Il Fatto 6.12.18
L’ultima di Renzi: umilia Minniti e lo fa ritirare
L’ex ministro dell’Interno voleva che nessun parlamentare seguisse l’ex Rottamatore nel progetto centrista
di Wanda Marra
Marco
Minniti si chiama fuori: oggi annuncia il ritiro della sua candidatura
alla guida del Pd in un’intervista a Repubblica. Ancora una volta, è
stato determinante il ruolo giocato da Matteo Renzi, che ha
ostentatamente iniziato a lavorare per il suo partito, facendo mancare
il suo appoggio all’ex ministro dell’Interno. Peraltro, l’ex segretario
ieri ha fatto una passeggiata a Bruxelles dove ha incontrato Frans
Timmermans, Spietzenkandidat in pectore per il Pse e ha pranzato con
liberale MargretheVestager, intercettando anche Juncker e Moscovici. E
ha visto gli europarlamentari dem. Obiettivo? Convincerli della
necessità di un nuovo “contenitore” che agisca da cerniera tra sinistra e
centro, persuaderli che la cosa da fare in vista delle Europee è
un’alleanza di tutte le forze anti populiste. E convincerli (va da sè)
che è proprio lui l’uomo adatto per fare questa operazione. Con lui,
c’era Sandro Gozi, che da mesi lavora all’ipotesi di una lista con
Emmanuel Macron. “Minniti irritato? Non mi occupo del congresso”. E
siccome, l’uomo a modo suo dice spesso quello che sta facendo,
l’affermazione è molto vicina alla verità: assodato che non si può
candidare lui, l’ex segretario ha lasciato Luca Lotti e Lorenzo Guerini a
gestire il congresso, a cercare di occupare l’occupabile anche per suo
conto. Tanto è vero che i due Minniti l’hanno pure incontrato, insieme a
Ettore Rosato. Minniti avrebbe chiesto la garanzia scritta dei
parlamentari che non avrebbero mai lasciato il Pd. Nessuno poteva
dargliela. “Una richiesta offensiva”, gli sarebbe stato risposto.
Insomma, a incontro finito, era evidente che la storia era finita: “Non
ha saputo leggere le regole del gioco. Ovvero che noi lavoravamo per lui
nel Pd, ma Renzi seguiva un altro percorso. Non gli bastavamo noi,
voleva lui”, raccontano ora quelli che avevano voluto la sua
candidatura. “È andata male”. Liquidato. Come di fatto quel che resta
dei Dem. “Spero che qualcuno non abbia deciso di distruggere il Pd e
stia giocando a un gioco macabro”, dice Nicola Zingaretti che vede come
il rischio sia che non salti solo la candidatura di Minniti, ma pure il
partito.
D’altra parte, ieri sembrava davvero una specie di gioco a
nascondino: una conferenza stampa viene annunciata per ufficializzare
il ritiro di Minniti, ma non è in realtà mai stata in programma; appare
una pagina Facebook, “Libdem”, con foto di Renzi in motorino a Firenze e
lo slogan: “Il futuro prima o poi torna”, che a un certo punto della
giornata viene chiusa. Ora resta da capire come si va avanti: hanno
ricominciato a circolare ipotesi di corse last minute di Guerini o di
Rosato in quota Renzi. Un candidato per l’ala renziana ci sarebbe già,
ed è Maurizio Martina, che, correndo in ticket con Matteo Richetti, può
veder convergere su di lui quei voti. Abbastanza per insidiare Nicola
Zingaretti? Pare difficile. Sempre poi che lo schema resti questo: sullo
sfondo, continua ad aleggiare la figura di Paolo Gentiloni, come
Salvatore della Patria. E Renzi che gioca per sè più che mai: nel nuovo
soggetto che sta cercando di mettere in piedi, l’idea è portarsi solo il
cerchio più stretto, senza zavorre. Progetto che fa crescere ancora di
più il nervosismo.