il manifesto 14.12.18
Ungheria in piazza contro la nuova «legge schiavitù»
Visegrad.
Voluta dal premier Orbán alza fino a 400 le ore di straordinario annue.
I sindacati: «Un regalo alle aziende tedesche dell’auto»
di Massimo Congiu
BUDAPEST
«Orbán vai via», grida un giovane guardato a vista dalla polizia.
«Dimissioni», gli fa eco un uomo accanto a lui. Per il secondo giorno
consecutivo gli ungheresi sono tornati a riempire le strade di Budapest.
Lavoratori e studenti uniti per chiedere libertà nel lavoro e libertà
accademica. A muoverli è l’approvazione avvenuta mercoledì della legge
sugli straordinari con 130 voti a favore, 52 quelli contrari, delle
modifiche al Codice del Lavoro che portano il tetto degli straordinari a
400 ore annue. L’opposizione si è impegnata fino alla fine per bloccare
il voto nell’aula parlamentare, fuori i sindacati manifestavano dando
luogo a blocchi stradali per protesta contro una legge che definiscono
«schiavista».
DUE GIORNI fa le manifestazioni di dissenso davanti
al Parlamento sono durate a lungo, caratterizzate da frequenti tensioni
fra dimostranti e poliziotti schierati in tenuta antisommossa intorno
all’edificio dell’Assemblea nazionale. Ieri sono arrivati sul posto
numerosi studenti già impegnati, nelle scorse settimane, in una lunga
mobilitazione a favore della libertà di studio e di ricerca nelle
università e contro la chiusura della Ceu (l’università fondata da
George Soros) a Budapest. Sindacati e studenti hanno così solidarizzato e
fatto causa comune contro un governo che accusano di voler rendere
schiavi il mondo del lavoro e quello universitario.
Ieri anche i
partiti di opposizione sono scesi in piazza con le bandiere di Lmp,
Momentum, Párbeszéd Magyarországért (Dialogo per l’Ungheria) e anche di
Jobbik. Presente Bernadett Szél, candidata al ruolo di primo ministro
nelle file dell’Lmp e ora deputata indipendente al parlamento che accusa
il partito del premier di fregiarsi del merito di essere la sola forza
politica impegnata a fare il bene del paese. «Anche noi siamo ungheresi,
non solo Orbán, anche noi, non solo il partito Fidesz», – ha detto
rispondendo alle domande di militanti e giornalisti».
LA
MAGGIORANZA dei presenti è comunque costituita da lavoratori e studenti
che dal parlamento si sono mossi in corteo verso Buda, passando per il
ponte Margherita, seguiti da agenti in tenuta antisommossa. Una serata
fredda, riscaldata dall’entusiasmo dei manifestanti che sfilano portando
in prima fila uno striscione con su scritto «Studenti liberi,
lavoratori liberi». «Non saremo schiavi» e ancora «Orbán vai via» gli
slogan gridati all’unisono. A protestare giovani e meno giovani,
studentesse universitarie intente a far rimbombare il suono dei loro
tamburi e signore strette nei cappotti cappotto che hanno chiesto ai
poliziotti: «Cosa venite a fare?». Sì, perché la sera precedente gli
agenti con tanto di casco, manganello e spray urticante messo sovente in
azione, nei momenti più tesi, erano stati accusati di essere dalla
parte del potere. «La polizia ungherese è con loro», scandiva la folla
in un’aria che puzzava di lacrimogeni. Diversi manifestanti si erano
avvicinati ai poliziotti dicendo «siete lavoratori come noi, dovreste
capirci invece di difendere questo sistema».
A BUDAPEST è stato
così in queste ultime due sere: luci di Natale splendenti in modo
particolare nel centro cittadino e urla e fischi a piazza Kossuth e
dintorni contro il governo e la sua politica già così poco propensa al
dialogo sociale. La legge sugli straordinari è per il governo uno
strumento con cui fare gli interessi dell’economia ungherese.
L’esecutivo sostiene, insomma, la flessibilità del lavoro e la definisce
necessaria per venire incontro alle esigenze di imprenditori,
investitori e grandi aziende straniere. Tra queste ultime vi sono la
Opel, la Mercedes e l’Audi che concorrono in modo significativo alla
crescita economica del paese. Per i sindacati, in realtà, questa legge è
una risposta alla sempre più evidente carenza di manodopera in
Ungheria, problema dovuto all’emigrazione. Gli esperti fanno notare che,
negli ultimi anni, diverse centinaia di migliaia di lavoratori hanno
lasciato il paese per destinazioni migliori dal punto di vista delle
retribuzioni. Alcune fonti parlano addirittura di circa 600 mila persone
(il 16% degli occupati) espatriate seguendo un flusso iniziato nel 2009
e diretto soprattutto in Germania e Gran Bretagna. A questo va aggiunta
una tendenza demografica negativa che rende ancora più complicata la
situazione.
L’aumento degli straordinari comporterebbe una
settimana lavorativa di sei giorni o oltre dieci ore giornaliere per
cinque giorni. Gli straordinari sono facoltativi, almeno formalmente. Di
fatto i sindacalisti fanno notare che di questi tempi i lavoratori non
possono rifiutarsi di rispondere affermativamente alle richieste dei
datori di lavoro, soprattutto per paura di perdere il posto. In altre
parole, il sistema disegnato in questo modo dal governo viene visto dai
critici come ricattatorio. Contro di esso lavoratori e studenti
promettono una lunga mobilitazione e i sindacati non escludono di
arrivare nei prossimi giorni alla proclamazione di uno sciopero
generale. Proteste che, almeno in apparenza, non sembrano scalfire le
certezze del governo: «le manifestazion di piazza non ci indurranno a
ritirare la legge», ha spiegato ieri il ministro Gergely Gulyas, secondo
il quale tra i manifestanti ci sarebbero state persone vicine al
magnate americano George Soros.