Il Fatto 8.12.18
Profezia di Proust: “La Grande Guerra è feroce fantascienza”
Finalmente
digitalizzate e disponibili trenta lettere dello sterminato carteggio
dell’autore della “Recherche”, preoccupato per la sorte dei soldati e
dei suoi amanti
di Camilla Tagliabue
A pochi
giorni dallo scoppio della Grande Guerra c’era già chi vaticinava:
“Milioni di uomini stanno per essere massacrati in una Guerra dei mondi
paragonabile a quella di H.G. Wells, solo perché uno sbocco sul Mar Nero
è vantaggioso per l’imperatore d’Austria”. Non è un oracolo qualunque, è
Marcel Proust, profetico e ieratico come una Pizia nel tempio di Delfi:
al pari della sacerdotessa, lo scrittore viveva chiuso in una stanzetta
perennemente profumata, non dai vapori dell’alloro ma dai fumi
dell’oppio, che – credeva lui – gli alleviavano l’asma e certo gli
regalavano il dono della preveggenza.
La previsione non scontata
dei milioni di morti e della guerra come feroce romanzo di fantascienza
si trova in una lettera al cugino e consulente finanziario Lionel
Hauser, una delle trenta lettere digitalizzate e ora disponibili a tutti
sulla piattaforma Corr-Proust (proust.elan-numerique.fr/letters/all),
nata dalla sinergia tra l’Università dell’Illinois e l’Ateneo di
Grenoble. Il prezioso carteggio – tra il 1914 e il 1918 – è solo il
primo a essere pubblicato e divulgato online: i ricercatori stanno,
infatti, catalogando e digitalizzando le oltre 6.000 missive del
grafomane autore della Recherche, prolisso pure nelle private
corrispondenze.
A Hauser il 43enne Proust (1871 – 1922) scrive
nella notte tra il 3 e 4 agosto 1914: di giorno preferisce dormire, fino
alle quattro del pomeriggio circa, senza contare la cagionevole salute,
per cui persino “per il mio libro sono stato intervistato a letto”.
Oltre a esprimere al banchiere le sue preoccupazioni economiche – la
guerra, e il conseguente ribasso delle Borse, gli brucia i risparmi –,
Marcel confida le sue paure sui “giorni terribili che stiamo
attraversando: i miei poveri interessi mi sembrano del tutto
irrilevanti… Spero ancora, io che non sono un credente, in un miracolo
che fermi all’ultimo questa macchina letale. Mi chiedo come un cattolico
praticante come l’imperatore Francesco Giuseppe possa apparire davanti a
Dio dovendogli riferire delle milioni di vite umane sacrificate”.
Con
il compositore Reynaldo Hahn, uno dei suoi tanti amorazzi, si lascia
andare a confidenze più intime, persino sugli ex: “Ho davvero adorato
Alfred (Agostinelli, morto pochi mesi prima pilotando un aereo e
probabile modello dell’Albertine della Recherche, ndr). Non è
sufficiente dire che l’ho amato, e non so perché lo scrivo al passato
perché lo amo ancora… Ma con lui non mi sento obbligato a un dovere come
quello che mi lega a te, anche se ti amassi mille volte di meno”.
Quanto all’omosessualità, chiede all’amico la massima riservatezza: “Se
mai vorrò formulare queste cose sarà con lo pseudonimo di Swann. Quando
leggerai All’ombra delle fanciulle in fiore, riconoscerai
l’anticipazione e la profezia di ciò che ho vissuto”.
Proust è
molto preoccupato, inoltre, per le sorti del fratello Robert (che presta
servizio come chirurgo, ma tornerà sano e salvo e verrà insignito anni
dopo della Legion d’Onore, ndr): “È partito per Verdun”, scrive a Louis
de Robert, “ma sul fronte il fuoco non è mai cessato. Tutti i miei più
cari amici sono in prima linea”. Per consolarsi spedisce lettere a un
altro spasimante, Lucien Daudet, figlio del più famoso Alphonse: “Tutto
può essere tollerato quando pensiamo al martirio dei soldati: siamo così
commossi dal loro sacrificio… Spero che tu non abbia troppi amici tra i
‘Morti d’onore sul campo’: piangiamo persino gli estranei”.
Poi
manda messaggi a Cocteau per complimentarsi con Picasso; se la prende
coi “moderni D’Artagnan”; spettegola sui colleghi che, insensibili alla
tragedia, si lanciano in paragoni con le commedie di Molière. Non
mancano, infine, le riflessioni sulla letteratura, in tempi in cui
l’odio per il nemico straborda dalle trincee alle accademie, ai
giornali, alle arti. Tutti ce l’hanno con Wagner, ma “se invece di
essere in guerra con la Germania lo fossimo con la Russia, cosa si
direbbe di Tolstoj e Dostoevskij?… Non possiamo privare, non dico i
nostri musicisti, ma i nostri scrittori del prodigioso e fecondo ascolto
del Tristano, della Tetralogia… Arte e Guerra! Ci viene detto di poesie
che fomentano la guerra, ma io non ci credo troppo”.