il manifesto 15.12.18
Dentro il laboratorio italiano del nazionalpopulismo
Nuove
destre. La prima grande sollevazione del ceto medio del XXI secolo e
l’ondata razzista che la sta accompagnando nelle inchieste di Ezio Mauro
"L'uomo bianco" (Feltrinelli) e Maurizio Molinari "Perché è successo
qui"
di Guido Caldiron
Lungamente considerata, e
a ragione, alla stregua di un vero e proprio laboratorio politico e
sociale delle sinistre, l’Italia sembra aver assunto negli ultimi
decenni un ruolo per certi versi analogo ma, questa volta nel campo di
quelle che possono essere definite con una qualche approssimazione come
«nuove destre». Prima la lunga stagione del berlusconismo e della
«destra plurale», quindi quella dominata dall’attuale alleanza di due
«populismi», certo diversi ma per molti versi complementari e, in ogni
caso, in grado di costituire insieme un’offerta politica a tutto campo
della quale, ben al di là delle sorti dell’odierno esecutivo, è facile
immaginare ulteriori e inediti sviluppi.
PROPRIO QUESTA
PECULIARITÀ della situazione del nostro paese, più volte anticipatrice
però di dinamiche poi affermatesi anche nel resto d’Europa, è al centro
delle recenti inchieste di due affermati giornalisti quali l’ex
direttore di Repubblica, Ezio Mauro, e Maurizio Molinari, alla guida
della Stampa dal 2016, autori, rispettivamente di L’uomo bianco
(Feltrinelli, pp. 140, euro 15) e Perché è successo qui (La nave di
Teseo, pp. 124, euro 17). Opere che, seppur con accenti tra loro
differenti, individuano l’emergenza di lungo corso che caratterizza la
realtà nazionale, soffermandosi via via in modo più approfondito
sull’ulteriore accelerazione che ha conosciuto di recente, fino a
comporre un quadro composito di questa lenta e apparentemente
inarrestabile deriva.
Per Molinari si tratta soprattutto di
tradurre la crisi attuale in termini di prospettiva politica,
individuando in particolare il ruolo che il «laboratorio italiano» potrà
giocare in vista delle elezioni europee del prossimo anno, quando
l’annunciata crescita dei sovranisti e delle nuove destre potrebbe
cambiare, ma in peggio, il volto dell’Europa. «In questo scenario –
suggerisce Molinari -, i populisti italiani, grazie al forte sostegno di
cui dispongono in patria, potrebbero avere un ruolo strategico nel
definire i nuovi assetti ed equilibri dell’Ue».
Sul fondo, a
creare le condizioni favorevoli all’affermazione dei gialloverdi, ci
sarebbe secondo Molinari «l’impatto che diseguaglianze, migrazioni e
corruzione hanno su una moltitudine di cittadini». Questioni di tale
portata, da affrontare a suo giudizio con «nuove idee» rispetto alla
lezione del Novecento, che fanno ritenere «il populismo italiano»
tutt’altro che «un fattore passeggero, una circostanza occasionale»,
all’interno di quella che si delinea, in questo caso anche a livello
internazionale, come «la prima grande sollevazione del ceto medio del
XXI secolo».
IN MODO ANCOR PIÙ PUNTUALE, Ezio Mauro legge
l’insieme dei processi in corso alla luce della violenta ondata di
razzismo che attraversa la società italiana, intrecciando l’analisi più
generale delle trasformazioni in atto con la cronaca minuta di una
tragica vicenda che ne racchiude alcuni degli aspetti più sinistri: la
tentata strage razzista compiuta da Luca Traini per le strade di
Macerata il 3 febbraio di quest’anno.
La «caccia al nero» da parte
di questo giovane «lupo» di provincia imbevuto di odio razziale e
frequentatore di un milieu estremista che va dai neofascisti alla Lega,
diventa così il simbolo di un paese dove la spinta delle discriminazioni
veicolate in sede istituzionale si coniuga con le peggiori pulsioni
violente che crescono nel risentimento sociale diffuso.
LA GUERRA
QUOTIDIANA condotta contro i «corpi neri», diventa così la cifra di
quella ridefinizione della «normalità italiana» all’insegna del
risveglio dei «forgotten man», i tanti piccoli bianchi che dentro la
crisi, sociale e di senso di questi anni, hanno maturato la convinzione
che qualcuno «dopo avergli conteso il presente, gli ha sottratto il
futuro, ed è qualcosa che non possono perdonare».
SALTATO, ALMENO
IN LARGA PARTE, il compromesso sociale che è stato fin qui alla base
della democrazia stessa, sembra così farsi largo, grazie ad «una
condizione comune di spaesamento, di frustrazione, persino di invidia
sociale», una sorta di «fascismo disorganico, sciolto, quasi naturale»,
che si nutre dell’enfasi posta su ogni sorta di paura e di rancore.
L’idra a due teste del populismo italiano di governo evoca da un lato
«terra, sangue, confini» e dall’altro «un altrove, un habitat
incontaminato e chiuso in sé», dove la debolezza della politica è facile
preda dei leader carismatici. «I due immaginari separati e distinti
compongono (così) un mondo, l’antisistema, dove l’unica moneta è
l’antipolitica e dove il nemico comune è il meccanismo democratico
europeo».