Il Fatto 7.12.18
Renzi gioca a sfasciare tutto. E stavolta molla anche i suoi
Ognun
per sé - L’ex premier contro tutti: tra annunci e smentite lancia il
suo movimento. Ma non vuole zavorre. Il fu Giglio Magico già guarda a
Martina e Zingaretti
Il Partito democratico il 3 marzo sceglierà ai gazebo il nuovo segretario
di Wanda Marra
Luigi
Marattin ha lo sguardo perso, assorto. Ma è un attimo: quando capisce
di essere osservato, di scatto mette su il suo sorriso più sfavillante.
Raffaella Paita cammina con gli occhi bassi. Emanuele Fiano discute
animatamente con Franco Vazio, le facce che si fanno sempre più scure.
Il ritiro di Marco Minniti e l’ipotesi che Matteo Renzi esca dal Pd, a
gennaio, senza portarsi dietro praticamente nessuno dei fedelissimi,
getta nel panico i suoi parlamentari. Che fare? Chi appoggiare al
congresso? Come garantirsi un futuro in politica? Nel frattempo, quel
che resta del Pd, si riorganizza, secondo la linea del salvare il
salvabile. E Nicola Zingaretti parla già da segretario in pectore.
Matteo Renzi: triste, solitario y final?
L’unico
punto fermo dell’operazione dell’ex segretario è avere innescato
l’ennesima bomba per far esplodere il Pd. La linea la dà un post
Facebook della mattina: “Chiedetemi tutto ma non di fare il piccolo
burattinaio al congresso del Pd. Da mesi non mi preoccupo della Ditta
Pd: mi preoccupo del Paese”. Negli stessi momenti comincia a circolare
l’iniziativa cittadini2019.it, sul modello di Ciudadanos in Spagna.
Portavoce Gianfranco Passalacqua, ex collaboratore di Sandro Gozi. Il
primo incontro è fissato per il 16 dicembre. Lo staff di Renzi smentisce
che lui c’entri qualcosa. Ma con Gozi il senatore di Scandicci è appena
stato a Bruxelles a parlare del suo movimento, che dovrebbe fare da
cerniera tra sinistra e centro. Lancio a gennaio, tentativo di Renzi di
candidarsi alle Europee (sogno pure di Gozi). Fatto? Fermi tutti, a
Radio Zapping in serata l’interessato dichiara: “Di scissioni ne abbiamo
viste già abbastanza, non è all’ordine del giorno, io sto lavorando a
qualcosa di diverso”. Siamo all’ennesimo schema #Enricostaisereno?
Ovvero, negare per confermare? Comunque sia, un movimento parallelo, una
lista, un partito nel partito, coadiuvato dai comitati civici, è cosa
certa. Sull’uscita, le cose si fanno nebulose: Renzi non ha voglia di
portarsi dietro nessuno, neanche il Giglio magico più stretto (un nome
per tutti: Maria Elena Boschi) per evitare zavorre. Però, ha bisogno di
soldi: e allora, almeno 20 deputati e 10 senatori per costituire i
gruppi parlamentari li deve scegliere. Per ora, si diverte a lasciare
per l’ennesima volta il Pd appeso. È la sua strategia più sperimentata:
giocare su più tavoli e far affondare tutti gli altri commensali.
Luca Lotti a guardia della bad company
Sulla
candidatura di Minniti c’avevano messo la faccia soprattutto Luca Lotti
e Lorenzo Guerini, con l’obiettivo di consegnargli la loro parte di
partito, tenendosi le chiavi. Oggi si trovano a gestire una corrente
minoritaria, abbastanza mal vista e pure senza leader. Di fatto
abbandonati da Renzi. La prima scelta è quella di decidere se appoggiare
un candidato (ovvero Maurizio Martina), o ripiegare su uno di bandiera.
Tipo Guerini, che però questo sacrificio non lo vuole fare.
La variabile impazzita di Carlo Calenda
A
far accelerare Renzi ci sarebbe stato anche un sondaggio commissariato
dall’ex ministro dello Sviluppo economico su un suo eventuale partito di
centro. Progetto che Calenda ha in mente da mesi, ma che sembra
destinato a rimanere nel cassetto: Renzi l’ha bruciato effettivamente
sul tempo ed è difficile immaginare che ci sia lo spazio per un soggetto
come questo, figuriamoci per due. Tanto è vero che l’interessato
smentisce. Mentre gli amici, Paolo Gentiloni in testa, gli stanno
vivamente consigliando di lasciar perdere. E Zingaretti gli offre di
fare il capolista (del Pd) alle Europee.
Quelli che restano: Zingaretti e Martina
La
scelta del governatore del Lazio è non soffiare sulle polemiche e
presentarsi come l’unico argine all’estinzione Dem. Per questo, si è
saldamente legato a Gentiloni: gli ha proposto di fare il presidente del
partito e pure il candidato premier (ruolo molto teorico, visto che il
Pd viene dato al 15%). Con lui c’è Dario Franceschini e una serie di
big. Alcuni dei renziani lo stanno corteggiando. Anche Martina e
Richetti continuano la corsa (per ora) congiunta. Con loro il mondo del
renzismo, autonomo o in disgrazia che dir si voglia: da Matteo Orfini a
Graziano Delrio, passando per Debora Serracchiani e Tommaso Nannicini.
Il dubbio che al congresso si arrivi davvero, però, resta.