La Stampa 8.12.18
Alla scoperta dell’anima araba, a partire dai libri
E gli immigrati traducono la letteratura italiana
di Rolla Scolari
Come
nella tradizione araba, i divani sono disposti in circolo lungo i muri
dell’ampio salone. C’è anche un bancone, con una macchina per il caffè,
in perfetto stile italiano. Fayza Ismail, camicia a scacchi, jeans e
scarpe da ginnastica, offre tè marocchino e dolci levantini.
L’idea
di aprire un Centro culturale arabo è nata tre anni fa, ci racconta la
scrittrice e giornalista siriana, arrivata in Italia dopo aver vissuto
in diversi Paesi del mondo. Il debutto della Casa araba a fine ottobre
si è celebrato sui versi di Wadih Saadeh, poeta libanese che ha
raccontato di persona l’esperienza della migrazione. L’incontro ha
aperto un ciclo di appuntamenti - «La città plurale» - coordinato
dall’Ufficio reti e cooperazione culturale del Comune di Milano per
stimolare attività che hanno al centro le comunità internazionali del
territorio.
In città, le iniziative promosse sul mondo arabo - che
si allontanano dalla narrativa religiosa e della moschea prediletta dai
media - si moltiplicano. «Come posso raccontare chi sono gli arabi a
un’amica italiana, mi sono chiesta quando sono arrivata a Milano, se ci
sono così pochi libri arabi tradotti in italiano?», spiega Fayza. Alla
Casa araba, dove l’11 dicembre si parlerà di Siria e della sua cultura, è
vietato discutere di politica e di religione, dice, ricordando come lei
sia musulmana e l’altro fondatore del centro, Medhat Moussa, egiziano
cristiano.
«Occorre non confondere l’islam con l’arabismo. Per
capire l’islam bisogna leggere il Corano. Per capire gli arabi occorre
leggere la loro letteratura, vero specchio della vita quotidiana». A
parlare è il professor Wael Farouq, egiziano, docente di lingua e
cultura araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore, promotore della
Festa della Lingua araba, nata nel 2015, e del Salone del libro arabo,
organizzati nell’ateneo in collaborazione con il Comune. L’anno scorso,
la due giorni sulla lingua araba, con incontri su letteratura, cinema,
poesia, ha attirato oltre 3.000 persone, e l’Università lavora a una
nuova edizione, a marzo. A promuovere attività culturali in città ci
sono anche realtà giovanili come Swap (Share with all people), gruppo
studentesco formato da egiziani cristiani e musulmani, e Italeya, un
network di creativi italiani, con radici egiziane.
Gli italiani
sono interessati alle iniziative sulla cultura araba «perché li stanno
bombardando con notizie cui manca qualcosa», spiega Farouq. «Si sente la
mancanza di una dimensione umana, di una narrativa che mostri le
persone fuori degli schemi. Quel che diminuisce il rifiuto degli altri è
identificare sé stessi con un altro in un libro, in un film». È anche
l’obiettivo di Mohammed Ibrahim, 31 anni, arrivato a Milano dal Cairo
dieci anni fa. Nel 2017 ha fondato una casa di distribuzione
cinematografica, Il Nero, per doppiare film arabi in italiano. Non a
torto, Mohamed pensa che i film sottotitolati siano condannati in Italia
a rimanere nel circuito dei cinema d’essai. Il primo film arabo
doppiato arriverà nelle sale milanesi il 13 dicembre: è una pellicola
del regista egiziano Hadi el Bagoury, record d’incassi in Egitto. Hepta
non parla né di politica né di religione, ma semplicemente d’amore.
Mohamed è convinto che, attraverso il racconto della quotidianità, un
film possa cambiare le mentalità.
Almutawassit: così gli arabi
chiamano il mar Mediterraneo, che separa il Levante e il Nordafrica
dall’Europa, e così si chiama una casa editrice nata a Milano, nel 2015,
che traduce libri da diverse lingue europee all’arabo. Khaled Soliman
al Nassiry, il fondatore, siriano di origini palestinesi, è un
intraprendente: è stato caporedattore della rivista multietnica al
Jarida e regista del docufilm Io sto con la sposa. Almutawassit ha
tradotto dall’italiano Pinocchio, Pavese, Il Gattopardo, Gramsci e
altri. La nuova sfida per Khaled e la sua squadra è quella di presentare
ora la letteratura araba agli italiani. Non c’è soltanto Nagib Mahfuz,
il grande romanziere egiziano Nobel per la letteratura, dice.
Almutawassit programma la traduzione tra gli altri della scrittrice
libica Najwa bin Shatwan.
Simbolo di questa Milano laboratorio
d’integrazione - che da mesi studia come poter diventare la casa di un
istituto del mondo arabo sul modello di quello parigino - è il Museo
delle Culture, ci spiega Bianca Aravecchia, responsabile dell’Ufficio
reti del Comune e del Forum Città Mondo che, istituito nel 2011, proprio
nel Mudec riunisce associazioni rappresentative delle comunità
straniere sul territorio. E lo Spazio delle Culture in cui il Forum
tiene i suoi eventi al museo - l’anno scorso l’Egitto è stato al centro
delle attività - è dedicato proprio a un arabo: l’archeologo iracheno
Khaled Asaad, ucciso dall’Isis mentre difendeva i tesori dell’antica
Palmira, in Siria.