venerdì 21 dicembre 2018

Il Fatto 21.12.18
Da lettori a testimoni dell’orrore di Amburgo
di Crocifisso Dentello

Nel suo Storia naturale della distruzione, Winfried G. Sebald affrontò uno dei tabù della storia tedesca e cioè i bombardamenti angloamericani che, nel disegno di vincere la resistenza del Terzo Reich, annientarono sul finire della Seconda guerra mondiale svariate città della Germania lasciando in eredità macerie e migliaia di morti (sovvengono le immagini di devastazione in Germania anno zero di Rossellini).
Marco Lupo, classe 1982, figlio di emigrati pugliesi nato a Heidelberg e oggi libraio a Torino, ha inteso vivificare la lezione del compianto autore bavarese e ripercorrere in Hamburg, suo romanzo di esordio, gli orrori di quella stagione. In pagine di crudo realismo, Lupo ci costringe a perlustrare in retrospettiva la città di Amburgo rasa al suolo nel 1943, espropriata dai britannici guidati da Churchill financo della sua identità, tra madri che custodiscono nelle borse i loro bambini carbonizzati e rimedi estremi di sopravvivenza.
È un mosaico di voci tra sconfitti e anime arrese, in una pluralità di sguardi che ricorda la scansione di destini privati nell’affresco del Novecento tedesco che immortala il regista Reitz in Heimat e il diagramma di salti temporali di Mattatoio n. 5 di Vonnegut (radiografia del bombardamento di Dresda). Il perimetro affabulatorio dentro il quale converge il documento storico Lupo lo prende a prestito da un altro suo autore feticcio, il cileno Bolaño. Il pretesto è un gruppo di esuli italiani a Parigi che si ritrovano in uno scenario da Decameron per leggersi a vicenda i loro scritti. Un giorno uno di loro porta con sé frammenti di romanzi di un autore misterioso: M.D. Proprio questo fantasma letterario, in virtù di una bibliografia finzionale, li fa precipitare nel buco nero della memoria mutilata dei vinti. Viene in mente il von Arcimboldi di 2666, non a caso pseudonimo di uno scrittore tedesco che tra le altre cose è soldato durante la guerra. Lupo eleva quindi una cattedrale citazionista a un trauma sommerso e lo fa per due motivi precisi: ribadire la centralità della traccia scritta per il recupero del passato e celebrare la lettura come forma di conoscenza per i lettori “nel” romanzo e per noi lettori “del” romanzo.
Ma la vera inquietudine che Lupo rinnova e che l’artificio letterario non scherma mai è tutta morale. Lupo muove da una tensione etica che non pretende risarcimenti dalla verità ma che vuole garantirsi il diritto a interrogarla. I tedeschi hanno rimosso dal loro passato l’infamia subita perché chiedere conto delle ragioni della tempesta di fuoco sui civili avrebbe significato relativizzare l’abominio dei campi di sterminio. Un senso di dolorosa espiazione? Lupo con Hamburg chiede alla letteratura di restare in un permanente conflitto dialettico con i soprusi della storia perché per dirla con la stessa Christa Wolf citata nel romanzo, la memoria “è un atto morale che si ripete”.