Corriere 6.12.18
Caos nel Pd, Minniti: ecco perché mi ritiro
di Monica Guerzoni
Passo
indietro di Marco Minniti. L’ex ministro dell’Interno si ritira dalla
corsa per la segreteria del Pd, lasciando campo libero a Nicola
Zingaretti e Maurizio Martina. Dietro la decisione il gelo con l’ex
leader Matteo Renzi e il caos all’interno del partito. L’ex ministro
Graziano Delrio al Corriere: «Lavoriamo per l’unità».
ROMA «Il governo sta facendo le cose sbagliate per l’Italia, per le famiglie, per i lavoratori, per le imprese».
E intanto, presidente Graziano Delrio, il Pd si divide e arriverà alle primarie senza un candidato di peso come Marco Minniti.
«L’opposizione
è presente. E siamo unitissimi nel denunciare che le ricette del
governo su pensioni e sussidi non sono quelle giuste, o che il decreto
sicurezza creerà un esercito di irregolari. Al tempo stesso stiamo
avviando un confronto interno che, sono sicuro, si svolgerà con libertà e
stima reciproca, come i candidati hanno cominciato a fare».
Minniti non si è sfilato anche perché non ha sentito il pieno sostegno di Renzi?
«Minniti
farà la sua valutazione personale e la rispetteremo, come è stato
quando ha deciso di dare la sua disponibilità per le primarie. È una
scelta che dipende da lui. Ma Renzi ha chiesto di rimanere fuori dal
congresso».
Fuori dal congresso, o fuori dal partito? Il vento di una scissione renziana soffia sempre più forte.
«Io
sono testardo e guardo i fatti. A oggi non c’è stata nessuna
dichiarazione di divisione del Pd. Lavoriamo tutti per l’unità e
vogliamo che tutte le personalità del Pd, da Renzi a Gentiloni, da
Zingaretti a Bonaccini a Martina, siano in una stessa comunità. Il
nemico è fuori di noi, non dentro di noi».
Perché allora non vi battete contro il governo gialloverde, invece di scontrarvi al vostro interno?
«Facciamo
battaglia al governo e insieme. Non può fare scandalo il confronto
interno a un partito. Il M5S non ha fatto un congresso e la Lega lo ha
fatto, ma tra Salvini e Salvini. Siamo disabituati, ma io credo si possa
fare un congresso senza dividersi, per confrontarsi e arricchirsi a
vicenda».
Ora che Minniti abbandona il campo toccherà a Lorenzo Guerini, a Ettore Rosato, o a Teresa Bellanova?
«Io
ho detto fin dall’inizio che non si può fare il congresso su Renzi
senza Renzi, cioè il congresso di correnti. Ogni iscritto e
simpatizzante deve pensare con la sua testa e scegliere il candidato che
ritiene più utile per una ripartenza del Pd. La cosa più importante
sono le parole chiave e le persone per riprendere la piena sintonia con
l’elettorato. Io ho scelto Martina perché ha 40 anni ed è il candidato
dell’unità, del rinnovamento generazionale e dei contenuti».
Chi ha dato il via al «gioco macabro a distruggere il Pd» denunciato da Nicola Zingaretti?
«Lavoro
ogni giorno per l’unità e credo sia vera la frase del vecchio
socialista Prampolini “uniti siamo tutto, divisi siamo nulla”. Chi
divide non raccoglie, questa è la mia idea. Siamo di fronte a una crisi
vera del Paese, con le famiglie in difficoltà per la recessione, le
aziende in crisi e i posti di lavoro che si riducono. Non è
comprensibile che il Pd non stia unito, pur nella diversità, per cercare
le soluzioni a questi problemi».
Quando Renzi uscirà dal Pd, lei lo seguirà?
«Spero
non accada. Ma io sono entrato in politica per costruire il Pd
sull’onda dell’Ulivo e morirò orgogliosamente democratico».
Non ha un sapore un po’ antico la proposta di Martina di un governo ombra dopo le primarie?
«No,
io condivido l’esigenza di rendere più visibile una opposizione che c’è
nelle aule parlamentari, come la maggioranza sa bene, ma va resa di più
visibile anche all’esterno. Le idee che vanno in questa direzione sono
benvenute, anche Calenda aveva proposto una cosa del genere».
La
Lega dilaga al Nord e il sindaco di Milano, Beppe Sala, si sente in
dovere di diventare un punto di riferimento. Non toccherebbe al partito
riconquistare il terreno perduto?
«Il Pd deve sapere unire tante
forze e tante energie. A Sala è stata data una opportunità da una
coalizione di centrosinistra. I partiti e le personalità espresse dalla
società civile non sono in competizione, si possono completare a
vicenda. Milano è un modello da questo punto di vista».
Se Renzi uscirà, la sinistra di Bersani tornerà nel partito, anche se sarà Martina a vincere le primarie?
«Io
penso che ci si unisce sulla base delle cose che si vogliono fare per
la gente. Sono assolutamente contrario a semplificare, come se la crisi
della sinistra dipendesse da una persona, cioè da Renzi. Questo non mi
trova d’accordo, la crisi è a livello mondiale. Bisogna ritrovare la
direzione giusta. Non basta la rimozione di una persona perché il
centrosinistra ritorni vincente».