco il Vaticano per le sue
lotte interne, i processi contro giornalisti investigatori e le
polemiche sulla pedofilia hanno costretto le Tv a variegare la
comunicazione secondo la sua tipologia.
Già anni fa avevamo fatto
notare che il servilismo dei media televisivi non sempre si esprime in
termini soltanto quantitativi (aumentare sempre più la presenza del
Vaticano nelle reti), ma anche con silenzi significativi. L’anno preso
in considerazione in quest’ultima ricerca dimostra la verità della
nostra ipotesi.
Nel penultimo rapporto, abbiamo sottolineato che
le Tv davvero stavano esagerando. Le percentuali in tutte le reti erano
diventate bulgare fino all’eccesso. E la discriminazione nei confronti
delle altre confessioni era addirittura scandalosa. Si doveva segnalare
in certi rilevamenti perfino il raddoppio dei dati da un anno all’altro.
In quest’ultimo rapporto, invece, la comunicazione clericale è
costretta a tornare selettiva: in tutte le trasmissioni, chiamiamole
“propagandistiche”, i dati rimangono altissimi e anche superiori
all’anno precedente, invece nei telegiornali e nelle trasmissioni di
approfondimento, dove si dovrebbero dare notizie e discuterle, c’è stato
un brusco arresto o un calo sensibile. Per forza, dato che le notizie
erano per la maggior parte molto sgradite alla gerarchia. Dimostrazione
che il servilismo si dimostra anche censurandosi. Ugualmente le
confessioni minori hanno continuato a essere fortemente penalizzate,
fino all’obbrobrio del trattamento riservato agli evangelici e ai
musulmani, stazionari allo zero virgola.
Siamo convinti che nel
prossimo rapporto (stagione 2017-2108) questa tendenza sarà accentuata.
Perché ci andiamo ad avvicinare a quest’ultimo anno orribile per
Francesco. Lui ha accentuato i toni, ha viaggiato in Paesi problematici,
ma non è riuscito a controbilanciare la netta sensazione che non
bastano le parole, anzi diventano ridicole e paradossalmente danno anzi
ancora più visibilità allo scontro furioso e pubblico tra le gerarchie
ecclesiastiche sia al sostanziale immobilismo di fronte alle riforme
annunciate o ventilate ma nella sostanza inevase. Con alcune incursioni
addirittura da chiesa superconservatrice. Nulla sull’assetto
finanziario, nulla sui privilegi pretesi in ogni occasione e quindi
nulla sulla libertà religiosa, nulla sul maschilismo interno, nulla – se
non palliativi – sulle cause della pedofilia degli ecclesiastici,
fallimento della promessa di decentramento dei poteri di uno degli
ultimi sovrani totalitari esistenti. Francesco passerà alla storia come
un ottimo comunicatore, bravissimo a truccare la realtà ma non a
modificarla. Nessuna vera riforma prenderà il suo nome.
La
comunicazione televisiva asseconda e blandisce il papa comunicatore ed è
reticente sui veri problemi della Chiesa cattolica. Dimostra d’essere
assolutamente ignara del ruolo giornalistico. La sua parola d’ordine è
“sostenere contro ogni realtà ciò che dice la velina della sala stampa
vaticana”.
Scendiamo più nei particolari. La tesi della censura (o
quasi) sulle notizie e sulle discussioni dei problemi che travagliano
questa fase del papato è dimostrata dal fatto che nelle trasmissioni di
approfondimento giornalistico e nei telegiornali, sia pubblici sia
privati, la presenza della chiesa cattolica ha cominciato a discendere.
Con l’unica, vistosa eccezione del Tg1 che nell’anno precedente aveva
raggiunto il record del 98,23%, lasciando alle altre confessioni
percentuali da prefisso telefonico (particolarmente scandalosa è la
faziosità contro la religione musulmana. I musulmani sono presenti solo
nella cronaca nera). Pensavamo che il Tg1 non potesse superare se stesso
in faziosità, ma invece ce l’ha fatta e è riuscito a guadagnare un
ulteriore 0,70%, (da 98,23% a 98,93), confermando che tutto sommato
preferisce una grezza quantità (soprattutto nei tempi di parola concessi
direttamente a esponenti del Vaticano – aumento da 93,76% al 96,23 % – a
un servilismo più intelligente. Infatti tutti gli altri telegiornali
hanno percentuali calanti. In particolare i Tg di Mediaset.
Lo
stesso trend si riscontra nelle trasmissioni di approfondimento
giornalistico. Con tutti gli scandali che ci furono in quei dodici mesi,
i giornalisti televisivi, noti per il loro conformismo, hanno preferito
lasciar stare. Da qui un vero e proprio crollo. Le presenze di soggetti
confessionali nel complesso delle trasmissioni (le principali) prese in
considerazione sono passate da 616 a 244: Porta a Porta da 48 a 19, Uno
mattina da 178 a 64, Agorà da 169 a 94, Omnibus da 44 a 20. La tendenza
non conosce eccezioni. C’è da vergognarsene.
Se dare notizie in
tempi burrascosi è imprudente, al contrario occorre rafforzare
l’apparato propagandistico. Così continua l’“esagerazione” già
denunciata lo scorso anno. E allora giù con le fiction, le cerimonie, i
film, i documentari d’argomento religioso o con protagonisti
confessionali. Basti segnalare che se nel 2010 dalle sette reti
principali furono trasmesse fiction per 61 ore e 54 minuti, nell’ultima
rilevazione siamo passati a 900 ore e 25 minuti. Ovviamente la chiesa
cattolica si accaparra il 97,11% del totale, i protestanti hanno lo
0,32%.
Le cifre sono molte e le trovate in dettaglio qui di
seguito. Sottolineiamo soltanto un’ultima notizia: la presenza
televisiva di papa Francesco è in calo rispetto all’anno precedente,
anche se in confronto a Benedetto XVI è presente in percentuale 3-4
volte di più.