domenica 16 dicembre 2018

Il Fatto 16.12.18
“Quale MeToo? Le donne restano condannate a ‘casa, letto e chiesa’”
In scena - Valentina Lodovini interpreta la pièce di Rame e Fo del ’77: “Un manifesto sulla condizione femminile purtroppo ancora attuale”
di Camilla Tagliabue

Tutto cambia, niente cambia: la donna – ahilei, ahinoi – è ancora Tutta casa, letto e chiesa, come l’aveva sardonicamente immortalata Franca Rame nell’omonima pièce. “Purtroppo la situazione è più o meno invariata. Non trovo niente di anacronistico nel testo”, racconta Valentina Lodovini, in questi mesi protagonista dello spettacolo diretto da Sandro Mabellini e in tour fino a febbraio (stasera ultima recita alla Sala Umberto di Roma).
“Le donne che porto in scena esistono tuttora. Ovvio che qualcosa è accaduto, ma riguarda una minoranza; per il resto c’è quasi un’involuzione. Ciò detto, è un momento complicato ma fertile. Voglio vederlo con occhi positivi”.
Tutta casa, letto e chiesa è una raccolta di monologhi sulla condizione femminile e la schiavitù sessuale in primis: debuttò nel 1977 a Milano, alla Palazzina Liberty, solidarizzando con le lotte del movimento femminista; dopodiché fu replicato oltre tremila volte in più di 30 Paesi del mondo.
Il canovaccio – il primo scritto a quattro mani da Rame insieme col marito Dario Fo – è in verità un’antologia di monologhi, quasi una decina per altrettanti, eccentrici personaggi in gonnella: come molti lavori della compagnia, è stato riadattato e arricchito negli anni, fino al 1985, mentre ora Mabellini ha scelto di portare in scena solo quattro voci. In breve, per non spoilerare: “Una donna sola ha per protagonista una casalinga; Abbiamo tutte la stessa storia parla di una signora che, allora come oggi, viene considerata ‘contro natura’; Il risveglio racconta di un’operaia, una lavoratrice che è anche madre e moglie; Alice nel paese senza meraviglie è il racconto di formazione di una ragazza manipolata”.
Possibile che la condizione femminile sia la stessa di 40 anni fa? “Quando c’è lo sguardo di due artisti così importanti – uno sguardo intelligente, ironico, sofferente e puro – non escono solo i personaggi, ma soprattutto il contesto culturale di un’epoca. Queste opere sono testimonianze: non invecchiano mai perché rispecchiano la condizione umana”. Quello di Fo e Rame sembra quasi un proto-manifesto del #MeToo… “Sicuramente è un testo manifesto: la commedia è una delle forme narrative più crudeli e feroci nei confronti della realtà, di cui si prende gioco; il fondo, però, resta amaro. Quanto ai movimenti contemporanei, denunciare è importantissimo perché l’omertà è l’arma più preziosa che hanno le persone scorrette e viscide. Se gliela togliamo il sistema si sgretola”.
Il tema è ancora caldo e il pubblico apprezza: “Lo spettacolo è diverso ogni sera proprio perché gli spettatori sono protagonisti. Ci si può vedere tutto in questo testo: un inno alla vita o alla lotta o alla rassegnazione. Il dibattito è sempre acceso, e da attrice per me è magnifico: non essendoci mai la stessa reazione alle battute, non mi posso adagiare, devo essere sempre viva, vigile, non posso permettermi di gigioneggiare. Tuttavia, sarebbe scorretto dire che tutte le donne reagiscono in un modo e tutti gli uomini in un altro: la reazione è molto individuale. Non ci sono i buoni e i cattivi”.
Finalmente sdoganati e sottratti all’etichetta di artisti politici, se non politicizzati, “è bello scoprire che Dario Fo e Franca Rame sono di tutti: il nostro Paese, da Nord a Sud, va fiero e orgoglioso di loro. A Milano, ad esempio, avevo qualche timore: chissà se avranno pregiudizi, o gelosia, nei confronti di due artisti simbolo della città. Non è stato così: ovunque vado, trovo solo amore per loro”.
Eppure il testo è politico, scritto in anni di grande movimentismo, attivismo e finanche violenza: “È politico perché va all’essenza della vita. Io credo che si possa essere apartitici ma non apolitici”.
E lei? Si considera femminista? “Dipende cosa intende: come donna sono privilegiata, sono sempre stata rispettata. Ho ricevuto un’educazione che tra i valori principali ha la libertà di espressione. Mi ritengo fortunata, indipendente, priva di pregiudizi, generosa. Non mi sono mai dovuta difendere; perciò, di fronte all’ingiustizia e alla mancanza di parità, reagisco. Anche in maniera forte”.