Corriere 6.12.18
La rinuncia di Minniti: «Così è insostenibile, lo faccio per il partito»
Rottura con Renzi, l’ex ministro non sarà alle primarie
di M. Gu.
ROMA
Giorni e notti di tormenti, di riunioni fiume con i parlamentari amici,
di silenzi carichi di delusione, astio e reciproca diffidenza tra lui e
Matteo Renzi. E alla fine, «con grande sofferenza, ma con altrettanto
senso di responsabilità», Marco Minniti ha maturato il clamoroso passo
indietro: «La situazione non è più sostenibile. Lo faccio per il
partito, con lo stesso spirito di servizio con il quale avevo accettato
la candidatura alla segreteria».
L’ex ministro dell’Interno,
apprezzato (e contestato) per il suo impegno al Viminale nel
fronteggiare la crisi migratoria, ha dunque maturato l’idea di
rinunciare alla candidatura alle primarie, lasciando campo libero a
Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e agli altri candidati.
Un
vero e proprio trauma per la corrente renziana, dilaniata e scossa dalle
mosse del leader che ormai lavora alla luce del sole per un partito
tutto suo. Impegnato ieri in una lunga serie di incontri a Bruxelles,
l’ex premier ha dato il benservito al «suo» candidato: «Marco Minniti è
irritato? Io non mi occupo del congresso del Pd».
Parole che,
unite all’ultimatum di Antonello Giacomelli e ai sondaggi che lo davano
al massimo al 33% a quasi quindici punti da Zingaretti, hanno spazzato
via i dubbi residui e convinto il quasi ex candidato a chiudersi con i
suoi per l’ultima riflessione. «Sono perfettamente consapevole della
pesantezza di questo atto. E so che sarò io a prendermi addosso tutto il
fango — si è sfogato Minniti —. Ma ho misurato il rischio di un
congresso che non avrebbe dato un esito definitivo e, credetemi,
lasciare è la decisione migliore. La mia sofferenza sarà ripagata da un
risultato chiaro e dalla vittoria di un nome autorevole».
A
Montecitorio i dem hanno passato un giorno di spasmodica attesa,
preoccupazione, sconcerto. I renziani hanno tentato un disperato
pressing, nella segreta speranza che Minniti stia solo lanciando un
potente ultimatum all’ex segretario. Ma lo strappo potrebbe essere
irreversibile. «Ci perdo solo io — è la riflessione finale che Minniti
ha condiviso in un lungo faccia a faccia con Luca Lotti, un tempo
plenipotenziario di Renzi — Non è una resa la mia, ma un atto di
generosità. Le primarie daranno un risultato chiaro e netto e il partito
non finirà in pezzi».
L’ex ministro è convinto di uscirne «con
stile», anche se adesso i renziani sono privi di un candidato al
congresso. La girandola dei nomi è ripresa in tempo reale. C’è chi
spinge per Ettore Rosato, chi vorrebbe una donna della tempra di Teresa
Bellanova e chi spera di convincere Graziano Delrio a rinunciare alla
guida del Copasir. Ma anche il giglio magico è ormai frammentato, Renzi è
dipinto dai fedelissimi «con un piede fuori» e la tentazione della
corsa in solitaria terrorizza tanti.
È questo il tema che ha
lacerato i rapporti tra Renzi e Minniti. Il primo rimprovera all’ex
ministro la caparbia volontà di correre con il sostegno sul territorio
dell’intera area, senza però accettare l’etichetta di renziano. E il
secondo non manda giù la pretesa di lanciarlo alle primarie alla guida
di una corrente impegnata a preparare la scissione. Un dilemma
impossibile da risolvere, che ha innescato la miccia del divorzio. Tra
le tanti voci fuori controllo di una giornata di passione per i dem è
girata anche quella di un furibondo scontro al telefono tra Renzi e
Minniti, smentito in serata dai collaboratori dell’ex ministro: «Matteo
non lo ha cercato, i due non si sentono da una settimana». La rottura si
sarebbe consumata nel più totale gelo, con l’ex premier deciso a
tenersi le mani libere. Eppure il pressing dei renziani per convincere
il candidato a rimanere tale è andato avanti fino a notte. Lotti,
Guerini e Rosato si sono visti e hanno deciso di rinnovare l’impegno.
«Noi lo sosteniamo con convinzione — assicura Rosato —. Quando Marco
decide di partire, si parte».