Il Fatto 17.12.18
L’impegno dei cattolici italiani in politica?
Dall’onnipotenza all’irrilevanza: si cerca un’altra via
Macerie - Il nulla dopo il patto Ruini-B.
L’ultima speranza di un “impegno politico” dei cattolici italiani.
di Ettore Boffano
Lo
scetticismo e la disperazione. Sono queste le due parole-chiave che da
qualche settimana, e cioè da quando sui media hanno cominciato a farsi
strada riferimenti impliciti a un nuovo impegno dei cattolici italiani
in politica (assieme all’esplicita citazione del prossimo centenario
dell’appello ai “liberi e forti” di don Luigi Sturzo del 18 gennaio
1919), si alternano nelle considerazioni di chi quella realtà è chiamato
a studiare e commentare. Sino a segnarne ragionamenti spesso
coincidenti, anche quando provengono dai fronti opposti del progressismo
e del conservatorismo del cattolicesimo italiano.
Il tema dello
“scetticismo” è il più facile da interpretare e, per paradosso, sembra
concedere ancora meno possibilità di un qualche risultato concreto
rispetto a quello (all’apparenza più definitivamente negativo) della
“disperazione”. I suoi sostenitori elaborano infatti la loro riflessione
soprattutto attraverso un excursus a ritroso nel tempo, che mette
assieme insuccessi recenti (la presenza della componente cattolica nella
Lista Monti e l’impegno dell’ex ministro Andrea Riccardi della Comunità
di Sant’Egidio), il fallimento di un precedente tentativo di
“ricostruzione” organizzato nel 2011 e nel 2012 nei due raduni svoltisi a
Todi (al primo prese parte anche l’allora presidente della Cei, il
cardinale Angelo Bagnasco che poi, però, disertò il secondo) e, in
particolare, il progressivo e forte declino della capacità della Chiesa
italiana di influenzare l’opinione politica (e non solo sul fronte dei
temi etici).
Contemporaneamente, nelle analisi, è ricorrente la
citazione del convegno ecclesiale del 1985 a Loreto, sulla
“Riconciliazione cristiana e la Comunità degli uomini”, avvenuto quando
già si avvertivano gli scricchiolii della Prima Repubblica e della
credibilità morale della Democrazia cristiana, cui seguiranno – con
l’avvento della Seconda Repubblica – i contorcimenti e le prassi
dell’impegno cattolico declinato secondo un collateralismo ancora
potente, ma non più orientato all’interno di un unico “partito
cattolico”, quanto piuttosto in maniera diffusa nei due poli del neo
bipartitismo all’italiana.
Con una preferenza, nella Chiesa
italiana allora guidata dal cardinal Camillo Ruini, per il centrodestra
berlusconiano; e con evidenti problemi di coerenza etica e una
partecipazione affidata soprattutto all’attivismo di Comunione e
liberazione, secondo un giustificazionismo codificato nel 2001
dall’allora segretario della Cei, il cardinale Ennio Antonelli, secondo
cui contava di più ciò che i cattolici facevano nella vita pubblica che
in quella privata. Un percorso adesso indissolubilmente segnato dalla
caduta e dallo scandalo politico-giudiziario di Roberto Formigoni.
Considerazioni
analoghe, anche se legate certamente a un minor favore delle gerarchie
ecclesiastiche, si potrebbero svolgere per quanto riguarda il
Centrosinistra: dall’esperienza dell’impegno politico di Romano Prodi
alle vicissitudini anche giudiziarie della Margherita e al ritiro di
Enrico Letta, sino a scendere alle spregiudicatezze, un tempo alleate e
oggi avversarie all’interno del Pd, di Dario Franceschini e dell’ex
scout cattolico Matteo Renzi. Il risultato è un quadro complessivo che,
appunto, induce la maggior parte degli osservatori allo scetticismo e
alla definizione della possibile influenza odierna della Chiesa italiana
come “un esercizio su una parte minoritaria di opinione pubblica
all’interno di quella che è già una minoranza nella società: la comunità
dei credenti”.
Un giudizio al quale, secondo altri, può opporsi
ormai soltanto la carta della “disperazione”. Intesa come il sentimento
che pare agitare le gerarchie ecclesiastiche, l’associazionismo e la
cultura cattolica italiana di fronte al populismo, al sovranismo,
all’attacco ai valori e alle istituzioni dell’Europa e, in tema di
migranti, alle posizioni della Lega di Salvini. Sino a spingere
Francesco Occhetta, il gesuita cui la Civiltà cattolica ha affidato la
lettura della “questione italiana”, a scrivere che “l’irrilevanza
politico-partitica non sarebbe tanto grave quanto un’irrilevanza prima
di tutto di opinione e di idee”. E così proprio alla “disperazione”, ma
soprattutto al suo “quantum” e alla sua estrema possibilità di
determinare azioni umane, sembra ora essere affidata l’ultima speranza
di un “impegno politico” dei cattolici italiani.