il manifesto 11.12.18
La Nuova via della seta di Pechino attrae e spaventa l’Ue divisa
Cina
globale. Dopo Grecia e Ungheria di recente anche il Portogallo ha
firmato l’intesa con Pechino. L’Italia non ha una posizione chiara. Il
M5s spinge verso la Cina, la Lega è più critica
di Simone Pieranni
Il
Portogallo ha firmato un memorandum d’intesa con la Cina per quanto
riguarda il progetto di Nuova via della Seta, la rete di connessioni
commerciali e infrastrutture ideata da Pechino che dovrebbe toccare
oltre 60 paesi.
Prima di Lisbona questo tipo di accordo era stato
firmato dall’Ungheria, nel 2015 e più di recente, ad agosto di
quest’anno, dalla Grecia. Portogallo, Grecia, due paesi dell’area euro,
l’Ungheria, membro Ue.
TRE PAESI ACCOMUNATI da crisi economiche
che con diversa intensità hanno provocato scossoni politici, da cui sono
dipese le modalità con cui i tre stati sono usciti dalle sabbie mobili
finanziarie. Ma tutti e tre hanno scelto di aderire alla Nuova via della
Seta, nonostante lo scetticismo occidentale e delle potenze regionali,
Francia e Germania in primis.
In Cina la recente firma del
Portogallo, avvenuta il 7 dicembre, è stata salutata con entusiasmo: il
Portogallo è considerato il «primo paese dell’Europa occidentale» ad
accettare, di fatto, la nuova idea di globalizzazione cinese.
Nel
2016 al 54° convegno mondiale dell’economia mondiale, il governatore
della banca centrale ungherese, György Matolcsy, aveva detto che
Budapest è da sempre un «paese chiave» della via della Seta perché
collegata al Pireo e quindi in grado di permettere tratte commerciali
più economiche, rispetto al percorso italiano (dando per scontato dunque
che Genova e Venezia siano fuori dai giochi). Durante l’intervento
aveva sottolineato inoltre come la Banca d’Ungheria fosse stato il
secondo paese europeo a contrarre uno stretto accordo con la Banca
centrale cinese. Il primo paese a farlo era stato la Gran Bretagna. Le
nazioni con le quali la Cina ha raggiunto una prima forma di accordo
sono tutti uniti da una distanza dall’Ue – pur con diverse sfumature –
evidente. La stessa Londra, secondo partner europeo di Pechino, dalla
Brexit in avanti ha fatto immensi sforzi per attrarre i cinesi.
Analogamente, la vecchia Europa – che pare così critica nei confronti
della Cina – non è stata da meno: oltre a Theresa May, sia Merkel,
Macron, Conte, e il premier olandese si sono recati in Cina nei primi
sei mesi del 2018.
L’ACCORDO FIRMATO dal Portogallo, uno di
diciassette memorandum di cooperazione che, oltre a un nuovo Istituto
Confucio a Oporto, prevedono cooperazione soprattutto nel settore
scientifico, delle tecnologie e dello spazio, riguarda l’Europa e anche –
di conseguenza, l’Italia. L’opinione diffusa è infatti la seguente: 27
su 28 diplomatici di paesi Ue (esclusa guarda caso l’Ungheria) avevano
bocciato la Nuova via della Seta cinese, accusando Pechino di voler
minare l’unità dell’Unione.
In molte cancellerie si ritiene che
tanto la Cina, quanto la Russia, stiano scommettendo sulle elezioni del
maggio 2019, per vedere sfaldarsi l’Unione europea. Ma va altresì
chiarito che Pechino in realtà non sembra avere questo atteggiamento, né
tanto meno la speranza di un’Europa alla deriva politica. Innanzitutto
la Cina non ama i cambiamenti repentini e anzi teme le forzature; in
secondo luogo la Cina ha una concezione del tempo differente dalla
nostra: in questo momento la dirigenza cinese punta al 2049, centenario
della Repubblica popolare, per andare a verificare lo stato dell’arte
della Nuova via della Seta. Pechino ha tempo.
TERZO FATTORE: LA
CINA circonda, contiene ma non cerca uno scontro frontale. Il dinamismo
di Pechino con molti paesi europei orientali, concretizzato nel gruppo
«16+1», non esprime azioni volte a spezzare l’Ue, bensì a circondare il
cuore dell’Europa. Xi Jinping sa bene che la svolta arriverebbe con la
firma di un documento di intesa per la Nuova via della Seta con un paese
«storico», con una potenza regionale e centrale della Ue.
E tutto
fa pensare che Pechino abbia in mente proprio noi, l’Italia. Ma per
farlo non ha bisogno che l’Ue si disintegri: Xi sarà sicuramente attento
all’appuntamento elettorale di maggio per comprendere il terreno di
gioco, perché l’Europa ormai assomiglia a un campo di conquista dove le
tre potenze mondiali – Cina, Russia e Usa – cercheranno sbocchi e
affari, ma Pechino sta proseguendo sulla sua strada anche con l’Europa
unita, così come è adesso. La capacità di adattarsi alle circostanze
riscontrate è un’altra importante caratteristica strategica della Cina.
DA
TEMPO GIRA VOCE di una possibile firma di un memorandum sulla Nuova via
della Seta proprio da parte di Roma. A questo proposito, una volta
constatato come questi argomenti non risultino interessanti per i nostri
politici, perché presuppongono la necessità di studiare e comprendere
quale sarà il nostro futuro prossimo, bisogna registrare ancora una
volta la totale mancanza di chiarezza da parte di questo governo, per
niente «del cambiamento» in fatto di politica estera: l’Italia continua a
non avere una strategia diplomatica chiara, si barcamena tra rincorse e
rifugi sicuri atlantisti.
Un esempio della confusione che sembra
regnare a Roma è recente: mentre il ministero dello sviluppo economico
ha messo in piedi una task force sulla Cina, con viaggi di ministri e
sottosegretari, Salvini ha attaccato la Cina per le sue «politiche»
africane: siamo in una fase in cui dovremmo capire quale strada
intraprendere per affrontare al meglio questo mondo multipolare.
Gli
elementi suggeriscono che si dovrebbe insistere per fare sì che la
ragnatela europea diventi davvero un riparo dai guai internazionali e
un’opportunità, nonché il terreno di battaglie di natura sociale e
politica legata ai diritti del lavoro e dei migranti. Invece si procede a
spanne. E a sinistra non sembra andare meglio, anzi. Per una volta
grande è la confusione sotto al nostro cielo. E la situazione eccellente
pare essere di casa a Pechino.