Il Fatto 10.12.18
Il professor Jean-Paul Fitoussi
“Ho sostenuto Macron, ma è solo un imbecille”
L’economista francese: “Il presidente ha aiutato i ricchi e ha dimenticato poveri e sinistra. Meglio il governo italiano”
di Antonello Caporale
Professor Fitoussi, un aggettivo per definire Emmanuel Macron.
Imbecille.
Jean-Paul
Fitoussi, economista francese di origini tunisine, vive a Parigi ma
frequenta Roma. Dalla sua casa il rumore delle bombe carta, il fumo dei
lacrimogeni, le cariche della polizia paiono inesistenti. L’analisi sui
gilet gialli, la protesta che ha incendiato la Francia e ha azzerato la
reputazione politica del presidente Macron parte proprio da questa
considerazione.
Parigi non conosce la Francia, e chi abita a
Parigi non sapeva che milioni di francesi vivono difficoltà più estreme
di quelle ipotizzabili. Ci si sveglia stupiti di questa rabbia, ma un
politico che non conosce il suo Paese che dirigente è?
Professore, lei è stato un sostenitore di Macron.
Di
più. Mi sono esposto, ho firmato un appello a suo favore. Lo ritenevo
in gamba, capace di dare alla Francia ciò che chiedeva: un nuovo corso,
una nuova classe dirigente.
Invece?
I francesi si sono
accorti della verniciatura, neppure fatta bene, di un muro pieno di
crepe. Stesso potere dietro il paravento di un giovane uomo.
Si è
usata la parola “golpe” per definire il clima francese. Fa rabbrividire
l’idea che la crisi politica possa infragilire quella democrazia così
antica fino a immaginare come plausibile un esito violento.
È una
analisi superficiale e non attuale. La Francia ha spalle solide e il
presidente della Repubblica può dormire sonni tranquilli. Se vuole
resterà fino al compimento dell’ultimo giorno del suo mandato.
Altrimenti si può dimettere se intuisce di non avere sufficiente
caratura e forza politica.
Ritiene plausibili le dimissioni?
Non sono in grado di dirlo. Auspico invece che cambi in fretta la sua politica.
Partiamo dal punto centrale: cosa ha fatto Macron per guadagnare questa protesta così dura, così estrema, anche violenta?
Macron
aveva annunciato che il suo programma era costituito da due parti.
Apriva alla destra, all’elite, alla borghesia imprenditoriale,
garantendo la riduzione delle tasse sul capitale finanziario. E offriva
però alla sinistra, al popolo, un miglioramento delle condizioni
economiche. L’aiuto alla destra c’è stato subito. I ricchi e i ricconi
si sono visti alleggerire le tasse sui capitali, ha lasciato intatte
solo quelle sul patrimonio immobiliare. Ai poveri invece ha servito il
nulla. Già questa, da sola, era una condizione pericolosa.
Troppo lontano dai nuovi poveri.
Troppo
chiuso in città. Parigi è stato il suo orizzonte. Ma la Francia è
grande ed è più povera di quel che a Parigi si pensa. Le fabbriche
chiudono, la povertà si allarga, i servizi diminuiscono. L’aumento della
benzina è stata una vera provocazione contro coloro che nelle campagne
devono utilizzare l’auto anche per spostamenti che in città non sono
immaginabili. Quella provocazione, frutto dell’ignoranza sulle
condizioni del territorio, ha scatenato la protesta. La gente ha
pensato: questo qui toglie le tasse ai ricchi e le mette a noi poveri.
Ma poi il governo ha fatto marcia indietro.
Tardi,
troppo tardi. Tre settimane ha impiegato per capire che il fuoco
sarebbe divampato perché la società dei margini, quella nascosta alla
vista, nel frattempo è divenuta il cuore pulsante della Nazione, la
colonna vertebrale della Francia.
Tutte le banlieue unite.
Le
campagne e le periferie. La classe operaia e quella piccolo borghese.
La condizione disastrata di un ceto sociale, quello proletario, ha
contaminato altri ceti. È salita verso le fasce prima meglio protette:
gli impiegati. L’immiserimento si è allargato e ha coinvolto altri
soggetti, altre categorie. Questo governo non ha visto, al pari dei
precedenti.
Questo presidente era il nuovo.
Infatti io credo
che chi è sceso in piazza si sia sentito pienamente tradito. Altrimenti
perché tutta questa rabbia? Macron era la nostra carta per il futuro:
abbiamo scommesso sul giovane talentuoso. Immaginavamo che cancellasse
la burocrazia politica ingobbita e insaziabile.
È il più classico degli scontri: popolo contro l’elite.
Ma
no! Mica in Italia governa il popolo? L’esecutivo si dichiara
populista, ma è un carattere della sua politica. La differenza tra
Italia e Francia è che gli italiani hanno mandato al governo partiti e
movimenti nuovi, mentre in Francia hanno creduto di mandarli. Da questa
scoperta sono nate le proteste.
In Italia la protesta non è tracimata nelle piazze. Almeno fino a questo momento.
Perché
i partiti di governo fanno quello che avevano promesso. A politiche di
destra, come quelle fiscali, si uniscono leggi più di sinistra. La
riforma delle pensioni, il reddito di cittadinanza.
L’opposizione
ritiene invece il reddito di cittadinanza una misura puramente
assistenziale che non giova alla crescita economica.
La natura
umana rifiuta l’idea dell’assistenza. La gente cerca un lavoro non una
paga gratis, la somministrazione di una elemosina di Stato. Sa che in
Francia, dove i servizi sociali sono più forti e capillari, molti che
avrebbero diritto rifiutano di ritirare l’assegno?
Da noi si pensa il contrario. Molti rinunceranno a cercare il lavoro, garantiti dall’assegno.
E
si sbaglia di molto. La stragrande maggioranza ritrova la dignità,
l’identità sociale e la libertà solo col lavoro. Negli anni Trenta ci fu
un dibattito sull’opportunità di erogare l’indennità di disoccupazione.
Si riteneva che anche quella fosse una misura puramente
assistenzialistica. I fatti poi ci hanno dimostrato il contrario.
Il suo giudizio sul governo italiano?
Alcune
azioni e decisioni, penso a quelle sull’immigrazione e sui diritti
civili, non mi sono affatto piaciute. Sono immorali. La manovra
finanziaria è invece perfettamente sostenibile. Tutto questo dibattito
mi sembra un fuor d’opera. La crescente povertà deve spingere i governi a
trovare risposte immediate e anche d’emergenza. Se hai fame devi
mangiare. Altrimenti guardate cosa succede qui. Guardate a Macron.
Lei ha firmato per lui all’Eliseo.
E ho sbagliato. E come me tanti francesi. Hanno capito in ritardo che non era l’uomo nuovo.
È finita la sua stella?
Bah, cosa vuole che le dica. Magari se capisse in fretta…
Dovrebbe mutare totalmente la sua politica.
La sua presidenza non è a rischio. All’Eliseo ci rimarrà, se vorrà.
Se la protesta si allarga?
Penso che tutto rientrerà.
E Macron?
Farà come gli altri politici. Resisterà anche a dispetto dei santi.