Il Fatto 19.12.18
“C’erano i Servizi dietro stragi e depistaggi”
Via D’Amelio - Oggi la Commissione Antimafia siciliana presenta il rapporto sulle indagini deviate
di Marco Lillo
Oggi
alle 15 la Commissione Antimafia della Regione Siciliana pubblicherà la
relazione conclusiva di 80 pagine sul depistaggio nelle indagini per la
strage del 19 luglio 1992 nella quale sono stati uccisi il giudice
Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.
“La relazione è il
primo tentativo di interrogarsi a livello politico sulle conseguenze
delle rivelazioni di Gaspare Spatuzza sulla strage di via D’Amelio.
Dieci anni dopo era un passaggio necessario”, spiega il presidente della
Commissione regionale antimafia. Per Claudio Fava non basta processare i
tre poliziotti ora a giudizio a Caltanissetta o prendersela con il loro
capo ora scomparso, Arnaldo La Barbera, o con il procuratore Giovanni
Tinebra, allora alla guida delle indagini sulle stragi a Caltanissetta.
Alla luce del vostro lavoro chi sono i responsabili ultimi del depistaggio?
Ci
sono state più responsabilità che si sono cumulate. Il depistaggio è la
somma di colpe e consapevolezze che attraversano la magistratura, le
forze di Polizia e i servizi segreti. Il frutto di molte azioni,
negazioni e omissioni.
I servizi segreti si sono impegnati nel
depistaggio per celare i veri colpevoli? O è giusta la lettura
minimimalista: Arnaldo La Barbera e alcuni uomini della sua squadra
volevano fare carriera?
Abbiamo appurato una tale quantità di
forzature, reticenze, omissioni che non si possono spiegare solo con la
voglia di fare carriera. Questa mi pare una lettura di comodo.
E allora qual è la lettura corretta del più grande depistaggio del secolo?
Noi
siamo arrivati alla conclusione che l’ipotesi di lavoro da seguire sia
un’altra: la mano che ha accompagnato questo depistaggio potrebbe essere
la stessa mano che ha organizzato la strage.
Quali sono gli indizi emersi dal lavoro della Commissione d’Inchiesta per sostenere questa tesi?
Il
ruolo dei servizi segreti è assolutamente anomalo e si vede nelle
immediatezze della strage del 19 luglio 1992 già in via D’Amelio con la
sparizione dell’agenda rossa del giudice. Ma questo ruolo prosegue con
una vera investitura ufficiale della Procura di Caltanissetta. Fa
impressione un dato: tra Capaci e via D’amelio in 57 giorni non ci fu
tempo e voglia di sentire Paolo Borsellino mentre fu coinvolto
ufficialmente nelle indagini sulla strage di Capaci, Bruno Contrada.
Cosa avete appurato sul ruolo avuto dal Servizio Segreto in quei giorni?
La
legge vietava oggi come allora il coinvolgimento dei servizi segreti
nelle indagini. Invece il procuratore Giovanni Tinebra coinvolse
ufficialmente il Sisde del quale era numero tre allora Bruno Contrada.
Senza tenere conto del fatto che Bruno Contrada era sospettato in quel
periodo dai magistrati di Palermo per i suoi rapporti con la mafia (poi
Contrada sarà condannato in Italia ma – in esecuzione di una sentenza
della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – la condanna sarà revocata
nel 2017 dalla Cassazione perché negli anni dei fatti, secondo la Cedu,
il concorso esterno in associazione mafiosa non era abbastanza delineato
nell’interpretazione giurisdizionale in Italia, Ndr). Sin dall’inizio
l’intervento dei servizi è finalizzato al depistaggio.
In quali tracce vi siete imbattuti?
I
primi atti di indagine prodotti dai servizi nell’ottobre del 1992 erano
finalizzati a delineare un profilo criminale mafioso di Vincenzo
Scarantino. Quel profilo contrastava con quanto tutti sapevano cioé che
era un venditore di sigarette di contrabbando. Era il primo tassello.
Poi è emerso un incontro conviviale, descritto con toni diversi dai
testimoni, tra i dirigenti dei servizi e i dirigenti della Procura di
Caltanissetta nel dicembre del 1992.
Fiammetta Borsellino ha posto 13 domande. Siete riusciti a dare una risposta alla figlia del giudice?
Le
sue domande sono state come una guida nel nostro lavoro. Non siamo
certamente riusciti a rispondere a tutte. Però l’importante è proseguire
nel lavoro e continuare a fare le domande. Noi speriamo che la nostra
relazione possa essere utile alla magistratura per andare avanti.