lunedì 17 dicembre 2018

Il Fatto 17.12.18
“Alla Cei serve la politica, però non sarà sponsor di un partito”
Gualtiero Bassetti - Il cardinale a capo dei vescovi italiani: “I cattolici dovrebbero avere una sola voce, ma non si torna alla Dc”
Potere temporale. Papa Francesco sabato era col premier Giuseppe Conte, devoto di Padre Pio
di Carlo Tecce


Cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani e arcivescovo metropolita di Perugia, ci sono varie formule in campo: scuola di formazione o forum civico, associazioni laiche o gruppi di cittadini, oggi la Chiesa ha bisogno di un nuovo impegno dei cattolici in politica, perché?
La Chiesa italiana non cerca risposte per un suo bisogno, ma incoraggia il laicato a riscoprire la politica come una vocazione, cioè come un “impegno di umanità e santità” a servizio del proprio Paese. Questa Italia così fragile e smarrita, a causa della globalizzazione e di una gravissima crisi economica che ancora fa sentire i suoi effetti, ha bisogno di ritrovare se stessa. Ha bisogno, cioè, di persone di buone volontà che rammendino il tessuto sociale del Paese che oggi appare sfibrato. Ma anche di competenze che possono essere sviluppate nelle scuole di dottrina sociale. E infine di luoghi di confronto che nascano dal basso, come potrebbe essere una rete di associazioni civiche, in cui si possano scambiare buone pratiche e dove poter valorizzare tutti quei “talenti” inutilizzati, soprattutto giovani, che sono ben presenti nel Paese. Insomma, mettersi al servizio del bene comune per cercare di superare i limiti storici dell’Italia e per allontanare i fantasmi pericolosi del rancore sociale e della xenofobia. Da questo punto di vista, i cattolici hanno moltissimo da offrire al Paese.
Quindi non ci sarà spazio per un nuovo partito dei cattolici?
Per quello che mi riguarda non c’è alcuna Todi 3 o 4 all’orizzonte, né tantomeno il progetto di un partito di cattolici sponsorizzato dalla Cei. Ci sono, però, due forti esortazioni al laicato cattolico: innanzitutto, occorre riaffermare con forza l’unità del messaggio evangelico ben presente nel magistero sociale della Chiesa cattolica. Per capirci: non si può difendere la famiglia e la vita nascente, dimenticandosi dei poveri e dei migranti fino a sviluppare, in alcuni casi, un sentimento xenofobo; al tempo stesso, non ci si può impegnare per i poveri e i migranti e poi essere a favore dell’utero in affitto o dell’industria della vita che mercifica il corpo umano. La dignità della persona umana è incalpestabile e va difesa sempre, in ogni circostanza. In secondo luogo, c’è un grande invito ad assumersi delle responsabilità. I cattolici sono tra i cosiddetti “soci fondatori” della Repubblica italiana. Oggi, in questo delicato passaggio d’epoca, non possono non dare il proprio contributo per la difesa e lo sviluppo dell’Italia. Le forme, le modalità e i tempi spettano a quella parte del laicato che ben conosce la dottrina sociale e che può svilupparla adattandola all’oggi e all’Italia.
Lei, cardinale, spinge molto per queste iniziative dal basso che potrebbero avere il suo sostegno e quello della Cei: cosa ne pensano Papa Francesco e il segretario di Stato Pietro Parolin?
Sono in profonda comunione con il Papa e il cardinal Parolin. E ci sono due bussole da cui traggo ispirazione: il capitolo 25 di Matteo e l’Evangelii gaudium. In particolare c’è una frase di Francesco che trovo di grande importanza: è necessario “iniziare processi più che di possedere spazi”. Questo è lo snodo decisivo. Le mie parole si collocano dunque all’inizio di un processo e sono un invito paterno al laicato cattolico a sforzarsi di cercare il bene comune senza essere “ossessionati dal potere” come ha detto Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze. Piuttosto bisogna chiedersi perché di fronte a queste parole così semplici, persino ovvie, che fanno parte della tradizione cristiana, ci sono coloro che si affannano ad accusare la Chiesa di fantomatici business e misteriosi complotti che esistono solo nella testa di chi ne parla.
In questa Italia che banalmente potremmo definire post ideologica, la voce della Chiesa si sente poco, anche quando viene alzata.
Perché viviamo in un mondo profondamente secolarizzato, individualizzato e nichilista. Un mondo sordo dove anche il martirio non fa notizia. Un cristiano ucciso in Siria? È sangue in un mondo assuefatto al sangue. Oggi sembrano far notizia il potere e i soldi, lo scandalo e il sesso, i grandi avvenimenti mediatici e sportivi. Eppure la Chiesa parla molto e in modi diversi. A volte senza aprire bocca con le sue tantissime opere di carità. Altre volte parla per bocca dei suoi sacerdoti, delle suore e del laicato. Senza dubbio, c’è una grande sfida per la Chiesa: suonare un’unica sinfonia comprensibile al mondo d’oggi.
Tornare a impegnarsi in politica può aiutare ad avvicinare la gente alle chiese sempre più vuote?
Sono due cose temporalmente diverse. Prima di tutto viene l’annuncio del Vangelo. Un annuncio che, come ha scritto papa Francesco, deve riuscire ad esprimere con gioia “l’amore salvifico di Dio” senza imporre fardelli pesanti sulle spalle delle persone e senza ridurre la predicazione ad una dottrina filosofica. L’impegno politico è frutto, invece, di una fede matura. E soprattutto non è per tutti, ma spetta a quei laici che sono adeguatamene formati e sentono la politica come grande missione civile.
Chi sono i vostri interlocutori al governo?
Tutti coloro che vogliono parlare con noi: abbiamo sempre la porta aperta. Non abbiamo alcun problema a dialogare con il governo, com’è accaduto, per esempio, per la nave Diciotti.
Ha mai incontrato Conte, Di Maio, Salvini o ha mai parlato con loro?
Il premier Conte e il ministro Salvini li ho conosciuti. E devo dire che sono stati incontri cordiali e piacevoli. Ricordo che con il presidente del Consiglio parlammo persino di San Pio da Pietralcina e con il ministro dell’Interno dei suoi figli. Non ho ancora avuto il piacere di incontrare il ministro Di Maio, solo per una questione di impegni.
Esiste oggi un partito in sintonia con le idee cattoliche?
Esistono diverse sensibilità politiche, in comunione con il magistero sociale della Chiesa, che sono presenti in alcuni partiti. Il rischio, però, rimane l’unità del messaggio evangelico, che ne esce compromessa ogni volta che si pretende non solo di privilegiare, ma anche di contrapporre alcuni valori ad altri. Anche in politica, inoltre, serve una testimonianza autentica e una forte resistenza alla mondanità. A tutti quanti vorrei sommessamente ricordare che la Chiesa non si compra per 30 denari.