Il Fatto 12.12.18
Tweet, Hezbollah e altre gaffe: Salvini non ne azzecca una
di Fabio Scuto
Il
ministro dell’Interno Matteo Salvini ha definito “intense” le sue 24
ore di visita in Israele. Piene di incontri, spostamenti, strette di
mano. In attesa dell’incontro con il premier Benjamin Netanyahu di oggi e
della visita allo Yad Vashem, il vicepremier italiano ha speso buona
parte della sua giornata in un giro nel nord di Israele, dove è arrivato
con un elicottero dell’Idf che l’ha trasferito direttamente
dall’aeroporto Ben Gurion alle pendici delle colline dove corre la linea
del cessate-il-fuoco con il Libano, uno dei confini più incandescenti
del Medioriente.
L’ansia di mostrare che il vicepremier non è uno
che perde tempo gli fatto fare due gaffe nell’arco di pochi minuti. Le
foto che ha immediatamente twittato ritraevano “persone della sicurezza
israeliana” che lo accompagnavano il cui volto non può essere mostrato, e
la gran parte delle immagini è stata rapidamente rimossa. Poco dopo ha
rilasciato una fiammeggiante dichiarazione su Hezbollah che ha definito
“terroristi islamici”, dimenticando – come ha invece ricordato la Difesa
– che il movimento islamico è il padrone del Libano, dove alcune
migliaia di soldati italiani partecipano alla missione Unifil, appena
dall’altra parte di quel confine, e difendono con orgoglio il loro ruolo
super partes.
La mossa israeliana fa parte dello sforzo delle
autorità israeliane per sensibilizzare sulla minaccia rappresentata dai
tunnel Hezbollah scavati tra il sud del Libano e il nord di Israele. La
settimana scorsa, Netanyahu ha informato un gruppo di diplomatici
stranieri, incluso l’ambasciatore italiano, proprio sull’operazione
dell’esercito israeliano per distruggere quei tunnel.
Apparentemente
consapevole della sfida che deve affrontare la sua visita, la squadra
di Salvini ha ingaggiato il presidente dell’Unione delle comunità
ebraiche, Noemi Di Segni, per unirsi a lui durante il viaggio in
Israele. La mossa, che alcuni vedono come un tentativo di dare
legittimità a Salvini, probabilmente farà infuriare alcuni membri della
comunità ebraica che si oppone alla visita. La Lega di Salvini è
fermamente filo-israeliana e, sfidando la pratica dell’Ue se non la
politica ufficiale, la sua visita non include un incontro con un
rappresentante palestinese. Glissa la domanda in serata durante un
incontro con i giornalisti. “Ho scritto personalmente al presidente
dell’Anp Abu Mazen, e conto presto su un’altra occasione per sentire
anche la parte palestinese”. Definisce “squalificata” l’Unione europea –
troppo filo araba – ma spera che israeliani e palestinesi si vengano
incontro”, così come ha annunciato che “rifletterà” sulla possibilità di
spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme come hanno fatto gli
Stati Uniti. “Per ora”, ha aggiunto sorridendo, “non è nel programma di
governo”.
La realpolitik è fatta anche di strappi. Uno lo ha
compiuto il presidente Reuven Rivlin che ha ricevuto una richiesta per
un incontro ma non ha voluto incontrare Salvini. Stando al suo portavoce
è dovuto a “problemi di programma”, non al “protocollo”. Ma Rivlin ha
recentemente preso una posizione forte contro i partiti “fascisti” in
Europa, indipendentemente dalla loro posizione su Israele.
La
visita di Salvini arriva sulla scia di numerosi incontri che Netanyahu
ha tenuto con leader che sono associati per le loro posizioni
all’estrema destra in tutto il mondo. Recentemente, il presidente
cecoMilos Zeman ha visitato Israele e ha promesso di trasferire
l’ambasciata del suo paese in Israele a Gerusalemme. Ma il suo governo è
contrario e lui non ha autorità per decidere. In settembre era venuto
in Israele il presidente filippino Rodrigo Duterte. A luglio c’era
l’ungherese Viktor Orban. Un mese prima un altro sovranista, il
cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Netanyahu ha poi recentemente
dichiarato che parteciperà alla cerimonia del giuramento del presidente
brasiliano eletto Jair Bolsonaro, certo non un campione di libertà e
democrazia. “Gerusalemme è diventata una fabbrica per rilasciare
certificati di perdono ai nazionalisti di tutto il mondo”, ha scritto
Haaretz nel suo editoriale, “che in cambio del sostegno al governo
Netanyahu ricevono indulgenza per le loro espressioni scandalose su ogni
altra questione”.