Corriere 7.12.18
L’ex leader, il no di Minniti
Renzi: non sono il killer del Pd
di Maria Teresa Meli
«Non sono il killer del Pd», così Matteo Renzi sul caso Minniti.
ROMA
«Mi vogliono far passare per quello che vuole affossare il Pd, ma non è
vero. Il Partito democratico ha dei problemi a prescindere da me, basta
con queste caricature»: il giorno dopo il «gran rifiuto» di Marco
Minniti, Matteo Renzi si sfoga con qualche amico.
L’ex ministro
dell’Interno aveva deciso già l’altro ieri sera di lasciare la presa,
gli incontri dell’indomani sono stati un rito che inevitabilmente andava
consumato, ma si sapeva che non avrebbero spostato niente.
«Mi
vogliono dipingere come l’assassino del Pd — riprende Renzi con gli
amici — ma non lo sarò mai. Minniti ha deciso di non correre più per sue
ragioni, del resto lui stesso ha sempre tenuto a dire che non era il
mio candidato, quindi come mai avrebbe potuto tirarsi indietro a causa
mia? Io non voglio fare un nuovo partito, sono solo cavolate. Di
scissioni ne abbiamo gia viste abbastanza».
E ancora: «La verità è
che hanno un’ossessione nei miei confronti, problemi loro. Però non
raccontino in giro che io sono il burattinaio di questo congresso,
perché non lo sto proprio seguendo. Vogliono fare una gara tra le
correnti? Un scontro tra Martina e Zingaretti? Facciano, io però non
starò mai appresso alle beghe e non accetto che qualcuno mi ci metta in
mezzo. Mi lasciassero in pace. Mi pare che finora sono l’unico o quasi
che si occupa di dare addosso a questo governo disastroso ed è questo
quello che dovremmo fare tutti noi dell’opposizione».
Lo sfogo,
raccolto dagli amici, fa il giro dei palazzi. E non sembra
tranquillizzare tutti. Nel Pd ci si continua a interrogare sulle reali
intenzioni dell’ex segretario.
In molti sono convinti che sia
stato lui a far trapelare la notizia di una possibile scissione a
gennaio per «destabilizzare» il Pd. Nella speranza di far rinviare il
Congresso o quanto meno di bloccare il consolidarsi di nuovi equilibri
di potere nel partito. In fondo Minniti non è certo un renziano, anzi,
con l’ex segretario ha avuto diversi momenti di frizione.
Almeno
per ora, dunque, Renzi non ha in mente di muoversi: a breve temine
niente strappi in vista. Che prima si consumi il Congresso, sempre che
ci sia, poi si vedrà. In realtà pare che l’unico che sta veramente
pensando di creare un nuovo soggetto politico sia Calenda: «Io guardo ai
sondaggi — gli hanno sentito dire — e se a gennaio daranno l’otto per
cento a un nuovo soggetto politico, allora mi muoverò per andare alle
europee».
I renziani nel frattempo si sono dati una giornata di
silenzio e di meditazione. Ma i più di loro, in verità, sono presi dallo
sgomento: «Matteo sta facendo come Mao e spara sul quartier generale».
Non hanno capito bene che cosa voglia fare veramente il leader. Sono
convinti che per ora non andrà via, che i sondaggi gli consigliano
cautela, ma hanno anche capito che si tiene le mani libere e che non
vuole essere condizionato nemmeno da quelli della sua componente: «Io
non farò mai il capo corrente, non ci si può certo aspettare questo da
me». E poi sono ancora sotto botta per Minniti: «Compreso che non
avrebbe raggiunto il 51 per cento, ci ha mollati in mezzo alla strada»,
dicono.
Comunque oggi si incontreranno per decidere il da farsi.
Potrebbero pure rimanere senza un loro candidato. Tanto ormai la corsa
di Zingaretti appare in discesa, anche se c’è chi vorrebbe bloccarlo
tirando fuori una candidatura unitaria di Gentiloni.