Corriere 6.12.18
May va ko. La Brexit è fuori controllo
Governo sotto tre volte, il nodo Irlanda. L’intesa con l’Ue appesa a un filo. Battaglia per sostituire la premier
Londra
«Il giorno in cui la May ha perso il controllo», «La Brexit in bilico»:
i titoli dei giornali britannici di ieri mattina fotografavano il
dramma politico che si svolge in queste ore a Londra. Perché gli ultimi
due giorni sono stati quelli che probabilmente cambieranno lo scenario
per l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue.
Ormai le possibilità
che martedì prossimo i deputati approvino l’accordo raggiunto dal
governo May con Bruxelles sono ridotte al lumicino. L’altro ieri la
maggioranza attorno alla premier si è liquefatta e l’esecutivo è stato
battuto tre volte: andare al recupero sembra impossibile. Tanto più dopo
che il governo è stato costretto a pubblicare il parere legale ricevuto
in merito al futuro dell’Irlanda del Nord: che rimarrà per sempre
legata all’Europa. Non che non lo si fosse già capito, ma vederlo nero
su bianco ha dato ulteriori munizioni ai conservatori euroscettici che
si oppongono al compromesso con Bruxelles.
Tuttavia la mozione più
importante passata dai deputati è quella che dà al Parlamento un ruolo
guida nel delineare il futuro della Brexit. Questo perché si vuole
impedire che, dopo il probabile affossamento del piano May la prossima
settimana, la Gran Bretagna vada incontro a una uscita catastrofica
dalla Ue, senza accordi.
Data ormai per scontata la sconfitta del
governo, si manovra già per il giorno dopo. E l’unica cosa certa è che a
Westminster c’è una maggioranza trasversale che vuole evitare il no
deal: ecco allora che un gruppo di «responsabili» si sta dando da fare
per pilotare la Brexit verso una opzione «norvegese», ossia una uscita
supersoft che lasci Londra nel mercato unico: in questo modo si darebbe
addio formalmente alla Ue, ma si parerebbero i danni economici.
I «responsabili»
A Westminster si sta creando un gruppo trasversale per arrivare all’opzione norvegese
Sembra
un’opzione sensata, ma è vista come il fumo negli occhi dagli
euroscettici puri e duri: che all’indomani della probabile sconfitta
della May sono pronti a far partire le lettere di sfiducia e a innescare
una sfida per la leadership. I candidati si stanno già posizionando:
dall’ex ministro per la Brexit Dominic Raab all’immarcescibile Boris
Johnson all’emergente ministro degli Interni, il «pachistano» Sajid
Javid.
Che la May venga defenestrata o meno, una possibile via per
uscire dall’impasse è andare a elezioni anticipate: e se l’opposizione
laburista si schierasse a favore di un secondo referendum, la
consultazione diverrebbe di fatto un nuovo voto sulla Brexit.
Il
che conduce all’ultima opzione, caldeggiata da un sempre crescente
gruppo di conservatori filo-europei: rimettere la questione nelle mani
del popolo e chiedergli di esprimersi di nuovo sulla Brexit, ora che
sono chiari costi e benefici della scelta. Uno scenario che sembrava
improponibile fino a poco tempo fa, ma che sta man mano guadagnando
consensi: e che potrebbe condurre alla cancellazione della Brexit.
Tuttavia
gli ostacoli pratici e legali che si frappongono a queste possibili vie
di uscita restano enormi. Innanzitutto il fattore tempo: la Gran
Bretagna lascerà la Ue il 29 marzo e a Bruxelles non sembrano propensi a
rinegoziare gli accordi o a concedere dilazioni. Per cui resta forte la
possibilità di un no deal «accidentale», perché non si riesce a
concludere nulla di meglio: e già c’è chi parla di farlo in maniera
«controllata», per attutire i contraccolpi: che comunque ci saranno per
tutti.