Il Fatto 12.12.18
L’umana saggezza del “pio” Einstein
di Massimo Fini
Christie’s
ha venduto all’asta a New York per 2 milioni e 892.500 dollari una
lettera che Albert Einstein scrisse a Eric Gutkind nel 1954, a 74 anni,
mezzo secolo dopo aver preso il Nobel per la Fisica. Ma più fortunati
del ricco Epulone che l’ha acquistata siamo noi che possiamo leggere
gratuitamente questa straordinaria lettera di questo straordinario
scienziato e di quest’uomo straordinario i cui pensieri continuano ad
abitarci, come quelli di tutti i grandi, da Eraclito a Leonardo a Dante a
Shakespeare a Milton a Nietzsche a Leopardi, anche se i loro corpi
“dormono, dormono” sulla collina o altrove, e le loro menti non hanno
più coscienza di sé e tantomeno di ciò che hanno suscitato.
La
lettera di Einstein ruota intorno alla questione eterna dei rapporti fra
scienza, religione, spiritualità e il mito di Dio. Einstein, da
scienziato, è un “non credente”: “Sono un religioso, non un credente…
Per me la parola ‘Dio’ non è altro che l’espressione e il risultato
della debolezza umana”. E liquida la Bibbia (“un libro raccapricciante
che suscita orrore” secondo l’interpretazione del laico Sergio Quinzio),
il Vangelo e tutte le altre cosmogonie come raccolte di “Leggende
venerabili ma piuttosto primitive. Non c’è un’interpretazione, per
quanto sottile possa essere (e qui si riferisce precipuamente alla
Bibbia, ndr) che mi faccia cambiare idea… Per me la religione ebraica
nella sua versione originale è, come tutte le altre religioni,
un’incarnazione di superstizioni primitive”. Insomma sono miti
fondativi, ma senza nessun riscontro storico e tantomeno scientifico.
Ma
Einstein non è un “non credente” integralista, “freddo” alla Rita
Levi-Montalcini, se in questa stessa lettera riprende un passaggio di
Spinoza che concepiva la figura di Dio come un essere senza forma,
impersonale: l’artefice dell’ordine e della bellezza visibili
nell’universo. In Einstein sembra quindi esserci comunque e nonostante
tutto una tensione verso il trascendente e in questo credo consista la
sua “spiritualità”. La presenza/assenza di Dio lo turba se nella famosa
polemica col collega danese Niels Bohr, che aveva descritto per primo la
struttura dell’atomo, gli replica: “Dio non gioca a dadi con
l’universo”.
Einstein è ebreo e si riconosce nella cultura ebraica
sia pur senza integralismi (“con piacere”) e scrive: “E la comunità
ebraica, di cui faccio parte con piacere e alla cui mentalità sono
profondamente ancorato, per me non ha alcun tipo di dignità differente
dalle altre comunità. Sulla base della mia esperienza posso dire che gli
ebrei non sono meglio degli altri gruppi umani, anche se la mancanza di
potere evita loro di commettere le azioni peggiori”. E qui Einstein
centra una questione molto attuale, che non ha a che vedere con la
scienza ma con l’essenza dell’umano, e che risponde a quella legge
storica per cui i vinti di ieri una volta diventati vincitori non si
comportano molto diversamente dai loro antichi sopraffattori. Altrimenti
sarebbe incomprensibile come lo Stato di Israele tenga a Gaza un enorme
lager a cielo aperto, quando proprio dei lager gli ebrei sono stati
vittime nei modi atroci che ci vengono sempre ricordati.
La
lettera venduta l’altro giorno da Christie’s ci riporta anche alla
famosa polemica fra Niels Bohr e lo stesso Einstein. In estrema sintesi:
Bohr sostiene il “principio di indeterminazione” e cioè che la Scienza
non può arrivare a scoprire la legge ultima dell’universo, Einstein al
contrario non riuscirà mai a convincersi che non sia possibile, per
l’uomo, arrivare alla Verità assoluta. E qui noi, pur nella
consapevolezza di inserirci da nani in un confronto fra giganti, stiamo
con Bohr che doveva aver ben presente il profondo insegnamento di
Eraclito: “Tu non troverai i confini dell’anima (e qui per anima va
intesa la Verità, ndr) per quanto vada innanzi, tanto profonda è la sua
ragione”. E aggiunge: la legge autenticamente ultima ci sfugge, è
perennemente al di là e man mano che cerchiamo di avvicinarla appare a
una profondità che si fa sempre più lontana.
Infine in un’altra
nota Einstein, nella sua saggezza umana, molto umana e nient’affatto
troppo umana ci dà un consiglio, che con la fisica ha poco a che vedere,
ma che dovrebbe far rizzare le orecchie ai cantori molto attuali,
inesausti e dilaganti delle “sorti meravigliose e progressive”, delle
crescite esponenziali e del mito del successo: “Una vita tranquilla e
umile porta più felicità che l’inseguimento del successo e l’affanno
senza tregue che ne è connesso”.