Il Fatto 22.12.18
Afganistan
Per l’Italia è arrivato il momento di uscirne
di Salvatore Cannavò
La
decisione di Donald Trump sancisce un fallimento storico.
L’Afghanistan, infatti, rappresenta la guerra più lunga mai combattuta
dagli Stati Uniti. Nata a seguito dell’attentato alle Torri gemelle,
avrebbe dovuto portare all’abbattimento del regime dei talebani e al
ristabilimento della democrazia a Kabul.
A fine 2017 i talebani
occupavano il 40% del territorio afghano mentre nel 2015 erano ancora
fermi al 28%. Dopo 17 anni di conflitto, a parte una riduzione
dell’analfabetismo dal 68% al 62%, l’Afghanistan ha ancora il più
elevato tasso di mortalità infantile e le aspettative di vita più basse
del pianeta (dati dell’Osservatorio sulle spese militari italiane).
La
classifica di Transparency International colloca il Paese al 169° posto
su 176 e lo Stato di diritto è ancora una chimera lontana. Secondo i
dati della Unhcr, l’Afghanistan è il secondo Paese al mondo, dopo la
Siria, per numero di rifugiati in fuga: 2,6 milioni di persone nel 2017,
gran parte delle quali in Europa.
L’Italia, dopo gli Usa, è il
Paese con più soldati sul campo: 978 gli uomini impiegati per una spesa
complessiva in questi 17 anni pari a 7,5 miliardi. I militari caduti sul
terreno sono 53.
La mossa di Trump è chiaramente fatta per
parlare al proprio elettorato e per affermare il principio che gli Stati
Uniti preferiscono stare al riparo delle mura domestiche che fare “il
poliziotto del Medioriente”. Però costituisce l’occasione per un
bilancio serio. La ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, ha parlato
nei giorni scorsi di una riduzione del contingente, ma il documento
sulle missioni militari è stato approvato due giorni fa dal Parlamento.
Forse è venuto il momento, anche per l’Italia, di rimettere in
discussione una scelta fatta per accontentare l’alleato americano e
rivelatasi nel tempo un fallimento.