il manifesto 11.12.18
«Roma», Netflix, il box office e la corsa agli Academy Awards
Cinema. Fa discutere la scelta della piattaforma streaming di non comunicare i dati sul botteghino
di Giovanna Branca
Non
solo in Italia il mistero sulle cifre del box office di Roma di Alfonso
Cuarón ha creato malumori: negli Stati Uniti la politica di Netflix –
che per scelta non comunica i dati sullo streaming dei suoi prodotti, e
in questo caso sugli incassi in sala – è uno degli ostacoli che si
frappone fra il film e la sua ormai chiacchieratissima corsa agli Oscar.
LA
SPERANZA del colosso dello streaming di vincere con Roma la sua prima
statuetta è dopotutto la ragione principale per cui Netflix ha
soprasseduto nella distribuzione del film di Cuarón su un’altra delle
sue regole ferree: l’uscita in contemporanea nei cinema e sulla
piattaforma.
A Hollywood però, ben più che in Italia o nel resto
del mondo, il box office ha un suo peso non da poco nell’assegnazione
dei premi. Non a caso la principale rivista dell’industria Usa,
«Variety», in una sua analisi sui favoriti della corsa agli Oscar
evidenzia come molti dei contenders di quest’anno non abbiano un box
office stellare – con l’eccezione di Black Panther, con un botteghino
vicino al miliardo e mezzo di dollari e che era stato indicato come il
film sul quale l’Academy aveva ritagliato la nuova categoria – poi
«rimangiata» per le troppe polemiche – dell’Oscar al film popolare. Ma
per quanto quest’anno sia inferiore alle aspettative il box office, il
gradimento del pubblico, è chiaramente uno degli aspetti su cui
l’industria ragiona – uno dei termini dell’equazione da cui poi vengono
tratte le somme e scelti i vincitori.
Ci sono insomma delle regole
secondo cui giocare la propria partita: eluderle non è necessariamente
una strategia vincente per chi deve venire giudicato dai propri stessi
colleghi – anche se la scalata di Roma agli Oscar è uscita rafforzata,
oltre che dalla nomination ai Golden Globe per la miglior regia e film
straniero, dal premio assegnato ieri dalla Film Critics Association di
Los Angeles come miglior film dell’anno.
Fra gli altri film dati
tra i favoriti c’è un altro titolo del concorso veneziano – che da
Gravity dello stesso Cuarón a La La Land di Chazelle si è accreditato
negli anni come il Festival dove debuttano i futuri premi Oscar: The
Favourite di Yorgos Lanthimos. O anche, come era stato l’anno scorso per
Get Out di Jordan Peele, vincitore del premio alla miglior
sceneggiatura, un altro horror che invece al box office è andato
benissimo (340 milioni) a partire dall’«economico» budget di 20 milioni
di dollari: A Quiet Place di John Krasinski.
MA QUESTO potrebbe
essere, e giustamente, l’anno di Spike Lee con il suo BlackKklansman,
che «redimerebbe» finalmente l’Academy per aver sinora snobbato il
grande regista americano.